Retail innovation: perché le nuove tecnologie non funzionano?
Perché le nuove tecnologie non funzionano sempre in ogni momento e per ogni attività? E perché alcune vengono adottate e accettate prima di altre?
A parte il titolo un po’ clickbait, no, non penso che le nuove tecnologie non funzionino.
Anzi… Penso che facciano parte della naturale evoluzione dell’uomo. Così come il fuoco, la ruota, la matita o l’orologio, i computer, gli smartphone e le app, fino ad arrivare alla blockchain, la realtà aumentata e virtuale.
(Se non lo hai fatto, leggi l’articolo in cui parlo delle tecnologie esponenziali).
Come scrive Mafe de Baggis in un suo articolo, ogni strumento che utilizziamo è una nuova tecnologia:
- Le consideriamo naturali quando nasciamo e fanno già parte del nostro ecosistema;
- Sembrano nuove ed entusiasmanti create nel ventennio fino ai 35 anni;
- Ci appaiono contro l’ordine naturale delle cose quando abbiamo superato la soglia dei 35 anni.
Quello che voglio raccontarti oggi è perché le nuove tecnologie non funzionano sempre in ogni momento e per ogni attività.
Voglio parlarti del perché alcune tecnologie vengono adottate e accettate prima di altre. Dell’accelerazione di questo processo e della mentalità che un imprenditore deve avere nei suoi confronti.
Tecnologia giusta, al posto giusto e al momento giusto!
“Quando l’allievo è pronto il maestro appare.” (detto buddhista)
“Quando la società è pronta la tecnologia appare.”(cit. Emanuele Epifani)
Aforismi a parte, ogni tecnologia ha un andamento evolutivo, un ciclo di vita: nasce, cresce, muore.
Per ogni adozione di una tecnologia il conto parte da zero, con una curva esponenziale di riduzione dei costi e di miglioramento delle prestazioni. Ogni tecnologia ha anche una sua curva di diffusione e di costi-benefici per un certo tempo, dopodiché viene abbandonata e sostituita da una nuova.
Questo ciclo è continuo. Per alcune tecnologie la durata del ciclo è breve e in poco tempo viene teorizzata, sviluppata e adottata dalle masse. Per altre invece ci vogliono decenni, anche solo per essere studiata e compresa.
Per fare un esempio, il numero di terminali POS presenti in Italia nel 2000 era appena 570mila e costavano anche parecchio. Tra commissioni sulle transazioni, commissioni interbancarie e canone affitto mensile arrivavano a costare diverse centinaia di euro.
Ora invece il numero di POS presenti in Italia sono oltre due milioni, solo quelli fisici. Sì, perché nel frattempo la tecnologia si è evoluta ed esistono anche POS Virtuali con un elevatissimo risparmio di costo.
Come se non bastasse questa tecnologia, adottata in Italia con un po’ di ritardo, in Cina è stata superata e sostituita dai pagamenti tramite QR code effettuati con il telefono.
Un altro esempio sono i test di DNA. fino a circa 15 anni fa nessuno avrebbe mai pensato di studiare il proprio DNA e la propria sequenza genomica. Era poco conosciuto e il test costava migliaia di euro; oggi il kit per il test del DNA si può acquistare tranquillamente su Amazon anche a 60€ (sembra una banalità e invece eccolo qui con tanto di recensioni positive da chi lo ha utilizzato).
Oltre che per i costi, la diffusione di una tecnologia dipende anche da quanto si ritiene utile come strumenti, i benefici che potrà portare e dalla capacità delle aziende di prevedere i cambiamenti.
Nel 1973 Steve Sasson, lavorando nei laboratori della Kodak costruì il primo modello di macchina fotografica digitale. Era evidente che il mondo non era pronto ancora per quella rivoluzione. Il primo modello accettabile fu commercializzato nel 1981, dalla Sony.
Vediamo insieme quali sono i diversi step che ogni tecnologia compie dal momento in cui viene studiata per essere applicata, fino al momento in cui viene adottata dalle masse.
Leggi anche Perché integrare? Le imprese ed i cambiamenti
7 step per diffondere una tecnologia
Tralasciando la parte legata agli investimenti in Ricerca e Sviluppo e semplificando al massimo, ho individuato 7 step fondamentali che una tecnologia compie dal momento in cui non è per nulla accettabile fino al momento in cui ognuno pensa che sia naturale utilizzare quello strumento.
Vediamoli insieme!
1. Livello di non accettabilità
Questo è il primo step. Si scopre una nuova tecnologia, si studia il suo funzionamento, si creano modelli e teorie. Successivamente si ipotizzano applicazioni all’interno di aziende e nella vita quotidiana.
In queste condizioni la tecnologia non è accettabile dal punto di vista sociale.
Non si riesce a comprendere la sua utilità, non si riesce a capire pienamente come può essere applicata. Anche e soprattutto da un punto di vista economico è difficile la diffusione su scala globale dati i costi molto elevati.
Sono pochi gli investitori che destinano ingenti somme per studiare e sviluppare nuovi prototipi.
2. Prime adozioni
Una volta superato questo primo passo di non accettabilità assoluta (economica e sociale) in ogni mercato ci sono le prime adozioni da parte dei cosiddetti early adopter.
Questi “utenti precoci” si sentono loro stessi parte dell’innovazione. Comprano modelli all’avanguardia per restare aggiornati sulle novità, prima della loro diffusione di massa.
Sono considerati una risorsa vitale ed importantissima per l’innovazione. Forniscono feedback disinteressati e contribuiscono molto volentieri allo sviluppo di prodotti in fase di test.
Sono quella categoria di persone che non solo hanno una curiosità maggiore rispetto alla maggior parte delle altre, ma anche una propensione al rischio maggiore. Spesso sono gli stessi Early adopter che lavorano per innovare e migliorare i prodotti in circolazione.
In questo step innovatori e ricercatori lavorano per diminuire drasticamente ed esponenzialmente i costi della tecnologia.
3. Scetticismo, confusione e paura
Nonostante le prime adozioni, le masse restano scettiche, confuse e poco informate riguardo l’utilizzo, le applicazioni e implicazioni per il futuro.
Pensiamo ai robot. Nell’immaginario comune le persone pensano che ruberanno il lavoro, sostituiranno l’uomo e distruggeranno il mondo.
A parte la visione apocalittica, sicuramente tantissimi lavori saranno completamente sostituiti dall’automazione e dalla robotica. Ma è anche vero che ad essere sostituite saranno le attività routinarie e ripetitive. Attività che non valorizzano il potenziale umano.
Uno degli esempi classici è quello del cassieri al supermercato. Al 97% il lavoro sarà rimpiazzato da macchine. Possiamo certamente apprezzare il lavoro in quanto tale, ma sono abbastanza sicuro che tutti farebbero volentieri a cambio con altre attività più interessanti.
E poi, anche ora non so cosa pensino i cassieri della loro concorrenza, le casse automatiche.
4. Risultati concreti e “Hard Data”
Il quarto step rappresenta il passaggio ad una fase di maggiore accettabilità.
La tecnologia inizia a produrre risultati concreti e dimostrazioni di applicazioni che possono realmente migliorare la vita dell’uomo, dei mercati. Renderli più efficienti e più produttivi.
In questo step iniziano ad avvicinarsi a queste tecnologie anche molti investitori più piccoli.
Anche imprenditori innovativi pronti a testare o a studiare la tecnologia. Come può portare valore e beneficio all’interno del loro sistema.
Le grandi Università, aziende e centri di ricerca iniziano ad accumulare dati e ottenere trend, previsioni e segnare una rotta.
5. User friendly
Dopo aver mostrato con i risultati e dati di che pasta è fatta, la nuova tecnologia si appresta ad aprirsi al mondo. Ma prima avvengono altri due passaggi importanti.
Il punto di svolta è dato dal momento in cui la tecnologia viene resa utilizzabile da tutti. L’interfaccia user-friendly, la sua facilità di utilizzo rappresentano la goccia che fa traboccare il vaso.
Quando una tecnologia viene resa semplice e intuitiva da utilizzare, in quel momento la sua diffusione non avviene più solo nel mercato di nicchia. In quel momento viene adottata dalla maggior parte delle persone.
Internet all’inizio veniva utilizzato in ambito militare o all’interno dei laboratori del CERN dov’è stato sviluppato. Erano davvero in pochi a comunicare attraverso internet, a conoscere le sue funzioni e i siti web. Utilizzato dal 1971 per oltre vent’anni è rimasto uno strumento sconosciuto a molti.
Nel 1993 fu inventata un’interfaccia user-friendly. Il primo web browser chiamato Mosaic. Prima di questa evoluzione c’erano soltanto 26 siti web online. Successivamente ne sono nati decine di milioni.
Questo punto di svolta e la crescita esponenziale della curva di utilizzo di una tecnologia è noto anche come “iPhone Moment“.
Ebbene sì, dedicato proprio al prodotto che ha portato con sé un’ondata di diverse innovazioni tecnologiche grazie alla sua intuitività, facilità di utilizzo e interazione.
Il touch screen, l’accesso ad internet dal cellulare, i software applicativi e altre, erano tecnologie già esistenti. Alcune aziende le avevano già adottate. Esistevano già gli smartphone, ma nessuno come la Apple aveva puntato sulla facilità di utilizzo, nessuno aveva puntato sull’interfaccia user-friendly.
6. Social proof
In quanto animali sociali, tendiamo ad imitare le azioni di altri nel tentativo di risultare giusti in quella determinata situazione. Lo step 6 è l’ultimo step prima dell’adozione di massa.
Perché?
Immagina di sentir parlare di realtà virtuale per la prima volta. Resteresti sicuramente perplesso.
Ora immagina di incontrare il tuo socio o un amico che ammiri. Lui ha appena comprato un dispositivo di Realtà virtuale. Ne parla entusiasta, ti fa vedere come funziona e vedi che è preso da quella tecnologia.
Oppure, altra situazione.
Vai al concerto del tuo cantante preferito e lui utilizza un dispositivo di realtà virtuale.
Nella maggior parte dei casi, dopo aver visto un tuo idolo o una persona che ammiri o ritieni importante adottare un certo comportamento, sei inevitabilmente portato a simulare le stesse azioni. Ecco la riprova sociale o social proof.
Dopo aver visto l’utilizzo da parte di essi della tecnologia ci sentiamo più sicuri anche noi nell’utilizzarla e anche più vicini al nostro idolo.
Questo spiega perché nell’epoca attuale di iper-connessione si sta sviluppando così tanto la figura dell’influencer e la strategia di influencer marketing utilizzata dalle aziende.
7. Diffusione di massa
Alla fine di questi step, dopo miliardi di dollari di investimenti, esperimenti su esperimenti, studi per capire come applicare la tecnologia per migliorare la vita dell’uomo e della sua quotidianità; dopo i feedback ricevuti dagli early adopter, dopo lo scetticismo e la paura delle masse, dopo i risultati concreti e dimostrabili; dopo lo sviluppo di interfacce user friendly e dopo che i primi influencer hanno utilizzato la tecnologia, finalmente l’intera società è pronta ad adottare una nuova tecnologia (o almeno si spera).
Ci sono delle comunità che recepiscono prima questa necessità di cambiamento ed evoluzione. Riescono a percepire a vedere i risultati prima di altre come ad esempio l’evoluzione del sistema di pagamento via QR Code in Cina.
Ora sappiamo quindi che ogni tecnologia ha un suo ciclo di vita e viene utilizzata quando è pronta sia da un punto di vista economico con costi bassi, sia da un punto di vista sociale quando è accettata e si notano i reali benefici.
“Ma cosa succede se un’azienda scopre una tecnologia solo quando questa ha raggiunto il suo ultimo step?”
“Cosa succede se la tecnologia è pronta per la diffusione di massa, ma la tua azienda deve ancora capire cos’è e come integrarla all’interno del suo sistema?”
Te lo dico io. Succede l’inevitabile. Vieni travolto dall’ondata tecnologica, e (la maggior parte delle volte) spazzato via.
Non mi riferisco solo alle piccole attività che non riescono ad affrontare l’avvento di Amazon e Alibaba. Ma anche di grandi aziende come Blockbuster o Toys R Us, o la stessa Kodak.
Aziende con fatturati miliardari hanno chiuso i battenti o hanno perso tutto il loro potere per non aver creduto nell’evoluzione della tecnologia. O ancora peggio per non aver pensato che la tecnologia potesse intaccare il loro mercato.
Soprattutto che non hanno pensato di abbracciare il cambiamento e di prevedere come avrebbero potuto integrare quella tecnologia nel loro sistema. E allora, qual è la soluzione?
L’innovazione come “State of mind”
Ogni grande invenzione, ogni grande cambiamento, comporta la fine di qualche mestiere.
La rivoluzione digitale, forse più di qualsiasi altro cambiamento, ha avuto effetti devastanti sull’economia tradizionale.
Finché a sparire sono stati piccoli mestieri la reazione è stata blanda. Quando il cambiamento ha iniziato a intaccare gli interessi delle grandi aziende allora la reazione è diventata molto più pesante, forse anche un po’ ottusa.
Reagendo furiosamente e ciecamente contro le nuove tecnologie con avvio di azioni legali e tentando di bloccarne la naturale evoluzione hanno ricevuto solo risultati disastrosi, tant’è che oggi, alcune di queste multinazionali hanno deciso di fare marcia indietro, rivedendo le loro strategie commerciali.
La soluzione quindi non è aspettare che le cose si sistemino da sole. Non può essere neanche contrastare la naturale evoluzione. La soluzione è abbracciare l’innovazione e considerarla come un’opportunità, una grande opportunità e non una minaccia.
Diventa fondamentale avere un approccio diverso nei confronti delle nuove tecnologie. L’innovazione come “state of mind”.
L’imprenditore deve essere un visionario. Deve riuscire a capire prima degli altri quale potrebbe essere l’evoluzione e l’applicazione delle nuove tecnologie nel suo mercato.
Non a caso stanno nascendo percorsi e accademie per imprenditori e professionisti che puntano sulla formazione continua sulle nuove tecnologie come ad esempio TechVocacy di Riccardo Secco: un’accademia pensata per forgiare i lavori e la mentalità del futuro.
Lo stesso Riccardo Secco in un’intervista su Business Insider parla di un ruolo all’interno delle aziende. Parla del CIO – Chief Innovation Officer – fondamentale per la sopravvivenza ed evoluzione di un’azienda (e lo diventerà ancora di più nel tempo).
Figura importante soprattutto perché in grado di rivedere le attività da una nuova prospettiva, una nuova angolazione grazie alla vocazione per l’innovazione e la digital transformation, per la curiosità di sperimentare e trovare nuove tecnologie e processi utili all’azienda.
Per questo è nato il progetto di Seedble nel Retail, per innovare e per fare in modo che le nuove tecnologie non siano motivo di crisi, ma una vera opportunità.
Ci leggiamo nel prossimo articolo. Oppure contattami se sei interessato ad approfondire l’argomento.
Buona Innovazione,
Emanuele
Retail innovation: perché le nuove tecnologie non funzionano?