Quanto vale la gentilezza al lavoro?
Gentilezza al lavoro, una soft skill che può essere allenata. Come possiamo creare una cultura della gentilezza nelle organizzazioni?
Lo scrittore Kahlil Gibran ha detto: “Il più piccolo atto di gentilezza vale più della più grande delle intenzioni”. Il tema della gentilezza al lavoro è stato oggetto di un interessantissimo webinar condotto da Diana Nesyn ( Founder e consulente – “Al Lavoro felici!”) e Francesca Larocca (Business Analyst, Happiness Ambassador e Chief Happiness Officer – HP) .
Il confronto è partito analizzando una ricerca condotta da Infojobs che ha intervistato più di duemila italiani chiedendo loro cosa stesse a significare la gentilezza sul luogo di lavoro:
- il 65% degli intervistati ha risposto che è un punto di forza;
- il 20% ha dichiarato che è un elemento imprescindibile;
- il 6% ha confermato che essere gentili a lavoro è un’attitudine illusoria;
- l’1,5 ne fa un fattore di debolezza.
Un’altra indagine ancor più importante ha mostrato invece che il 41% degli intervistati ha un capo gentile. Facendo qualche calcolo più di metà delle persone che ricoprono ruoli dirigenziali in azienda, non ne fa della gentilezza una conditio sine qua non.
“È necessario che le aziende si rendano conto di avere al loro interno dei bad managers e che facciano un lavoro di formazione interna affinché il management possa acquisire nel tempo delle competenze un po’ più umane.” – afferma Larocca.
Quei capi d’azienda non degni di essere definiti tali, cosiddetti bad managers sono quei responsabili che tra le tante caratteristiche poco piacevoli, peccano di empatia, rispetto verso l’altro e gentilezza.
Al contrario, se dovessimo invece parlare di un modello sano di leadership uno dei principali capisaldi di riferimento è l’ascolto delle persone come allo stesso modo lo spirito di squadra, l’essere un punto di riferimento e infondere fiducia.
Il webinar ha visto il coinvolgimento di due ospiti a supporto delle due conduttrici, Giada Susca (Senior HR Innovazione e Sviluppo – ELIS) e Gianluca Gaias (Chief Security Officer – YOOX).
Che cos’è la gentilezza?
“La gentilezza per me è una capacità sicuramente che può essere allenata. La prima domanda che mi farei pensando alla gentilezza è, cosa voglio veramente? Essere gentili è una moda? È una competenza o un’attitudine che fa parte del mio modo di essere? La gentilezza deve necessariamente corrispondere con ciò che siamo nella vita. Dobbiamo essere autentici, non è necessario essere o attivare delle forzature, perché se la gentilezza diventa un pilastro dell’esistenza, è facile anche che poi si diffonda senza nessun tipo di gerarchia o esclusione di nessuno. È contagiosa ma richiede davvero tanto impegno”- afferma Susca di ELIS.
Il Responsabile Security di YOOX prosegue il dibattito con una provocazione, definendo la gentilezza uno strumento sociale.
“Per esperienza personale dico che la gentilezza fa parte di un percorso di crescita che non comprende però la prima parte dello sviluppo. Quel qualcosa che non puoi metterti come un abito, ma che alla fine deve nascere da dentro. Senza un equilibrio con le persone, l’atteggiamento gentile si confonde con l’educazione che però non è sinonimo di gentilezza. Più che allenarci alla gentilezza, sarebbe meglio sperimentarla e viverla”– conclude Gaias.
Possiamo allenarci alla gentilezza?
“È una pratica che presuppone costantemente il domandarci quanto lo vogliamo davvero. Non puoi metterti la gentilezza come abito perché qualcuno te lo impone, ma nasce da un percorso che tu fai da dentro.
Occasioni per essere gentili ce ne sono tante, siamo iper stimolati e sollecitati a utilizzare nuovi strumenti, a vivere nuovi contesti; ci sono delle cose a riguardo della gentilezza che sicuramente possiamo portarci dal passato (nel periodo di pre-pandemia) e dal contesto lavorativo di oggi, dal momento in cui ci manca la fisicità e non siamo nemmeno tanto abituati a leggere i segnali non facilmente riconoscibili. Quindi dovremmo allenarci quotidianamente, iniziando con dei piccoli passi. Basta decidere di cominciare se è ciò che vogliamo davvero.”– spiega Giada Susca.
Da un’altra indagine di Infojobs sulla gentilezza al lavoro condotta su un campione di 1.350 persone è emerso che dovrebbe essere inserita nel curriculum, tra le varie soft skills, parere che ha trovato favorevoli il 78% degli intervistati.
Quanto fa curriculum la gentilezza al lavoro?
A rispondere nuovamente Susca che spiega:
“Quando si parla di soft skills dobbiamo precisare che intendiamo tutte quelle capacità inerenti alla sfera interpersonale (attitudini, cultura, esperienze) e oggi nel mondo del lavoro sono fortemente richieste. Sui curricula è fondamentale specificare in quali contesti sono stati acquisite queste capacità soft.
Oltre che soffermarsi sulla competenza acquisita e certificata in sé per sé, occorre anche estendere la riflessione alle nostre esperienze di vita dove ci siamo sperimentati in modo tale che non restino soltanto dei dichiarati.
Non bisogna mai perdere l’occasione per essere gentili perché migliora la qualità della vita. A questo proposito ritengo fondamentale che si assumano persone felici perché diventa un obiettivo non solo personale ma anche per le organizzazioni che si trovano ad avere delle persone con degli atteggiamenti positivi e non oppositivi che sono entusiasti e che fanno un gran bene al team. La gentilezza anche in questi ultimi mesi difficili non ha perso il suo valore ed è rimasta una competenza chiave, soprattutto a distanza.”
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Come possiamo creare una cultura della gentilezza sul posto di lavoro?
A rispondere a questa domanda è stato invece Gaias di YOOX.
“Il fatto di avere quelle statistiche di quei manager che non credono alla gentilezza, sostengo che quest’ultima è invece il cemento che unisce i membri all’interno di un ecosistema aziendale. Se le persone si rapportano tra di loro in una maniera tossica, ne risentiranno anche la loro produttività e il loro benessere. Tutta l’azienda in termini di cultura organizzativa deve possedere un ruolo attivo che deve essere formale e informale. Il tutto deve partire dai manager che dovranno mettere anche degli strumenti per monitorarne l’effettiva resa all’interno dell’organizzazione.”
Esiste un limite tra gentilezza e la troppa bontà?
“A mio avviso non dobbiamo scambiare la gentilezza per debolezza” – chiarisce Susca. “Al contrario, è una forma di forza perché essere gentili richiede una grande capacità di dire la verità e deve collimare anche con quelli che sono i nostri valori. Gentilezza mi piace associarla alla parola determinazione, coraggio, da non essere confusa con una forma di sentimentalismo. Spesso però, siamo anche portati a pensare che la gentilezza sia qualcosa che si usa per manipolare le persone sottoforma di do ut des o ad indentificarla con la cortesia o le buone maniere. La gentilezza quella vera è un qualcosa di molto più genuino, che deve essere manifestato senza alcuna aspettativa di ritorno.
“Debolezza e gentilezza sono due concetti molto distanti e non mostrare le proprie debolezze è indice di poca sincerità perché non siamo super eroi. In un rapporto tra persone in quanto relazione c’è uno scambio e una conoscenza reciproca che se manca nel contesto aziendale, porta ad una dannosa competitività.” – afferma invece Gaias.
Quando le persone vanno via da un’organizzazione, lasciano i manager non l’azienda perché i primi responsabili di questo fenomeno sono proprio i bad managers. Quali sono le soluzioni no-stress per ovviare a questo fenomeno e quali persone chiave andrebbero coinvolte nell’organizzazione?
“Per rispondere a questa domanda cito un passo de “La Pratica”, l’ultimo libro di Seth Godin: il capo più importante a cui ognuno di noi risponde, siamo noi stessi. Sicuramente la leadership gentile può fare la differenza nelle organizzazioni perché contribuisce a creare un clima di lavoro più sereno, permettendo alle persone anche di lavorare meglio. Purtroppo, – continua Susca – il modello sociale prevalente si ostina a premiare il migliore e questo modello contribuisce ad essere la causa di un significativo fattore di stress che quando elevato sfocia in ulteriori fattori negativi.
In tema soluzioni, quello che per me è fondamentale è il dialogo non avendo paura di affrontare le situazioni. È qualcosa che permette di confrontare e chiarirsi. Un’altra cosa da fare poi è valorizzare la diversità, cosa che io faccio nel mio lavoro e all’interno del mio team perché possono aiutarti a crescere.
Esempi di leader gentili, i leader straordinari
A concludere il confronto è il Security Manager di YOOX.
“Il tema della leadership viene spesso frainteso perché la concezione di leader si limita ad essere circoscritta al job title. In realtà ognuno di noi può essere leader quando è colui che dà il buon esempio e che fa la differenza. Per me un leader è chi ha competenza della situazione ed è in grado con la sua proattività di influenzare gli altri.”
La gentilezza, quindi non è una questione di galateo, quanto piuttosto una sfumatura che dice molto sulla nostra personalità e sul nostro modo che abbiamo di relazionarci con gli altri. Non dobbiamo fare della gentilezza un biglietto da visita, quanto piuttosto imparare a coltivarla con dei semplici gesti quotidiani.
Quanto vale la gentilezza al lavoro?