Lavoro e polarizzazione sociale: come colmare il gap
Durante la pandemia il divario tra i sempre più ricchi e i sempre più poveri si è accentuato. Come colmare il gap?
Si dice che “gli opposti si attraggono”, ma questo non vale per il lavoro e la polarizzazione sociale. Il divario tra i sempre più ricchi e sempre più poveri, sia di pensiero che di tasche, sta prendendo una nuova forma.
In elettrochimica la polarizzazione è un fenomeno dissipativo, che ha come conseguenza la caduta della differenza di potenziale elettrico.
Ma cosa c’entra la chimica con il lavoro e la vita sociale? Continua a leggere, il nesso è evidente.
La polarizzazione sociale consiste nella tendenza a schieramenti opposti da parte di uno o più gruppi di individui, rispetto a valori e idee riguardanti un determinato argomento e/o fenomeno sociale. In questo caso prendiamo in considerazione il collegamento con la visione del lavoro. In generale possiamo far riferimento all’idea di instabilità e incertezza rispetto al futuro e ai requisiti necessari per il lavoro.
I risvolti della precarietà e del continuo cambiamento si riflettono socialmente, demoralizzando dai giovani laureati ai quasi pensionati. L’idea che solo alcuni lavori possono garantire una vita di successo e che sono accessibili per pochi è ancora altamente sedimentata e in parte anche realtà. Vediamo insieme le cause.
Mercato del lavoro e le cause della polarizzazione
Iniziamo considerando il mercato del lavoro, da cui necessariamente derivano le conseguenze a livello sociale della polarizzazione. Notare come – sia a livello nazionale sia europeo – l’occupazione si concentra agli estremi: da un lato troviamo le professioni ad elevata specializzazione (e di conseguenza ad alta remunerazione) mentre dall’altro quelle definite di “bassa qualifica”.
E le professioni intermedie? Un tempo erano il cuore del mercato del lavoro, ma ora il loro livello di impiego sta diminuendo parallelamente al crescere dell’innovazione.
Possiamo considerare l’esponenziale sviluppo della tecnologia e delle sue applicazioni come una delle principali cause di questo fenomeno, insieme alla de-industrializzazione e alla terziarizzazione, derivante dalla trasformazione della domanda dal settore industriale a quello dei servizi.
In più, l’aumento di contratti atipici, il disallineamento tra competenze e istruzione, portano alla creazione di un senso condiviso di precarietà per il quale già avere un lavoro “è un lusso”, ed essere contenti e soddisfatti – sia nell’ambiente di lavoro, sia in quello sociale – è un privilegio per pochi, fortunati o estremamente intelligenti.
Le analisi fanno risaltare come durante la pandemia si sia accentuato il divario tra i sempre più ricchi e i sempre più poveri; la disuguaglianza purtroppo sta crescendo.
Una crisi che ricorda quella della Grande Depressione del 1929, scrive il World Economic Outlook, l’imprevedibilità degli eventi e la poca adattabilità delle imprese, hanno fatto cadere molti business, e con se molti animi. Ovviamente non sono stati colpiti tutti allo stesso modo, c’è chi ha sempre lavorato e chi ha dovuto “abbassare le serrande”, come piccoli artigiani e i nuovi giovani lavoratori senza le necessarie skills o certificazioni professionali.
Ma come possiamo andare avanti e colmare questo gap, questo vuoto intermedio?
Alla polarizzazione sociale c’è rimedio. Con la pandemia molti lavori si sono persi, ma altri si sono guadagnati. Le modalità di lavoro smart e mista permettono di conciliare al meglio vita lavorativa e sociale, ridefinendo anche i rapporti con i colleghi/e e le possibilità di poter effettivamente accedere a delle nuove occupazioni, abbattendo le distanze.
L’apprendimento e l’allenamento sociale sono necessari, ma pochi fanno qualcosa a riguardo. Le aziende di successo (vedi Facebook) promuovono un ambiente di lavoro stimolante sia per l’intelligenza sociale che organizzazione individuale. Anche a livello di piccole e medie imprese si possono adottare delle semplici mosse per migliorare la situazione.
Organizzare momenti sociali al di fuori dell’impresa, aggiornare sulle nuove tendenze, includere famiglie e amici, fare beneficenza, insomma generare un sentimento condiviso dentro e fuori, perché un modo per stare bene c’è, e non serve aspettare il venerdì per avere un momento di libertà.
Per iniziare, fare della buona e genuina informazione a riguardo non sarebbe male. I cambi di prospettiva, soprattutto dopo una visione sedimentata ormai da anni non è immediata però necessaria.
L’inserimento di una visione improntata all’autogenerazione e stimolazione di opportunità basterebbe per per dare il via al processo di “riempimento” del gap della polarizzazione sociale.
Riferimenti:
- http://www.lachiavedisophia.com/blog/tag/polarizzazione-sociale/
- http://www.lombardiasociale.it/2020/11/03/piu-poveri-e-tanto-piu-disuguali/
- https://open.luiss.it/2019/10/22/linnovazione-sociale-ai-tempi-della-polarizzazione-appunti-per-unagenda-radicale/
- https://www.statista.com/statistics/1131618/attitudes-towards-remote-working-in-italy/
Lavoro e polarizzazione sociale: come colmare il gap