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L’HR nell’era Digitale: Social, Mobile & Connected

HR nell'era digitale

L’HR nell’era Digitale: Social, Mobile; Connected - SD

Un nuovo incontro con il mondo aziendale: breve intervista ad Alessia Di Giacomo, Balance & Partners Director.

Come si evolve il mondo aziendale e HR con la rivoluzione digitale

Q. Ciao Alessia, benvenuta in Spremute Digitali. Parliamo un po’ di rivoluzione digitale.
A.

La rivoluzione digitale riguarda le persone, non (soltanto) le tecnologie. Riguarda l’intelligenza emotiva, non (soltanto) quella artificiale

Questo è lo slogan con cui noi di Balance & Partners – società di consulenza manageriale specializzata in programmi di trasformazione digitale in ambito HR e organizzazione – abbiamo lanciato “HR…Let’s Make it Digital!”: un innovativo evento digitale con l’obiettivo preciso di sperimentare l’impatto che la Trasformazione Digitale sta generando nel mondo HR.
Manager HR di primarie aziende italiane e internazionali hanno “giocato con il digitale” e affrontato temi di profonda attualità quali Cultura Digitale, Priorità della Trasformazione per l’HR, e Social Professional Networks, guidati da esperti internazionali: Tom Bryant (Digital Leadership strategist), Fabio Troiani (Co-Founder e CEO di Business Integration Partners), Gianluigi Castelli (Direttore di DEVO Lab), Marcello Albergoni (Country Manager Italia di LinkedIn).
Q. Quali sono le principali sfide che il mondo HR si trova ad affrontare in questi anni?
A. La tecnologia è (soltanto) uno strumento e il digitale è un canale di comunicazione. Saranno le persone (che già comunicano in modalità digitale) a determinare il successo o il fallimento delle strategie aziendali nell’era digitale.
Di qui la centralità della funzione HR nel rispondere alla sfida lanciata alle organizzazioni in quest’epoca di cambiamento radicale: come potrà l’HR integrare il “lato umano della trasformazione digitale”?
Affrontando 5 sfide, di fronte alle quali si troverà a dover:

  1. Proporsi come agente di cambiamento per facilitare la trasformazione culturale verso il digitale all’interno delle organizzazioni;
  2. Promuovere una cultura organizzativa aperta, accessibile, condivisa, multidisciplinare e collaborativa;
  3. Abbandonare le rigide classificazioni gerarchiche e le declaratorie di ruoli e responsabilità per diventare “magmatica” e non convenzionale;
  4. Diventare Sociale, Mobile, Analitica, Agile e Connessa;
  5. Mostrarsi attrattiva per i nuovi talenti digitali – i Millennial – utilizzando come leva lo Smart Working, il reverse coaching e sistemi di valutazione e crescita professionale collegati ai risultati e completamente svincolati da orari di lavoro fissi e predefiniti

Q. Come possono quindi gli strumenti digitali attualmente a disposizione migliorare le strategie di sviluppo HR?
A. La portata degli impatti generati dagli strumenti digitali sulle strategie di sviluppo HR può essere straordinaria e provare ad elencare tutte le possibilità abilitate dalle nuove tecnologie sarebbe impossibile. I tre esempi di seguito possono dare un’idea:
Mobility – È oggi possibile lavorare da qualsiasi location avendo in qualsiasi momento accesso ad ogni tipo di informazione e in diretta connessione con chiunque, dovunque nel mondo. Luoghi fisici e orari di lavoro predefiniti? Nell’era digitale e dello Smart Working significano solo maggiori costi per le aziende e minore qualità della vita per i dipendenti.
Big Data – L’enorme quantità di dati disponibili in rete e totalmente accessibili consentono oggi alle organizzazioni di analizzare i profili individuali nel micro dettaglio in termini di preferenze, attitudini e conseguente rispondenza alle esigenze aziendali consentendo così modalità di talent scouting e recruiting mirate come mai prima.
Sharing Economy – L’impatto più potente che la Sharing Economy può avere nel mondo HR riguarda il mutamento radicale dei rapporti contrattuali con i dipendenti: “affittare” risorse piuttosto che “comprarle”. Cosa implica? Per le aziende, disporre di capitale umano se e quando necessario, per i dipendenti accedere a contrattazioni individuali economicamente vantaggiose per periodi di tempo predefiniti al fine di generare risultati concreti applicando competenze specifiche e professionalizzanti. Questo modello di “contracting” o “freelancing” è ad oggi molto utilizzato nei paesi anglosassoni e implica l’ottimizzazione dei costi lato azienda ed una più alta specializzazione in termini di competenze e qualità della vita per i dipendenti.
Q. Smart Working e innovazione digitale. Come possono aiutare le Risorse Umane ad avvicinarsi alla generazione dei Millennial?
A. Le aziende hanno oggi coscienza di non poter attrarre i nativi digitali utilizzando modalità che non appartengono al loro mondo. L’utilizzo delle tecnologie disponibili per affiliare le generazioni digitali è divenuto imprescindibile.
Lavoro in remoto, apprendimento a distanza, appartenenza a community, strumenti di digital engagement e knowledge sharing, gamification… sono solo alcune delle leve possibili, ma non basteranno se le aziende non implementeranno anche processi interni di riallineamento dei gap generazionali. Interventi di “reverse coaching” (o “two ways coaching”) dovranno essere utilizzati con l’obiettivo primario di colmare il divario tra generazioni diverse che dovranno convivere all’interno delle aziende nei prossimi 20 anni.
Q. È troppo presto per parlare della fine degli strumenti offline di Employer Branding a favore di quelli puramente digitali?
A. La domanda sarebbe da porre ai Millennial, ai quali andrebbe chiesto se ritengono attrattiva un’azienda che utilizza strumenti offline di Employer Branding. Cosa fanno le aziende considerate Top Employers dai Millennials? Amazon, Google, Yahoo utilizzano ancora strumenti di Employer Branding offline? Non in modalità massiva, sicuramente. Alcune di queste organizzazioni usano addirittura MeetUp o strumenti analoghi per gestire i recruiting day online. Probabilmente, quindi, anche gli open-air days di recruitment sono destinati a diventare ospiti abituali della rete.
Q. È giunto il momento di cambiare la valutazione di competenze, skill e meriti a favore di un modello basato sulle performance?
A. Il momento di basare la valutazione delle competenze e i percorsi di avanzamento professionale sulla performance è giunto da un pezzo, non si tratta certo di un’esigenza nuova o concomitante con l’arrivo della rivoluzione digitale. Cosa cambia dunque? Il livello di “urgenza” che oggi connota questo cambiamento di mentalità. I nativi digitali sono connessi al risultato immediato per loro stessa natura e cultura.
In aggiunta, le nuove modalità di lavoro remoto eliminano la possibilità di connettere la valutazione ad orari contrattuali predefiniti o a stretta supervisione gerarchica. Non resta dunque altra scelta se non quella di collegare la valutazione alla performance, espressa nella messa a terra da parte dei dipendenti di prodotti e risultati concreti e misurabili.
“HR…Let’s make it Digital!” ha consentito un proficuo scambio di idee, spunti innovativi e approfondimenti su temi chiave affinché l’HR possa diventare una funzione sempre più strategica nell’incorporare la Trasformazione Digitale all’interno delle organizzazioni.
È però emerso anche come le tecnologie ed i canali digitali non possano generare impatti positivi a meno che non siano gestiti in modo consapevole ed efficace.
Q. Sembra che oggi l’HR stia utilizzando la leva digitale al minimo del suo potenziale. Perché?
A. Perché l’utilizzo ottimale dei canali digitali viene abilitato soltanto da una radicale trasformazione culturale, che è la più cruciale delle sfide che l’HR si troverà ad affrontare per poter fronteggiare con successo questa nuova era digitale.
 
 
Articolo di Alberto Rossini -> Profilo linkedin
Smartworking, lavoro agile

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