Corporate Innovation

Il lavoro non è più quello di prima. Non correte, va ridisegnato tutto!

ridisegnare il lavoro

Come ridisegnare l’uomo ed il lavoro in questo cambio di paradigma, abbattendo la finta normalità e facendo coabitare velocità e lentezza.

Torna un nuovo appuntamento insieme a Gaia Corazza, un dialogo in cui portiamo all’attenzione il come ridisegnare l’uomo ed il lavoro in questo cambiamento di paradigma, abbattendo la finta normalità e facendo coabitare velocità e lentezza.
Cara Gaia, l’altro giorno ho letto un pezzo di un articolo che mi ha davvero colpita molto, “Tornate, sbrigatevi. Ma per andare dove?” (Internazionale, 21 Settembre 2020).
Condivido un estratto su cui vorrei la tua opinione: “Non potete tornare a una vita normale, perché quella che in passato chiamavate “vita normale” non può esistere durante un cambiamento di paradigma, perché anche se le cose sembrano sempre le stesse, non lo sono più. Anche le parole che paiono pronunciate nello stesso modo hanno cambiato senso. Il problema è che nessuno sa quale sarà il nuovo significato. Lo deciderà un algoritmo? Sarà annunciato su Instagram? O sarà oggetto di un decreto? Tornerete con le vostre valigie piene di parole e cose, per poi rendervi conto che non avete le definizioni giuste.
No. La verità è che non vale la pena affrettarsi. Tanto non si può tornare indietro.”

Indice
Come possono coabitare velocità e lentezza?

Come possono coabitare velocità e lentezza?

Q. Un cambiamento di paradigma che, nelle organizzazioni, proviamo a gestire come se la situazione fosse la stessa. Che ne pensi, è così? 

Gaia Corazza

Gaia Corazza, Managing Director of Generativa srl SB – Executive Individual-Team Coach and Mentor (MCC) – Leadership Developer


A. L’essere umano tende a ragionare come se il futuro fosse uguale al passato per rassicurarsi, per sedare la paura, ma quando è immerso in un cambio di paradigma questo approccio non basta più.
Un’altra reazione automatica è quella di aspettare, stare immobili, sperando che passi la tempesta; oppure ancora quella di agire in modo impulsivo, per calmare l’ansia. Nulla di tutto ciò funziona.
Credo che mai come oggi un adagio romano che recita “festina lente” sia di struggente attualità. Questa locuzione latina attribuita all’Imperatore Augusto dallo storico latino Svetonio, significa letteralmente “Affrettati lentamente”, ed è evidente che ci troviamo di fronte un ossimoro, due concetti antitetici che stanno insieme.
Come possono coabitare velocità e lentezza?Festina lente” ci ricorda invece in un apparente contraddizione come sia fondamentale agire con cautela, ma senza indugi, senza rimandare; una locuzione che coniuga il valore del pensiero critico, del buon senso e contemporaneamente della tempestività.

Q. Girano tanti post (tutti uguali) su quanti giorni sia giusto fare lo Smart Working. Ragionamenti che a mio avviso non portano da nessuna parte. Va ripensata l’Organizzazione nella sua interezza: spazi diversi; nuovi lavori, servizi e processi da costruire; perdite da risanare; reinvestimenti di soldi effettivamente risparmiati (es. mense, luce e altro che le imprese non pagano più).

C’è un’intera economia da immaginare. Ristoranti e attività intorno agli uffici, trasporti, professioni a rischio. Non è più il tempo della superficialità. Sono chiari da anni i vantaggi dello Smart Working, ma quello che viviamo ora è uno scenario che va oltre e che nella grande velocizzazione dell’introduzione, ne ha stravolto il valore rendendo ora necessari tanti interventi e tutti insieme. Cosa serve per te?

A. Serve allenare sempre più le soft skills che ora stanno diventando davvero hard. I cambiamenti organizzativi senza un’adeguata preparazione culturale, un vero e proprio “mindset change“, non funzionano.
Oggi serve diventare sempre più capaci di gestire le proprie emozioni e di saper leggere quelle degli altri, cioè sviluppare quella che chiamiamo “Intelligenza emotiva“. Occorre diventare sempre più inclusivi, creativi per trovare soluzioni a problemi complessi, collaborativi per mettere insieme risorse differenti e sostituire la logica sottrattiva con una logica additiva. Occorre potenziare tutto l’umanesimo ancora inespresso che c’è in noi.
La tecnica senza l’umano diventa pericolosa, la logica senza cuore una rovina. Credo che sia arrivato il tempo di parlare anche di intelligenza spirituale: un approccio etico e responsabile nei confronti della vita che può catalizzare importanti trasformazioni.

Q. Tra i ripensamenti urgenti, uno che io sento molto caldo è la gestione della giornata in questo grande effetto “Grande Fratello”. Credo che poco si abbia consapevolezza delle conseguenze che comportano le così tante attività live digital. Tra formazione, riunioni ed eventi, ad esempio, diventa fondamentale pensare momenti di concentrazione prima e di decompressione dopo, ma difficilmente ce li concediamo, quasi dovessimo scontare una pena.

La mia giornata tipo, ad esempio, fortemente di stampo relazionale, è incompatibile oggi nei tipici spazi di ufficio dove dovrei faticare a trovare un luogo nel più completo silenzio e a grande copertura di rete. Penso allora alle nuove sfide quotidiane per trovare il posto migliore, quando il tutto si dovrebbe gestire con disegni del lavoro rivoluzionato. Per “sopravvivere” mi hai suggerito di partire dalla gestione dell’agenda auto-diretta e non etero-diretta.

A. Cara Valentina, ecco che entra in gioco un’altra soft skill quella che gli anglossassoni chiamano self management che in realtà include molteplici abilità. Innanzitutto per attraversare la complessità che porta con sé il bisogno indotto di essere sempre connessi, occorre consapevolezza e occorre cura. Dobbiamo acquisire consapevolezza dei nostri limiti e delle nostre vulnerabilità che ci rendono umani e averne cura.
Ecco due parole chiave per questo tempo incerto, limite e cura; fino a quando non daremo pieno diritto di cittadinanza a queste due parole e ai significati profondi che sottendono rischieremo di venire sopraffatti dalla complessità, di subirla invece di cavalcarla e trarne beneficio.

Q. Allora, l’ultima grane domanda è: come riportare l’umano nel lavoro in questo cambiamento di paradigma abbattendo la finta normalità? Te la pongo pensando, dopo un confronto con diversi Direttori del Personale, che il ripensamento più urgente parta dagli spazi che oggi per molti, come me, hanno come unico senso quello di appartenenza e che quindi necessitano di far respirare Community. Che esperienze proporre?

A. Occorre far riscoprire alle persone il valore del confronto, del mettere in comune, della condivisione, della cooperazione: pensieri, emozioni, paure, sogni, desideri; solo ciò che accogliamo si trasforma, ciò che respingiamo resiste.
Soprattutto occorre equilibrio e inclusione anche delle opinioni diverse dalle nostre. È solo nel confronto che una Community può offrire, in questo magico campo di condivisione, che riesco a scoprire che l’altro non è un nemico, ma è umano come noi con le medesime forze e fragilità.
Un grande pericolo che vedo oggi è la polarizzazione delle posizioni che non prevede toni di grigio ed inclusività. Come ci ricorda Voltaire:

Non condivido quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo.

Questo non è un passaggio semplice perché passa attraverso la condivisione, l’ascolto, l’accoglienza della paura, la cura, in sostanza passa attraverso la consapevolezza profonda che siamo tutti umani e quindi “tutti sulla stessa barca”.
Chiudo con una sintesi di un altro mio articolo pubblicato su LinkedIn che ha acceso la rete. Un pezzo in cui sostengo come mettere al centro le persone, oggi più che mai, passi dal far comprendere ai capi, che sono responsabili di persone, e che serve il loro lato Human, perso tra i budget che saranno sempre una priorità e quel difficile confine tra vita personale e professionale, messo in discussione anche per loro, che spesso vediamo in quei dolci sfondi delle camere dei figli.
Responsabili di persone, l’ho provocatoriamente scritto più volte. Tu qui, ai vari commenti emersi, hai riposto con un grande pensiero in linea con i temi di oggi:

Credo che debba prendere sempre più forma una Leadership a bassa incidenza di Ego che coniughi Intelligenza Razionale, Emotiva e Spirituale, abbiamo disperato bisogno di Leader autentici che includano gli altri e che siano animati da Etica e senso di Responsabilità verso se stessi, il team e verso il mondo intero.
Abbiamo disperato bisogno di Leader umani e di connessione, una grande sfida per tutti noi da attraversare con umiltà e coraggio.

Il lavoro non è più quello di prima. Non correte, va ridisegnato tutto!

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