Come hackerare il cervello? Strumenti e tecniche per potenziare la mente
Come hackerare il cervello? Strumenti e tecniche per potenziare la mente e portarla oltre i limiti dell'umana comprensione
Esiste un modo per avere la meglio sul proprio cervello? Non che sia una lotta all’ultimo sangue, ovviamente, ma sarebbe bello se si riuscisse in qualche modo a “indirizzare” il cervello verso determinati comportamenti che possano migliorare la nostra vita.
Si potrebbe pensare a modi per migliorare la concentrazione, ad esempio. Alleviare il dolore o combattere ansia e depressione. Insomma, sarebbe bello se potessimo “hackerare” il nostro cervello e portarlo a sfruttare tutto quel potenziale che, almeno per il momento, resta latente.
Secondo alcuni è una questione di esercizio e di meditazione; altri provano con i suoni; altri ancora scelgono gli impulsi elettrici. La verità è che gli scienziati le stanno provando tutte ma senza ottenere risultati soddisfacenti.
Battiti binaurali, la chiave d’accesso al cervello o solo una bufala?
Tra i test più controversi sembrano esserci quelli che derivano dai “battiti binaurali”; una sorta di glitch uditivo che si verifica quando vengono prodotti due suoni a frequenze simili, uno in ciascun orecchio. A questo punto, accade che il nostro cervello cerca di trovare un “punto di accordo” tra i due suoni e arriva a percepire un terzo tono che è la differenza tra i due. Qui entra in gioco la “magia” di questo suono che porta il cervello a “risuonare” a quella data frequenza per un processo chiamato trascinamento delle onde cerebrali. Attraverso questo procedimento le persone portano la propria mente a raggiungere lo stato che desiderano perché lo inducono a lavorare a quella precisa frequenza.
Ma facciamo un passo indietro. Il cervello funziona con l’elettricità e i nostre neuroni si attivano in maniera diversa a seconda di ciò che stanno facendo e del livello di concentrazione richiesto. Frequenze e onde cerebrali possono essere associate a diversi stati cognitivi ed emotivi e si dividono essenzialmente in:
- Le Onde Gamma rappresentano la frequenza più alta, 30 Hz, che permettono l’attivazione dei neuroni a un ritmo più rapido. Questo può corrispondere a uno stato di concentrazione intensa.
- Quelle Beta vanno dai 12 ai 30 Hz e possono essere identificate con eccitazione, attenzione e ansia.
- Le Onde Alfa, invece, vanno dagli 8 ai 12 Hz e possono indicare uno stato di rilassamento generale molto vicino alla sonnolenza e all’attenzione passiva.
- Quelle Theta occupano lo spazio dai 4 agli 8 Hz e indicano uno stato di rilassamento profondo e di concentrazione interiore; vengono spesso rilevate durante sessioni di meditazione.
- Le Onde Delta vanno da 0,5 a 4 Hz e sono generalmente associate al sonno.
A fronte di questo, appare evidente che “sparare” nelle nostre orecchie due suoni, la cui risultante sia orientata verso uno di questi intervalli potrebbe stimolare le aree del cervello di cui sopra, sfruttando ciò che ne deriva.
Anche se tutto questo sarebbe una cosa tanto utile quanto pericolosa, molti studi a sostegno sono ancora decisamente controversi.
Se è vero che alcuni suoni stimolano la concentrazione o il rilassamento è anche vero che potrebbero non avere lo stesso effetto sui diversi tipi di persone. Ad esempio, perché qualcuno si rilassa con la musica classica e altri con l’heavy metal? Perché su alcuni il rumore bianco induce uno stato di calma mentre altri lo percepiscono a malapena?
La risposta ancora non c’è e i vari esperimenti hanno portato risultati controversi e molto spesso in contrasto con le varie teorie di cui sopra. Ad onor del vero bisogna anche dire che i test eseguiti non hanno utilizzato un vero e proprio standard e hanno utilizzato metodi e tempistiche diverse. Però da quello che è emerso fino a questo punto, probabilmente, non è così facile riuscire ad hackerare il nostro cervello.
Meditazione: sì, no o forse?
Un altro celebre metodo per hackerare il nostro cervello è la meditazione. Alcuni monaci la usano per uscire dal proprio corpo e vagare nel tempo e nello spazio; le forze speciali la usano per addormentarsi, mantenere la calma e addirittura controllare il dolore e la paura. Per molti è solo un modo per rilassarsi. Ma cosa c’è di vero?
Fondamentalmente la meditazione è uno stato di concentrazione che porta la mente a una calma così profonda che, secondo alcuni, permetterebbe addirittura di uscire dal proprio corpo. Si tratta in realtà di un modo per “tirare il freno a mano” e riprendere il controllo di se stessi, aiutandosi con la respirazione ritmica, il silenzio e la calma.
Per molte religioni è diventata uno dei punti fondamentali che avvicina lo spirito quanto più possibile a una qualche entità suprema. La cosa teoricamente, potrebbe anche funzionare soprattutto in termini di “ascolto interiore” e per alleviare lo stress.
Certo, occorre molta concentrazione, tanto silenzio e tanta forza di volontà ma una volta raggiunto uno stato di meditazione profondo si può (sempre teoricamente) assumere il pieno controllo del proprio corpo fino al punto di riuscire a gestire e governare il dolore, ad esempio, lo stress, l’ansia il nervosismo e via dicendo.
Sicuramente il nostro cervello influenza moltissimo la nostra vita; riuscire a “tenerlo a bada” potrebbe portare moltissimi benefici in termini di salute mentale e fisica ma, anche qui, la cosa non vale per tutti.
Ci sono persone che praticano la meditazione da anni e sostengono di aver raggiunto un livello di consapevolezza tale da avere il pieno controllo di tutto. Allo stesso tempo c’è gente che prova per una vita a seguire una strada del genere ottenendo solo più nervosismo e frustrazione di prima.
Probabilmente è più una questione di convinzione e di suggestione che di altro; un po’ come prendere un placebo e sentirsi meglio. Con questo non si vuole dire che è una pratica inutile, ma che probabilmente funziona solo con un determinato tipo di menti.
Hackerare il cervello con un chip
La terza strada probabilmente è quella più estrema: farsi innestare un chip nel cervello. Detta in questa maniera non può che far venire alla luce tutta una serie di cinematografia e letteratura distopica; eppure, se pensiamo agli esperimenti di Elon Musk, forse si può in qualche modo addolcire la pillola.
L’eccentrico miliardario, senza girarci troppo attorno, ha infilato un semiconduttore nel cervello di un macaco e l’ha fatto giocare a Pong con la forza del pensiero. Certo dovremmo parlare di apprendimento automatico e machine learning avanzato; ma diciamo solo che la povera scimmia aveva un pezzo di silicio infilato in testa mentre gli scienziati “smanettavano” col suo cervello studiandone le varie reazioni.
L’obiettivo è più alto di una semplice partita a Pong: Elon Muks vorrebbe usare questo sistema per curare le malattie neurodegenerative e quant’altro ma siamo ancora ben lontani da questo e il nostro macaco può vantare solo una partita a un vecchio videogioco.
Potenzialmente (e restando fermamente nel periodo ipotetico) questo potrebbe essere un modo per hackerare il nostro cervello. Certo non disponiamo ancora della tecnologia necessaria; magari in futuro con un “semplice” chip in testa potremmo riprogrammare completamente la nostra mente, diventare più intelligenti e chissà quale altre cose. Il rischio è solo quello di avere un pezzo di metallo nel cervello e tutte le incognite che derivano dal fatto di avere un pezzo di metallo nel cervello. Comunque mai dire mai, magari diventerà una cosa di uno comune in futuro.
Hackerare il cervello, è forse meglio di no
Allo stato attuale delle cose, forse, è meglio lasciar stare e accontentarsi di ciò che la natura ci ha dato e, soprattutto, dei limiti che ci ha dato.
Il cervello è una macchina tanto potente quanto oscura e cercare di muoversi per tentativi in un territorio così sconosciuto potrebbe non essere la cosa più saggia.
La scienza sta facendo passi da gigante, è vero, e le applicazioni di una bella riprogrammata cerebrale potrebbe essere una prospettiva allettante; eppure la cosa più immediata che ci viene in mente è che forse non è il momento giusto.
Se riflettiamo sulla cosa l’uomo ha avuto bisogno di tempo per evolversi: per i primi ominidi la tecnologia era una roccia affilata o il fuoco; noi abbiamo appena parlato di chip nel cervello. A fronte di questo, forse possiamo ancora aspettare qualche anno prima di sentire il reale bisogno di hackerare il nostro cervello.
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