Corporate Innovation

Retail: Innovarsi per rinascere

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Come accade a molti di voi, i miei weekend di dicembre sono scanditi da lunghe passeggiate in giro per negozi e alla ricerca di regali natalizi. Abito nella stessa casa da quando sono nato e le vie dello shopping che frequento sono sempre le stesse (seppur ci sia l’aggiunta di qualche centro commerciale in più).
Complice la crisi e l’avvento disruptive degli e-commerce, tanti negozi storici hanno chiuso oppure danno l’impressione di essere spogli e di avere una rotazione di prodotti lunghissima.
Quasi tutti i nuovi punti vendita appartengono a grosse catene, che riescono a vivere grazie ad un brand molto forte. Ma è ancora possibile aprire un negozio retail fisico, e provare a combattere i grandi marchi e i vari Amazon & Co?
La mia risposta è affermativa, ma ovviamente bisogna mettere in atto una serie di attività per far si che il progetto sia curato nel minimo del dettaglio. Di seguito vi riporto tre attività che devono essere effettuate e senza le quali le probabilità di insuccesso sono molto elevate.

  1. Analisi di mercato per la scelta del luogo di apertura.
    Per uno store fisico questo è uno dei fattori più importanti. Nel corso della mia esperienza da consulente, mi sono trovato a parlare con persone costrette a chiudere l’attività o a spostarla, in quanto il locale scelto non garantiva il giusto passaggio di persone, oppure offriva prodotti o servizi non in linea con i possibili clienti della zona.
    Nella scelta del locale una variabile fondamentale è la visibilità dello stesso.
    La startup americana Placemeter ci offre dei sensori e una piattaforma web in grado di poter monitorare, in tempo reale, i movimenti e il numero di veicoli e persone in transito.
    Se installata nel locale che si è individuato può darci un aiuto oggettivo per capire se sia o meno adeguato.
  2. Monitoraggio del comportamento del consumatore.
    L’attività online ha tra i suoi pregi maggiori quello di poter dare degli elementi di misurabilità del comportamento dei consumatori. Ad esempio se sul mio e-commerce ho 1.000 visitatori, ma coloro che acquistano sono sono l’1% dovrei intuire che qualcosa nel pricing o nei prodotti che offro non va.
    Fino a poco tempo fa per gli store fisici non era possibile effettuare un’analisi se non manualmente. Finalmente è però arrivata sul mercato una startup, Pathflow, la quale, partendo dai video delle telecamere di sorveglianza di un negozio, analizza e procede con l’estrapolazione dei dati sui comportamenti dei clienti, in modo da poter fornire delle informazioni per migliorare il servizio offerto.
  3. Gestione integrata del processo di acquisto e di vendita.
    Per razionalizzare al massimo l’inventario, e soprattutto per garantire sempre la disponibilità di un prodotto, nonché per poter monitorare la situazione e i risultati è necessario che venga messo in piedi un sistema ERP di gestione del punto vendita.
    Il sistema ideale deve poter gestire le vendite, gli acquisti , l’inventario, e deve poter permettere di avere un sistema di customer relationship management (CRM), fondamentale nell’ottica di fidelizzazione del cliente. La startup Scloby ne offre un ottimo strumento.

Indubbiamente combattere i colossi del retail è un’impresa titanica, ma con qualche strumento e giusto accorgimento (come quelli sopra elencati) e non sottovalutando mai il fattore umano (quindi l’empatia con il cliente) non è detto che i piccoli negozi siano destinati a sparire.

Retail: Innovarsi per rinascere

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