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Gig Economy: evoluzione della normativa

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Cresce nell’opinione pubblica e negli addetti al settore l’attenzione verso il fenomeno della gig economy e dei platform workers.
Il contesto è caratterizzato dall’avvento delle tecnologie che impattano in modo notevole sul campo del lavoro anche attraverso labour platform, ovvero un luogo telematico raggiungibile mediante la rete, dove ciascun prestatore può essere in qualsiasi momento contattato da un soggetto interessato al servizio; alla ribalta della cronaca inizialmente è salita la piattaforma Uber.
La normativa Italiana ha quindi iniziato a ricercare il corretto inquadramento dei lavoratori della piattaforma nell’attuale regolamentazione: primo tentativo concreto, la proposta di legge Ichino.

La Gig Economy: cosa era e cos’è oggi

Presentata in data 5 Ottobre 2017 al Senato, la proposta di legge Ichino ha provato a dare una prima nozione di lavoro svolto attraverso piattaforme:

“l’attività svolta da prestatori di lavoro autonomo che, non essendo iscritti ad albi o ordini professionali e non essendo assoggettati a un regime di previdenza obbligatoria, offrono i propri servizi in rete mediante appositi siti specializzati e applicazioni, rispondendo di volta in volta alle richieste di servizi provenienti da uno o più committenti”.

Tale proposta tendeva alla creazione di un tertium genus tra lavoro autonomo e lavoro subordinato con il compenso attribuito che doveva rispondere ai criteri di uno standard minimo sul quale non sarebbero state applicate le ritenute calcolate e versate poi in modo autonomo dal lavoratore.
Come è noto, tale proposta è rimasta nel Parlamento senza mai essere trasformata in legge, con nel frattempo le elezioni politiche che hanno rivoluzionato i rami del Parlamento ed i riferimenti in materia lavoro.

Lo sviluppo delle piattaforme di food delivery

Nel frattempo lo sviluppo delle piattaforme è continuato con grande interesse verso quelle di consegna a domicilio di cibo, tra le quali possiamo ricordare Foodora, Deliveroo e Just Eat. Le linee seguite dalle diverse aziende sono state differenti, sia dal punto di vista organizzativo che di inquadramento contrattuale.
A questo forte sviluppo sono seguite anche proteste per le condizioni dei lavoratori culminate con causa e relativa sentenza del 7 Maggio 2018. Ma la sentenza emessa dal Tribunale di Torino (Sentenza n. 778), riguardante lavoratori della piattaforma Foodora, ha affermato che nei confronti degli stessi non sussisteva subordinazione ed ha ritenuto corretto l’inquadramento come collaboratori coordinati e continuativi.
I lavoratori, infatti, avevano la facoltà e non l’obbligo, di dare la propria disponibilità per uno dei turni indicati da Foodora sulla piattaforma; ed in caso di assenza, anche alcuna comunicazione preventiva, non costituiva in alcun modo inadempimento della prestazione lavorativa e non erano quindi soggetti al potere disciplinare della società.
In realtà la questione non è neppure così innovativa; la Cassazione degli anni ’90 aveva affrontato il caso dei Pony Express affermando che proprio la non obbligatorietà della prestazione lavorativa escludeva alla radice la subordinazione (Cass. 7608/1991 e 811/1993).


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La Carta dei Valori del settore Food Delivery

Nel frattempo, il 29 Giugno 2018, alcune aziende del settore Food Delivery (Foodora, Foodracers, Moovenda e Prestofood) hanno siglato una Carta dei Valori che fissa alcuni punti in merito a contratto, contributi e compenso dei lavoratori delle piattaforme:

  • Contrattualizzazione con contratti di collaborazione coordinata e continuativa che prevedono copertura assicurativa INAIL in caso di infortunio sul lavoro, della quale le aziende si faranno interamente carico, e tutele INPS.
  • Assicurazione integrativa per la copertura di eventuali danni a terzi.
  • Compenso equo ed adeguato, con una base oraria, e una componente variabile in relazione al numero di consegne.
  • Informazione continua sulle tematiche relative alla sicurezza sul lavoro e sul rispetto del codice della strada.
  • Fornitura di dispositivi per la sicurezza individuale ed agevolazioni per il mantenimento dei mezzi utilizzati.
  • Nessun algoritmo reputazionale o ranking.

Tale gesto precede di pochi giorni l’avvio del tavolo di lavoro con il Ministro del Lavoro Di Maio utile, secondo le dichiarazioni, alla creazione di una contrattazione collettiva per i lavoratori della gig economy.

La speciale disciplina per i rider

In senso nettamente opposto va però la firma del 18 Luglio 2018 di un accordo per il settore Trasporto e Logistica che prevede una speciale disciplina per i rider; secondo tale accordo i rider hanno parametri propri, con orario di lavoro flessibile con impossibilità del pagamento a cottimo (quindi a consegna). Viene inoltre previsto che le aziende possono usare le app degli smartphone per organizzare i viaggi, ma proibisce il cosiddetto “ranking reputazionale” di ciascun lavoratore.
Quindi tutele e regole dei lavoratori subordinati di difficile applicazione per le aziende che sino ad oggi hanno attuato una modalità che, come abbiamo visto precedentemente, si slega dalla canonica forma di lavoro dipendente.
Difatti non sarà la mansione svolta a confermare l’applicabilità della nuova parte del CCNL Logistica, ma le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa.
Una via per la regolamentazione potrà essere invece quella indicata dal comma 2 dell’art. 2 del D.Lgs 81/2015, il quale prevede la possibilità di regolamentare a livello economico e normativo le collaborazioni con accordi collettivi nazionali stipulati da organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore.


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