L’importanza dei no e dei confini, al di là dell’entusiasmo
Il NO è sinonimo di crescita. Ma saper dire di no non è così facile. Imparare a dire no significa scegliere altrimenti sono gli altri a farlo per te.
Tempo fa riflettevo su come il NO sia effettivamente spesso sinonimo di crescita. Quando si è piccoli, i no che riceviamo ci aiutano a crescere; quando diventiamo grandi, i no che riusciamo a dire, dimostrano che siamo cresciuti. Ma saper dire di no non è così facile.
Dietro queste semplici parole, sì e no, c’è una grande responsabilità umana perché questi, come sostenuto dalla psicoterapeuta Barbara Florenzano:
Tracciano i confini fisici ed emotivi delle nostre relazioni e sono anche importanti elementi di contrattazione nei rapporti interpersonali.
Ho pensato così di portare il tema alla mia Coach, Gaia Corazza, per questo nostro ottavo incontro di auto-coaching condiviso attraverso la scrittura.
L’importanza di imparare a dire di no, nonostante l’entusiasmo
Q. Cara Gaia, condivido con te, una mia grande perplessità. Se è vero che saper dire di no, è una capacità che dobbiamo avere tutti per sopravvivere e crescere, vedo molto sfocato il confine con l’entusiasmo. Gli entusiasti, per definizione, sono “acrobati del possibile”, pronti a dire di sì e che si può. Ciò rende a mio avviso questa capacità più difficile per alcuni. Cosa ne pensi?
A. Cara Valentina di certo l’entusiasmo può rendere complesso mettere dei confini. Per riuscirci occorre diventare sempre più consapevoli del fatto che noi umani balliamo su una pista da ballo dove si presentano delle possibilità, ma dove incontriamo anche tanti limiti.
Siamo essere limitati: nel tempo e nello spazio, ed in più siamo vulnerabili. Accettare il limite e la vulnerabilità è l’inizio dell’espansione e della trasformazione; solo nel limite nasce la creatività, solo nel confinamento abbiamo l’occasione di incontrare noi stessi e di conoscerci, solo nel contatto con la nostra vulnerabilità profonda può sbocciare la compassione verso tutto ciò che è umano e quindi fragile.
Come ci ricorda Carl Rogers: “Il paradosso curioso è che quando accetto me stesso per quello che sono, allora posso cambiare“.
Q. Dal momento che dire di no fa prevalere i nostri bisogni e fa capire all’altro che siamo persone diverse con proprie esigenze da considerare e rispettare, lo vedo complesso anche per chi ha, più in generale, come driver una grande attenzione alle persone, per chi è guidato dall’altruismo e dalla generosità. Tu come la vedi?
A. Ricordo un bellissimo libro di F. Montuschi che ci parlava dell’aiuto agli altri tra solidarietà e inganni. Perché vogliamo aiutare gli altri? Per pacificare la nostra coscienza? Per dare un senso al nostro vivere? Per accrescere la nostra auto-immagine ed autostima? Per sentirci meno in colpa?
Le ragioni possono essere molteplici e dietro molte di queste ragioni può celarsi l’autoinganno. Aiutare gli altri è senza dubbio un modo potente per aiutare se stessi, il vero tema è da dove prende le mosse questa spinta altruistica; può prendere le mosse da una sorgente di energia pulita o da una sorgente di energia inquinante.
La sorgente più pulita che io conosca scaturisce proprio dall’essere gentili e compassionevoli con se stessi, non giudicanti, non colpevolizzanti, permettendo così alla naturale umana propensione ad abbracciare l’umanità tutta, di espandersi con grazia e gentilezza.
In fondo ciò che possiamo fare è aiutare gli altri ad apprendere come aiutare se stessi e per riuscirci dobbiamo essere di esempio facendo la stessa cosa.
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Q. Quali sono, a tuo avviso, delle domande guida che possono aiutarci a dire no?
A. Le domande sono davvero innumerevoli, le prime che mi vengono in mente sono:
- Cosa è davvero importante?
- Quale contributo voglio dare?
- A che cosa non sono disposta a rinunciare?
- Che cosa mi permette di diventare intera?
- Che cosa può fare la differenza?
- Come posso generare reale impatto?
- Cosa può succedere se dico sì?
- Cosa può accadere se dico no?
Q. Spesso gli entusiasti vivono di curiosità, sono appassionati, e cercano di conoscere e fare quante più cose per crescere. Parlando con te, però, riemerge l’importanza di mettere dei confini, atto molto vicino alla capacità di dire di no. Come possiamo conciliare, quindi, curiosità e confini?
A. Ci sono tanti tipi di curiosità: più mi espando nel mondo esterno meno avrò tempo per viaggiare all’interno di me stessa. Voglio essere una esploratrice dei mondi possibili che si celano dentro di me? Sono convinta che l’ascolto profondo di sé celi molteplici magie che tante volte non ci diamo il tempo di conoscere.
La vita è fatta di polarità, di diversità, di movimenti: esterno-interno, alto-basso, superficiale-profondo; la magia sta nella ricerca di equilibri possibili pur nella consapevolezza che saranno sempre instabili.
Q. Nonostante il coaching non si focalizzi sui perché, quanto sul come, ti chiedo di darci dei buoni motivi per sviluppare questa assertività, focalizzata sui no e sulla costruzione dei confini.
A. Perché la vita è fatta di scelte. Non decidere equivale comunque a lasciar decidere agli eventi, agli altri. Perché la vita si espande in base al coraggio che ci mettiamo nelle cose che facciamo ed alle responsabilità che ci prendiamo ogni giorno.
Essere responsabili significa decidere, e decidere implica necessariamente “tagliare”.
Q. Per chiudere, ti chiedo di consigliarci una citazione che possa ispirarci in quei difficili momenti in cui sarà indispensabile per noi dire di no e mettere dei confini.
A. Mi viene in mente questa straordinaria frase di Hasdai Ibn Shaprut (erudito ebreo del X secolo):
Se uno è crudele con se stesso, come possiamo aspettarci che sia compassionevole con gli altri?
Beh, mi sembra davvero un’ottima ragione per mettere qualche confine in più.
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