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Come vendere una startup per 30 milioni di dollari in 4 mesi: la storia di 3 co-founder

vendere una startup

Vendere una startup è sempre la mossa giusta? Questa è la storia di una startup con una crescita velocissima, acquisita dopo soli 4 mesi.

Il destino li ha riuniti. Dom Hofmann, Rus Yusupov e Colin Kroll si sono incontrati mentre lavoravano per il sito di viaggi Jetsetter (successivamente acquisito da TripAdvisor). Durante il loro periodo in Jetsetter, il trio ha concepito l’idea per un’app che, ne erano sicuri, sarebbe diventata virale. Dalla loro idea è nata Vine, startup fondata nel giugno del 2012. Accelerazione velocissima in soli quattro mesi: ad ottobre i tre co-fondatori hanno accettato un’offerta di acquisizione da 30 milioni di dollari da Twitter.

Non avevano nemmeno ancora lanciato la loro app.

Alla fine del 2015, Vine aveva superato i 200 milioni di utenti attivi mensili. Ma nonostante la sua crescita ed una viralità senza precedenti, l’app è stata ritirata dalla società madre, Twitter, nell’ottobre del 2016.

Cos’è successo?

Vendere una startup: seguiamo la storia dall’inizio

Uno dei co-fondatori, Rus Yusupov, designer, è nato in Unione Sovietica e si è trasferito con la sua famiglia a New York dopo le rivoluzioni del 1989. Le sue capacità artistiche erano evidenti sin dall’infanzia e i suoi genitori lo hanno iscritto a “LaGuardia High School of Music e Art” – una scuola superiore specializzata nell’insegnamento delle arti visive e dello spettacolo.

Successivamente si è laureato presso la School of Visual Arts e, nel 2008, ha fondato Big Human – il suo studio di progettazione e ingegneria – vincendo numerosi premi di design nel corso degli anni seguenti. L’elenco dei clienti di Big Human includeva alcuni nomi importanti come Time.com, Urban Dictionary, Time Warner, Fortune e un piccolo sito di viaggi chiamato Jetsetter.

Fu mentre lavorava al progetto Jetsetter che incontrò Dom Hofmann, un programmatore di 25 anni di New York con grandi ambizioni, e Colin Kroll, CTO della compagnia. Ma il legame tra i tre è stato ben più forte del semplice lavorare insieme su uno stesso progetto.

Potremmo dire che si era instaurata tra di loro una sorta di parentela – nella forma di uno spirito imprenditoriale – che alimentava la loro idea da milioni di dollari.

“Dovremmo costruire questa cosa”

A poco più di 20 anni, pieni di sogni, ambizioni e sconfinata eccitazione per ciò che li aspettava in futuro, i tre hanno fatto un brainstorming su ciò che potevano fare – o meglio, su ciò che potevano costruire – per rendere questo futuro ancora più grande.

Nel maggio del 2012, Facebook è diventata la prima società di social media quotata in borsa. Da quel momento è iniziata l’ascesa dei social. Allo stesso tempo, il video stava appena iniziando ad esplodere come fenomeno sociale. Ed è stato in quel momento che i tre si sono accorti di una lacuna nel mercato: non esisteva un modo semplice di girare, modificare e condividere video. Così ne hanno creato uno.

Questa è, in realtà, una grande lezione per gli imprenditori di oggi: un modello per il successo imprenditoriale è analizzare un nuovo mercato “caldo”, trovare un gap e creare qualcosa per colmarlo.

In un’intervista del 2013 con il magazine Wired, Dom Hofmann ha raccontato:

Volevamo creare un tool per tagliare facilmente le scene di un video. Aveva ancora molti bug, ma l’abbiamo fatto provare agli amici, e a loro è piaciuto.

Tuttavia, si sono imbattuti in un problema: i loro amici condividevano i video tramite messaggi e questo sollevò una criticità sulla prima versione della loro app, non poneva un limite di tempo sui video, quindi i file finivano per essere di dimensioni eccessive per la larghezza di banda dei telefoni.

Ci sono voluti diversi test prima di trovare la soluzione, come ha condiviso Hofmann:

Abbiamo provato cinque secondi, poi dieci e alcune lunghezze nel mezzo.

Nella stessa intervista, Rus Yusupov ha condiviso il punto di vista del designer:

Pensiamo che le cose vintage siano belle, ma Vine è una cosa nuova e vogliamo che appaia nuova. Ecco perché non abbiamo pulsanti di riproduzione/pausa, o linee temporali, luci rosse lampeggianti o qualsiasi altra cosa che imiti una vecchia videocamera polverosa.

Vogliamo essenzialmente che l’interfaccia scompaia per farti sentire come se stessi manipolando direttamente immagini e video.

Questa interfaccia è diventata una caratteristica distintiva dell’app: tieni premuto lo schermo per registrare e lascia andare per interrompere la registrazione; premi di nuovo per continuare la registrazione. È stata questa nuova esperienza utente a renderla così intuitiva e divertente da utilizzare.

Dopo aver fondato la società a luglio, i tre co-fondatori di Vine avevano iniziato a realizzare l’app che – credevano – avrebbe portato loro fama e ricchezza. Ad ottobre, non era ancora disponibile nell’app store, ma la voce si era diffusa. E Twitter, che aveva già acquisito altre sette società quell’anno, sembrava interessata.


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“Un paio di milioni non sarebbero male”

A questo punto, i tre avevano sviluppato solo una versione beta e limitata dell’app – principalmente per gli amici – non ancora adatta al grande pubblico.

Quindi furono avvicinati da un uomo in abito scuro e costoso, fatto con un materiale che luccicava come la seta. Portava una valigetta piena di soldi. (Va bene, potrebbe non essere andata così, ma ci piace immaginarlo.)

Tuttavia, Twitter, vedendo il potenziale dell’app, ha offerto al trio 30 milioni di dollari per Vine. A questo punto, c’era da prendere una decisione importante.

Proviamo a guardarla dal loro punto di vista

Immagina questo: hai passato diversi anni a fare brainstorming, costruire MVP e cercare di dare vita alle tue “grandi idee”. Un’idea alla fine viene fuori e tu inizi a realizzarla. La condividi con i tuoi amici: la adorano.

La modifichi per renderla migliore. Hai co-fondato una società con due dei tuoi amici che hanno lavorato al tuo fianco per fare brainstorming, costruire ed eseguire ogni parte di questa idea. Sei emozionato. Sai che c’è tanto potenziale. Questa potrebbe essere la tua idea da miliardi di dollari. La voce si diffonde ed un uomo ti si avvicina…

Ci piace quello che hai fatto“, dice. “E noi vogliamo partecipare. In realtà, vogliamo tutto quello che hai fatto.” Apre una valigetta e continua: “Siamo pronti a pagare 30 milioni di dollari in cambio della tua azienda, acquisendo i diritti esclusivi sull’app che stai costruendo, così come la tua assunzione in Twitter, all’interno della business unit dedicata a questa app”.

Ti rivolgi ai tuoi due amici. Nessuno ha origini facoltose. Questa è la tua occasione, ma… Questa potrebbe essere la tua idea da miliardi di dollari.

Continui a costruirla da solo e speri in un’offerta più grande? O ti fermi alla prima exit?

Gli stessi pensieri scorrono nelle menti dei tuoi co-fondatori. “Un paio di milioni non sarebbero poi così male“, dici a te stesso.

Dopo aver deliberato tra di voi, firmate i documenti, vendendo i diritti esclusivi su tutto ciò che riguarda il vostro lavoro in azienda. Il tuo conto bancario è pieno e la società, dopo appena quattro mesi, non è più tua.

Guarda, mamma, ce l’ho fatta!

I tre sono diventati milionari nell’ottobre 2012, quando è stata completata l’acquisizione. Tre mesi dopo, nel gennaio 2013, Vine è arrivata sull’app store ed è cresciuta ad un ritmo sorprendente, quasi incredibile.

L’app, al suo apice, è cresciuta fino a 200 milioni di utenti attivi mensili (MAU – Monthly Active Users, la metrica più utilizzata per misurare la trazione e il coinvolgimento di una piattaforma social). E solo pochi anni dopo, Twitter depriorizzò Vine, allocando risorse sul proprio core business.

Alla fine, Twitter ha deciso che Vine non valeva più lo sforzo, quindi l’ha chiusa.

I 3 co-founder hanno fatto la cosa giusta nel vendere la propria startup?

Ognuno con i propri tempi, i tre co-fondatori hanno lasciato Twitter durante gli anni post-acquisizione, mentre l’azienda faticava a definire la propria identità sul mercato, finendo per deprioritizzare e poi chiudere Vine.

Oggi abbiamo la visione d’insieme e possiamo fare alcune considerazioni. Con il senno di poi, è facile guardare indietro e dire che non hanno fatto la cosa giusta – che non avrebbero dovuto vendere la società, che avrebbero dovuto continuare a costruirla da soli, che avrebbero dovuto avviarla e raccogliere i benefici del suo successo virale. Ma questo è oggi, con il senno di poi. Una prospettiva che, all’epoca, i tre fondatori non avevano.

Quello che avevano era un’app nemmeno lanciata ufficialmente. Non era la terza o quarta exit. Non avevano milioni di dollari in un conto bancario, nel caso in cui questa cosa non avesse funzionato. Vine era tutto ciò che avevano.

Sì, potrebbero in seguito essersi pentiti della loro decisione, ma date le informazioni che avevano in quel momento, credo che abbiano preso la decisione più intelligente: vendere l’azienda per 30 milioni di dollari solo quattro mesi dopo averla fondata ufficialmente.

In quanto investitori e imprenditori intelligenti, hanno eliminato il loro rischio di perdita, ottenendo guadagni enormi in un breve periodo di tempo.

Certo, avrebbero potuto esserci più vantaggi dal continuare il bootstrap evitando la vendita. Ma non c’era garanzia. Avrebbe potuto – altrettanto facilmente – andare a zero, tornando al punto di partenza. Non vendere sarebbe stato un rischio enorme. Sarebbe stata una grande scommessa su un futuro incerto.

Invece, hanno venduto in anticipo. E così facendo, si sono assicurati un pagamento multimilionario.

Considerazioni finali 

Anche se Vine è stata ritirata da Twitter, uno dei co-creatori della società, Dom Hofmann, ha recentemente lanciato una nuova app – soprannominata dai più “V2” – chiamata Byte.

Avrà lo stesso successo di Vine? È improbabile. Sta entrando in un contesto competitivo che è già dominato da altri come TikTok, Snapchat e Instagram.

Il tempo per Vine potrebbe essere finito, ma c’è sicuramente un’opportunità sul mercato per i social media basati sui video, in particolare per uno il cui ethos è incentrato sulla creatività, sulla collaborazione e sul garantire una fee ai creators. Ed è esattamente ciò che Hofmann spera di realizzare con Byte. Forse è proprio quello di cui abbiamo bisogno in un’app di condivisione video. Solo il tempo lo dirà.

Pensi che Hofmann si accontenterà di una vendita anticipata questa volta? Ne dubito.

Credits: Joshua VanDeBrake

Link: medium.com

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