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ChatGPT: consulenti a rischio?

Molti temono che ChatGPT, e gli altri strumenti di intelligenza artificiale conversazionale, possano rappresentare un rischio per molti consulenti e professionisti sul mercato. Man mano che le abilità di questi strumenti aumentano, grazie al machine learning, alcuni posti di lavoro umani rischiano di scomparire. Ma è davvero così? Quali sono le posizioni a maggior rischio e, soprattutto, cosa fare per trasformare l’intelligenza artificiale da una minaccia a un vantaggio?

chatgpt consulenti a rischio

ChatGPT rischia di escludere dal mercato la figura del consulente, soppiantandolo grazie alle vaste capacità della sua intelligenza artificiale?

È questa la domanda che, da quando lo strumento di OpenAI è diventato un fenomeno di massa, sta rimbalzando sia sui media generalisti che sulle riviste di settore. Le capacità che l’intelligenza artificiale ha già dimostrato, e le nuove funzioni introdotte con le specifiche GPT-4, potrebbero rendere alcuni professionisti virtualmente non necessari.

Ma è davvero così? E, soprattutto, chi rischia?

Innanzitutto, è necessaria una doverosa premessa: al momento, fare delle previsioni potrebbe risultare alquanto azzardato. Allo stato attuale, le funzionalità di ChatGPT appaiono di certo molto avanzate, ma sembrano più un supporto al professionista che una sua sostituzione.

Manca ancora un approccio più squisitamente creativo o, ancora, quella capacità di problem solving più tipica degli umani.

Tuttavia, non è detto che la soluzione di OpenAI non possa acquisire queste caratteristiche con il passare dei mesi e, almeno a giudicare dall’evoluzione da novembre a oggi, anche con tempistiche relativamente veloci. Di seguito, qualche considerazione in merito.

ChatGPT: in quali ambiti si utilizza al momento
Prima di comprendere quali lavori ChatGPT potrà potenzialmente andare a rimpiazzare, è utile capire come lo strumento di OpenAI sia al momento utilizzato. I campi di applicazione sono i più disparati, così come già visto nei nostri precedenti articoli, tuttavia vi sono alcuni settori dove l’intelligenza artificiale si dimostra più efficace rispetto ad altri.

In particolare, l’intelligenza artificiale di OpenAI si sta rivelando particolarmente interessante per:

  • Blogging e giornalismo: ChatGPT si sta rivelando particolarmente abile nel produrre testi, anche particolarmente elaborati, sui più svariati temi. Sicuramente rappresenta una soluzione valida per il blogging, soprattutto su temi di ampio respiro come il settore travel o la tecnologia, mentre per il giornalismo in senso stretto – la cronaca, ad esempio, ma anche la politica – appare forse poco ingaggiante;
  • SEO: l’intelligenza artificiale conversazionale si sta rivelando anche molto capace non solo nel produrre testi in ottica SEO, ma anche nell’ottimizzare contenuti già realizzati e fornire consigli per migliorare la propria indicizzazione sui motori di ricerca;
  • Coding: lo strumento conosce diversi linguaggi di programmazione oppure web – da Javascript a C++ – e, con l’introduzione di GPT-4 sulla versione Plus, è ora in grado anche di utilizzare Swift UI. Questo vuol dire che, almeno virtualmente, l’assistente testuale può realizzare da zero applicazioni per iOS e iPadOS. Su Twitter sono circolati dei test decisamente promettenti anche se, in generale su tutta la programmazione, un controllo umano rimane necessario;
  • Marketing: ChatGPT può essere un valido alleato anche in svariate attività di marketing, dalla creazione di copy ingaggianti fino a fornire consigli per realizzare campagne d’impatto, con un’analisi decisamente attenta dei possibili target di riferimento. Ancora, può essere utile per monitorare e aggiustare le stesse campagne in corso d’opera;
  • UX Design: sebbene l’intelligenza artificiale di OpenAi non preveda particolari tool grafici, molti UX Designer la stanno utilizzando per definire i loro workflow o, ancora, come testing di interfacce e strumenti non ancora pronti per il grande pubblico. Ancora, si rivela utile anche per trovare ispirazione o, ancora, le si può chiedere di fare ricerche immagini secondo specifici criteri, rendendo così il lavoro più veloce;
  • Social media: similmente alle attività di blogging, ChatGPT può rappresentare una risorsa utile per completare o facilitare il lavoro dei social media manager. Ad esempio, può creare lanci ad effetto, suggerire gli hashtag più indicati in base all’argomento del contenuto che si può lanciare, monitorare le discussioni online, velocizzare la ricerca di influencer per future collaborazioni e molto altro ancora;
  • Traduzioni: grazie alla sua propensione per il linguaggio naturale, e alla capacità di adattarsi alle varie localizzazioni delle lingue, ChatGPT si sta rivelando anche un ottimo strumento per le traduzioni. Il risultato è di buona qualità, simile a quello di strumenti specificatamente pensati a questo scopo come Deepl, ma rimane comunque necessario un controllo umano;
  • Formazione: ChatGPT può rappresentare anche uno straordinario strumento per la formazione personale, poiché permette di creare lezioni da zero in base alle proprie specifiche modalità di apprendimento;
  • Consulenze legali: l’intelligenza artificiale può essere utile per ripescare leggi, normative e sentenze, velocizzando le ricerche. Al momento, non sembra però essere in grado di analizzare con troppa profondità l’interpretazione della legge, quindi non appare ancora particolarmente affidabile in questo campo. Rimane però utilissima proprio nella già citata fase di ricerca.

Come accennato poc’anzi, sono moltissimi gli ambiti in cui ChatGPT può operare con un discreto successo, di certo molti di più rispetto a quelli riportati in questa lista. Tuttavia, quelli proposti rimangono i settori dove lo strumento appare più versatile e preciso rispetto ad altri.

I rischi per i consulenti

Individuati gli ambiti dove ChatGPT tende molto ad avvicinarsi alle competenze umane, quali sono i rischi per i consulenti? Si è già detto in apertura come, almeno al momento, sia abbastanza difficile fare previsioni, poiché tutto dipende dalla direzione che l’intelligenza artificiale prenderà per la sua evoluzione autonoma, grazie al machine learning.

Tuttavia, sono già disponibili studi a riguardo. Innanzitutto, quali sono i professionisti e i consulenti che rischiano di più?

Le professioni non-tech maggiormente a rischio

Un primo studio relativo ai rischi professionali di ChatGPT arriva da uno studio congiunto condotto dall’Università di Princeton, l’Università della Pennsylvania e la New York University. Attraverso l’indice AIOE (Artificial Intelligence Occupational Exposure), i ricercatori hanno individuato una ventina di professioni e consulenze che rischiano più di altre:

  • Telemarketer e addetti di call center: al momento, tutti gli operatori di call center e gli addetti di telemarketing sembrano essere quelli che rischiano maggiormente con l’avvento delle intelligenze artificiali conversazionali. Questo perché già ora servizi come ChatGPT possono elaborare survey e analizzarne i risultati, l’unico requisito aggiuntivo è la sintetizzazione vocale;
  • Docenti: l’intelligenza artificiale, seppur non nell’immediato, potrebbe sostituire anche una lunga serie di docenti. Quelli maggiormente a rischio sembrano essere i professori di letteratura, i docenti di lingua straniera, gli insegnanti di storia e geografia, i professori di diritto e studi politici, i docenti di sociologia, quelli di filosofia e gli insegnanti di religione. Anche chi si occupa di materie maggiormente scientifiche non è esente da rischi, ma è molto più probabile in questo caso che servizi come ChatGPT rappresentino più un aiuto che un rimpiazzo;
  • Studi sociali: le intelligenze artificiali potrebbero in futuro soppiantare la figura del sociologo, poiché decisamente più abili e veloci nel raccogliere dati sociali ed economici e analizzarli;
  • Esperti di dati ed economisti: per la stessa ragione, ChatGPT e i servizi analoghi potrebbero rappresentare dei concorrenti professionali a chi si occupa di raccolta e analisi dei dati, così come agli economisti, proprio per la loro velocità e affidabilità nell’analisi e nell’interpretazione dei dati;
  • Traduttori e mediatori culturali: così come già spiegato, le intelligenze artificiali conversazionali si stanno rivelando molto capaci sul fronte della traduzione di testi, anche se al momento non sembrano rappresentare un’alternativa all’interpretariato in tempo reale. Ancora, potrebbero essere sempre più sfruttate nell’ambito della mediazione culturale;
  • Blogger e giornalisti: proprio per la capacità di produrre testi in modo autonomo, con un linguaggio corrente e un’ottima grammatica, strumenti come ChatGPT potrebbero presto soppiantare blogger e giornalisti. Sempre, così come spiegano gli esperti, riescano ad acquisire abilità più creative ed emozionali;
  • Addetti nel settore legale: l’intelligenza artificiale conversazionale non è ovviamente pronta – e forse non lo sarà mai – a rimpiazzare le attività di avvocati e giudici, dove le doti dialettiche e le capacità di interpretazione della legge rimangono fondamentali. Tuttavia, potrebbe rimpiazzare una serie di addetti e funzionari che oggi conducono attività aggiuntive: dagli stenografi in aula a chi trascrive e pubblica le sentenze, passando per molti altri professionisti ancora.

Le professioni digitali e tech maggiormente esposte

Arriva sempre dall’Università della Pennsylvenia, in collaborazione proprio con OpenAI, uno studio relativo alle professioni digitali che maggiormente risultano a rischio con l’avvento delle intelligenze artificiali conversazionali, proprio come ChatGPT. Fra le categorie più esposte, soprattutto sul fronte della consulenza, vi sono

  • Scrittori, autori e blogger: come già visto, è chi produce testi a rischiare maggiormente di essere sostituito da un’intelligenza artificiale. In particolare, potrebbero essere consulenti e professionisti freelance a farne maggiormente le spese o, in ogni caso, chi dispone di competenze più generaliste che settorializzate;
  • SEO: anche coloro che si occupano di SEO e altre attività volte all’ottimizzazione dei contenuti, per l’indicizzazione sui motori di ricerca, potrebbero subire il contraccolpo dell’avvento di questi strumenti. Soprattutto sul fronte dell’ottimizzazione di contenuti già esistenti, dove servizi come ChatGPT si rivelano già efficaci;
  • Designer di interfacce web e digitali: come già accennato, ChatGPT già oggi è in grado di gestire il workflow degli UX designer e non si esclude che, in futuro, possa essere in grado di sostenere una progettazione completamente da zero;
  • Ingegneri Blockchain: a sorpresa, poiché si tratta di competenze a dir poco specifiche, fra le professioni maggiormente a rischio emergono tutte quelle legate alla blockchain. Gli strumenti AI sembrano già oggi essere più che sufficientemente avanzati per sostituire l’intervento umano;
  • Programmatori: anche sul fronte della programmazione le intelligenze artificiali come ChatGPT potrebbero dare del filo da torcere ai professionisti. Ma, come già spiegato, al momento un controllo “umano” del codice rimane sempre necessario.

La soluzione: far diventare ChatGPT una propria competenza

Per quanto oggi le prospettive appaiono terrorizzanti, forse anche per colpa di certi enfatici titoli apparsi sulla stampa generalista, sulla salvezza di consulenti e professionisti non è detta ancora l’ultima parola. Perché, se di primo acchito ChatGPT può apparire come il loro rimpiazzo, nella realtà potrebbe diventare la chiave per arricchire il proprio monte di competenze e rendersi così più competitivi sul mercato.

L’era della job augmentation

Le stesse università che hanno condotto gli studi sulle professioni più a rischio hanno anche rivelato come, con un po’ di programmatica strategia, potrebbero davvero essere in pochi coloro che perderanno davvero la loro occupazione non appena questi strumenti di intelligenza artificiale si evolveranno ulteriormente.

La chiave per venirne a capo è quella di sfruttare ChatGPT, e gli altri servizi analoghi, come uno strumento di job augmentation: in altre parole, l’intelligenza artificiale diventa il mezzo per ampliare le proprie competenze e renderle più spendibili sul mercato.

Ai professionisti è infatti consigliato di integrare sin da subito l’intelligenza artificiale nelle loro attività quotidiane, ad esempio per eseguire i compiti di maggiore routine o, ancora, quelli che richiedono più tempo.

E recuperare tempo significa avere la possibilità non solo di affinare le competenze che non saranno mai ad appannaggio dell’intelligenza artificiale – come la creatività, le emozioni, l’analisi politica e sociale del comportamento umano più che delle abitudini delle persone – ma anche per specializzarsi sempre più, diventando così indispensabili.

Appare evidente come l’era che ci sta aprendo davanti agli occhi non si accontenterà più di lavoratori con competenze generiche, per questo il supporto di ChatGPT potrebbe rappresentare la soluzione per emergere dal mucchio.

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