Formazione o intrattenimento, quale direzione?
Formazione o intrattenimento nel contesto ibrido? Come fare formazione per mantenere alta l'attenzione quando si è dietro a uno schermo?
Sono tanti mesi che la formazione, come ogni aspetto della nostra vita, ha preso una forma diversa. In questo caso la forma di uno schermo, uno schermo che rilascia immagini sempre note, già viste, tant’è vero che in ogni scatto in aula virtuale sembra che ognuno di noi possa essere presente.
Manca la diversità, fatta di tutti quegli elementi che ogni docente sa quanto influenzino e quanto impatto abbiano in uno scambio formativo, primo fra tutti la dinamica della comunicazione non verbale, che permette di cogliere i segnali deboli e meno evidenti. Eppure stiamo andando avanti, non sempre facendoci domande importanti. Facciamo formazione, ma come la facciamo?
Articolo scritto in collaborazione con Valentina Marini
Come fare formazione, ora, in un contesto ibrido?
Ogni formatore si è trovato a rimettersi in gioco per trovare nuove modalità e strumenti per tenere alta l’attenzione dei partecipanti, quella “nuova moneta” sempre più difficile da trattenere tra continue e-mail, messaggi sul telefono, ingressi esterni, mancanza di copertura di rete.
Chi non mette il video, chi tiene acceso sempre il microfono, chi lo sguardo lo dedica palesemente ad altro. Chi si inquadra solo la fronte, chi condivide un momento di imbarazzo al posto della slide, chi rinuncia alla suddivisione in stanze perché le funzionalità sono diverse in ogni piattaforma e non si giunge mai ad una totale padronanza.
Tra varie difficoltà, docenti e partecipanti ai corsi se la sono cavata alla meglio rispetto al loro iniziale mindset in questa Digital Transformation.
Abbiamo fatto tutti degli enormi passi avanti, ci siamo messi in gioco con le consapevolezze più disparate, ma a questo punto è fondamentale porsi delle domande, in primis quella che ci induce a riflettere su dove siamo ora e, soprattutto, se abbiamo compreso cosa ci aiuta a distanza.
Perché disegnare l’ibrido significa anche questo, mettere tutto in discussione con l’obiettivo di trattenere il bello del nuovo e non buttare ciò che funzionava prima della grande R-Evoluzione forzata.
Ciò che fa la differenza nella formazione, a distanza e non
Per noi, che ci occupiamo di formazione da diversi anni, ciò che ha sempre fatto la differenza, rendendo “memorabile” un momento formativo, oltre ovviamente al contenuto di valore (che diamo per scontato altrimenti parleremmo di nulla), è stata la grande concentrazione dedicata all’intrattenimento. Lo strumento empatico, che permette di avere la cosa più importante: l’engagement.
Considerare le curve dell’attenzione, pensare alle preferenze, sperimentare e implementare le novità, cercare di andare oltre e/o di stupire, far emozionare.
Treccani definisce l’intrattenimento, letteralmente, come l’azione di intrattenere piacevolmente qualcuno e l’effetto che ne risulta. In questa definizione c’è la distintività del divertimento. E quanto è importante il divertimento nella formazione, specialmente quella da remoto?
Divertire significa “sollevare l’animo dalle fatiche del lavoro e ad allontanare il pensiero dalle preoccupazioni quotidiane” e in un contesto ibrido dove facciamo formazione a persone che tendono a fare altre mille cose, nell’illusione del frainteso multi-tasking che in realtà è switch-tasking – ossia l’impegno della stessa parte del cervello per fare più cose (e questo non possiamo farlo), sicuramente “sollevare” è la vera grande sfida del docente.
La formazione va organizzata come un evento, uno spettacolo capace di creare emozioni
Ogni modulo formativo si trasforma in evento, in uno spettacolo: la formazione va pensata e organizzata con abilità, studiando le necessità dei partecipanti, creando emozione e suscitando la voglia di sentirsi protagonisti e non solo partecipanti. Stimolare partecipazione e coinvolgimento è la sfida del formatore che deve possedere la capacità di “arrivare oltre lo schermo“, di “bucarlo”, manifestando competenze che vanno al di là del contenuto (regola principe) ma che abbracciano varie intelligenze: emotive, visivo-spaziali, musicali, ludiche, interpersonali.
Una volta una stimata professionista, Luciana De Laurentiis, ci ha fatto riflettere su come in passato la formazione si facesse in contesti molto lontani dalle sedi aziendali, con rarissime eccezioni di intrusioni esterne. Con l’avvento della tecnologia questo è cambiato, abbiamo iniziato ad avere persone sempre reperibili, con e-mail urgenti o riunioni sopraggiunte.
E con la pandemia? A tratti la formazione appare completamente immersa nell’ufficio virtuale, minando il campo dell’apprendimento.
Questa non vuole essere una critica a ciò che viviamo ma un’osservazione dello scenario fra rischi e opportunità. Una riflessione tra le tante, per non banalizzare un tema caldo e importante, ma per valorizzare un elemento chiave che potrebbe aiutare docenti e partecipanti.
Ovviamente, come con lo storytelling, per essere efficace ognuno deve cucire su di sé, rispetto alla propria personalità e agli strumenti preferiti, il suo stile. Ma, forse, in questa dimensione sempre più a forma di schermo, dalle facili associazioni alla TV, tutte le persone che hanno il compito di trasmettere un messaggio, un contenuto, una conoscenza, una competenza hanno bisogno di avvicinarsi al mondo dell’intrattenimento e cercare di capire se e cosa mettere nella propria cassetta degli attrezzi.
Perché dall’altra parte ci sono persone sedute ore, in uno schermo sempre uguale, che fanno questo tra tante cose.
Gli elementi per costruire una formazione efficace
Quali possono essere gli elementi per costruire una formazione efficace ed empatica, mediata da strumenti che devono aiutare ad avvicinarsi ai partecipanti – attori protagonisti?
Le parole chiave sono essenzialmente tre: divertimento, fluidità e originalità.
Impossibile immaginare oggi una formazione con moduli lunghi che non facilitano la soglia dell’attenzione e dove non siano inseriti elementi ludici e inaspettati. Importante lavorare anche sul tono di voce, sulle frequenze delle onde emesse dalle nostre parole, sul registro comunicativo utilizzato.
In sintesi: serve come sempre formazione pragmatica, concreta, immediatamente spendibile, ma oggi il docente deve farsi contaminare da altri mondi per rivedere tempi, materiali e toni. Basta limitare il discorso alla piattaforma, quella ovviamente deve essere ben scelta sulla base delle esigenze e deve funzionare.
Ci sono quelle più “simpatiche” e quelle più “critiche”, ma non facciamo che questo diventi l’alibi per non cambiare: la differenza quella vera, da remoto, come sempre la fa il docente, che deve assolutamente ripensare la formazione tenendo ben presente che l’aula virtuale è un palco di prova in cui i protagonisti (spett-attori), al termine dello “spettacolo”, possano lasciare il “teatro” avendo acquisito i fondamentali, divertiti e con la voglia di darsi appuntamento alla prossima puntata o di portare d’ora in poi con loro anche solo un minuscolo pezzetto di quello che hanno vissuto.
Dimmi e io dimentico; mostrami e io ricordo, coinvolgimi e io imparo
Giada Susca e Valentina Marini
Formazione o intrattenimento, quale direzione?