Smart working: un’opportunità per i borghi italiani
Gli smart worker crescono, come l’interesse per i piccoli comuni
La pandemia ha portato molte persone a lasciare le città, per sfuggire al contagio. In tanti hanno scelto di tornare nel proprio paese di origine, di trasferirsi momentaneamente nella propria casa al mare o in montagna e, persino, di affittarne o acquistarne una. Tra i tanti aspetti negativi, gli ultimi due anni hanno visto emergere due tendenze positive – a che fare con smart working e borghi italiani – e tra loro connesse:
- il potenziamento e la diffusione dello smart working in settori e organizzazioni che non avevano mai provato a implementare un paradigma di lavoro agile, flessibile
- un generale interesse per le aree rurali e una lieve attenuazione del fenomeno di spopolamento, che da decenni caratterizza la maggior parte dei piccoli comuni italiani (più di 5.500).
Finalmente si scopre che non è più importante il dove, ma il come
Da un lato, lavoratori pubblici e privati, liberi professionisti e dipendenti hanno compreso come, grazie alle nuove modalità, non sia più importante il dove, ma il come si lavora. Il lavoro agile è entrato prepotentemente nella vita di tante persone, per poi tendergli la mano e diventare un’abitudine alla quale, in molti, non vogliono più rinunciare.
Dall’altro, i piccoli centri, da nord a sud, da est a ovest, hanno accolto qualche lavoratore in fuga dalla città, dimostrando alle aree centrali, come anche in quelle periferiche o marginali sia possibile lavorare, persino meglio.
Nei paesi le persone hanno trovato nuovi spazi e tempi che prima ignoravano o non conoscevano.
Molti hanno scoperto la bellezza di avere un giardino o di essere circondati dalla natura, imparando ad apprezzarla. Altri hanno realizzato che in città sprecavano troppo tempo, tra spostamenti in metropolitana o code in automobile. In poche parole, la fuga di alcuni si è rivelata una scoperta: esistono luoghi dove vivere è, per certi versi, differente.
Per esempio è diverso andare a fare la spesa, parlare con il vicino o uscire a fare una passeggiata. Nei piccoli centri non esistono supermercati, ma minimarket, con poca scelta ma tanta qualità e cordialità. C’è poi una particolare intesa tra i locali, fatta di collaborazione e solidarietà. Quando si cammina per le vie del borgo si respirano accoglienza, tradizioni e storia.
Lavorare in questi luoghi, davanti ai propri devices, è identico a farlo in città, ma allo stesso tempo completamente diverso. Cambiano la cornice, i profumi, le abitudini, i ritmi e, di conseguenza, l’atteggiamento e il benessere dei singoli.
C’è chi, dopo alcuni mesi in un borgo, non tornerebbe più nel suo appartamento di Milano, e c’è chi ci tornerebbe di corsa. Non tutte le persone sono adatte alla vita di paese, come a quella di città. La frenesia e la vastità dei grandi centri possono schiacciarti, come la calma e la ristrettezza dei piccoli.
Lo smart working è un’occasione e una scelta
L’arrivo di nuove persone, anche se poche, in un borgo, in proporzione al numero dei residenti, è un elemento importante. Nuovi abitanti, innanzitutto, portano vita, energia, lavoro, ricchezza e danno all’Amministrazione Comunale la possibilità di ragionare su nuovi o migliori servizi; dai trasporti, all’educazione, sino allo sport o ad eventi culturali.
Chiunque scelga di trasferirsi in un piccolo comune rappresenta un’occasione. Una persona in più fa davvero la differenza.
Molto spesso, poi, a spostarsi non sono solo singoli, ma intere famiglie, con bambini, i quali necessitano di una nuova scuola e di attività pomeridiane e altrettanti servizi dedicati. Lo stesso vale per la sanità territoriale, messa a dura prova durante l’emergenza pandemica.
La presenza di smart worker in un borgo è anche un’occasione per far conoscere, a livello locale, nuovi lavori ed attivare collaborazioni tra professionisti del territorio e non. Le nuove modalità di lavoro accorciano e persino annullano le distanze, cancellando situazioni di emarginazione e difficoltà.
Competenze e talenti vengono messi al centro, aiutando molte persone a non dover compiere scelte sofferte, quali quella di dover abbandonare il proprio paese per poter lavorare.
È un processo duplice e intercambiabile: un borgo con servizi adeguati attrae smart worker, ma allo stesso tempo l’arrivo di nuove persone in un piccolo centro offre l’opportunità al Comune di ripensare e potenziare i propri servizi. È un ciclo, innescato sia dalla volontà dei residenti e delle Amministrazioni locali, sia da chi sceglie di andare a lavorare e vivere in un borgo.
Non importa da dove lo si incominci, l’importante è che prenda il via.
Piano Nazionale Borghi
A livello nazionale c’è poi un’importante novità che, finalmente, vede protagonisti i borghi italiani. Lo scorso 20 dicembre 2021, il Ministero della Cultura Dario Franceschetti ha presentato l’avviso pubblico per l’accesso alle risorse del Piano Nazionale Borghi previsto dal PNRR.
Le nuove condizioni tecnologiche consentono di far diventare dei luoghi di lavoro reali delle realtà che fino a pochi anni fa non potevano attrarre né persone, né occupazione. Il Piano Nazionale Borghi va in questa direzione con risorse molto importanti, pari a 1 miliardo di euro, per vincere la sfida del ripopolamento.
Il piano presenta una linea A e una linea B:
- la linea A, dal valore di 420 milioni di euro, riguarda progetti pilota per la rigenerazione culturale, sociale ed economica dei borghi a rischio abbandono o abbandonati, attraverso un solo intervento per Regione o Provincia Autonoma;
- la linea B, invece, è finalizzata a realizzare progetti locali di rigenerazione culturale in almeno 229 borghi storici, per cui 380 milioni di euro sono destinati alle proposte presentate dai Comuni e altri 200 milioni di euro verranno utilizzati in aiuto di micro, piccole e medie imprese locali o che intendono collocarsi nei territori selezionati.
Tra gli interventi finanziati dal PNRR, attraverso il Piano Nazionale Borghi, ci sono la realizzazione o il potenziamento di:
- servizi e infrastrutture culturali
- iniziative per la tutela e valorizzazione del patrimonio della cultura immateriale
- iniziative per l’incremento della partecipazione culturale e per l’educazione al patrimonio delle comunità locali
- attività per il miglioramento e la razionalizzazione della gestione di beni, servizi e iniziative
- infrastrutture per la fruizione culturale-turistica
- azioni volte all’incremento dell’attrattività residenziale e contrastare l’esodo demografico
- azioni di supporto alla comunicazione e alla diffusione di informazioni sulle offerte del territorio
- azioni di cooperazione interterritoriale.
I punti qui elencati, se abbinati a un generale nuovo interesse per la vita nei borghi, rappresentano una possibilità di rinascita e crescita per questi territori. Con la speranza che tutti i progetti vengano attuati, i piccoli centri diventeranno luoghi ideali in cui trasferirsi e poter lavorare, senza le tante difficoltà e mancanze che oggi li accomuna.
Stando al bando, i borghi potranno innovare le proprie infrastrutture, valorizzare il proprio patrimonio culturale, coinvolgere la popolazione locale, migliorare la gestione dei propri servizi, potenziare la propria attrattività turistica e, non da ultimo, costruire una solida rete con i territori limitrofi.
Servono tempo, sacrifici e investimenti
Come tutti i cambiamenti importanti, anche questo richiede tempo, sacrifici, e, soprattutto, parecchi investimenti. Lentamente stiamo andando verso quello che in molti chiamano future of work.
È innanzitutto fondamentale adeguare i contratti di lavoro, senza più penalizzare lo smart working adottando vecchi criteri.
Serve poi che gli sgravi fiscali per chi decide di vivere o fare impresa nei comuni a evidente rischio di spopolamento si concretizzino. Aiuti, ma anche infrastrutture, in primis la fibra ottica. Ci sono ancora territori che risentono di problemi connessi al digital divide. La Strategia italiana per la banda ultra larga (BUL) è in ritardo particolarmente nelle “aree bianche”, cioè quelle considerate a fallimento di mercato.
Solo con l’accesso alla banda ultra larga nei Comuni delle aree interne potremmo esercitare in modo pieno quei diritti fondamentali di cittadinanza che la Strategia nazionale aree interne (Snai) permette di rafforzare: la sanità con la telemedicina e la tele assistenza, l’istruzione con la didattica a distanza e integrata tra pluriclassi di uno stesso plesso e la mobilità intelligente hanno bisogno di “banda” per funzionare.
Lo stesso vale per i processi di integrazione tra i nostri Comuni, per rafforzare la capacità di gestire in modo integrato alcune funzioni essenziali.
Luca Della Bitta, sindaco di Chiavenna (SO) e referente innovazione in ANCI.
Il cambiamento riguarda tutti. La popolazione locale, che smetterebbe di diminuire anno dopo anno. Gli smart worker, che potrebbero lavorare ovunque senza problemi, anche in un borgo. Le piccole e grandi aziende, italiane e non solo, che potrebbero trasferirsi o delocalizzare in territori oggi poco competitivi, fuori dai grandi centri, dove sono presenti risorse nuove e più sostenibili, migliorando così la propria responsabilità sociale, oltre che il proprio business.
Stato, Regioni e Amministrazioni locali devono realmente impegnarsi nel potenziare i servizi fondamentali, innanzitutto l’istruzione, la salute e la mobilità. In molti piccoli comuni le scuole chiudono, mancano presidi medici locali e medici di base e i trasporti pubblici sono precari, se non totalmente assenti.
Bisogna partire da qui. Da una politica nazionale per il sistema locale, da nuovi servizi, da un superamento del gap digitale…
Il Piano Nazionale Borghi rappresenta la spinta che i piccoli comuni aspettavano da anni. Si parla di grandi progetti che necessitano, anche qui, tempo, sacrifici e determinazione.
Le tante risorse del PNRR, abbinate alle nuove modalità di lavoro, possono portare i piccoli comuni a divenire territori attivi ed attrattivi, senza perdere la loro originalità. L’esempio può essere quello degli smart villages, all’interno della Rete Europea per lo Sviluppo Rurale (RESR), territori che sono riusciti a invertire la tendenza allo spopolamento e a risolvere la carenza di servizi.
È giunto finalmente il momento in cui un cambiamento concreto è possibile: i borghi italiani lo meritano!
Pensai a quanti luoghi ci sono nel mondo che appartengono così a qualcuno,
che qualcuno ha nel sangue e nessun altro lo sa.
Cesare Pavese
Smart working: un’opportunità per i borghi italiani