No community. No Open Innovation.
L’Open Innovation è uno degli argomenti mainstream su cui le aziende moderne stanno costruendo le strategie di sviluppo e, in molti casi, quelle di comunicazione. C’è differenza tra “parlare di innovazione” e “fare innovazione”. Ma come possono coesistere le due azioni? Come possiamo fare innovazione e parlarne allo stesso tempo?
In questo articolo ti condivido il mio punto di vista e qualche suggerimento su come metter solide basi per fare innovazione.
Open Innovation: oltre la ricerca e sviluppo
Partiamo dal presupposto che l’innovazione va oltre la tradizionale ricerca e sviluppo. Avevamo affrontato questo concetto qualche anno fa grazie a un contributo del mio amico e socio in Seedble, Alfredo Valentino, PhD e professore associato in International Business alla ESCE di Parigi che puoi trovare qui: Open Innovation: di cosa parliamo?.
Oggi i perimetri di innovazione si ampliano. Spesso – e volentieri – questi sono poco ben definiti per facilitare l’aggregazione di idee e persone. Aziende lanciano hackathon e call for ideas, creano Innovation center o laboratori creativi, investono in startup o le acquisiscono. Ci sono tanti modi per fare innovazione. Bisogna però comprendere che l’innovazione non è qualcosa stand alone che ha un inizio e una fine. Non è il lancio di un prodotto. È un percorso continuo che l’intera organizzazione affronta seguendo una serie di step, tecniche e metodologie.
DATI
Una ricerca condotta nel 2017 da Altimeter ha analizzato le diverse tipologie di investimenti in innovazione di un campione di aziende che include Tesla, Google, Twitter, Airbnb, Uber e altre di spessore internazionale.
I risultati mostrano uno scenario molto vario. Il 55,9% ha un Innovation Lab interno con delle risorse dedicate. Il 52,7% sta costruendo una cultura dell’innovazione internamente. Il 37,5% ha creato “hot spots” dedicati all’innovazione nei principali contesti tech, il 19,7% ha una branch dedicata al Venture Capital per investire in fondi e startup. Il 6,6% ha un team innovation che regolarmente esplora opportunità di innovazione mentre solo 1% non ha una struttura per gli investimenti in innovazione.
Due cose importanti: imparare ad apprendere e far leva sulla community
Questo è il leit motiv dietro un qualsiasi percorso di Open Innovation.
Nella mia esperienza – che sia stato coinvolto in progetti con impatto sui modelli organizzativi o con impatto sulle strategie di business – la variabile “innovazione” è stata sempre una costante. In ogni situazione gli elementi che hanno contraddistinto l’approccio sono stati l’apprendimento e la community.
L’apprendimento nasce dalla necessità di comprendere dove e come innovare, ancor prima di puntare su una specifica tecnologia. L’apprendimento è efficace quando però mostriamo curiosità e apertura mentale, predisposizione all’ascolto, volontà di studio e capacità di analisi. Insomma si tratta di avere sin da subito un quadro chiaro circa i perimetri di innovazione.
In questi casi non è necessario “inventarsi la ruota” per raccogliere queste informazioni. Si procede con survey, focus group e analisi di contesto coadiuvati da esperti e aziende che conoscono bene le dinamiche all’origine di un percorso di Open Innovation.
Merita, invece, maggior argomentazione la community, altrimenti definita come la linfa vitale da cui attingere know how, idee, competenze ed esperienze per progettare, creare e diffondere innovazione.
Partiamo da un classico. La tua azienda si trova ad affrontare la quotidiana sfida del distinguersi sul mercato. Può farlo in due modi: investire in comunicazione oppure rivedere la propria offerta di valore. Nel primo caso deve aver chiaro cosa comunicare e come e – molto raramente – si ha questa consapevolezza, quindi concentriamo la nostra attenzione sul secondo caso.
Supponiamo che si vada per la creazione di un nuovo prodotto, più bello, più solido, più funzionale… Più tutto. Cosa fare? Ti rivolgi al tuo team di lavoro e con l’aiuto di un consulente esterno esperto di marketing cerchi disperatamente la formula magica di questo nuovo prodotto. Oppure ti rivolgi a una community di persone che rappresentano il tuo cliente tipo e inizi a testare con loro il prodotto con il fine di raccogliere idee, progetti e metterli in contatto con il tuo team di lavoro, incluso il tuo consulente esterno esperto di marketing?
Queste persone sono gli early adopters, gli innovatori, coloro i quali ti permettono di misurare subito il mercato.
Secondo te quale funziona meglio? Coinvolgere una community ti aiuta ad accorciare i tempi di rilascio di un prodotto, ridurre i costi di ricerca e sviluppo ma, soprattutto, capire subito se ciò che stai mettendo sul mercato incontri pareri positivi oppure no.
Hai mai sentito parlare di crowdsourcing? Credo proprio di si. La possibilità di raccogliere stimoli, competenze e progetti da una community (crowd = folla; sourcing: azione del raccogliere) è il principio su cui si fonda l’Open innovation. Un caso interessante (Local Motors) è stato raccontato in un recente articolo che puoi trovare qui.
Bene e fin qui ci siamo. Ciò che però dobbiamo tenere in considerazione perché fondamentale è comprendere la customer experience, valutare i vari customer journey, disegnare la user experience, definire le buyer personas e tutto ciò che ti serve per lanciare un prodotto/servizio.
La community, ossia un gruppo di appassionati, esperti, innovatori, curiosi, clienti e non clienti, spesso la diamo per scontata. Perché queste persone dovrebbero testare o acquistare il nostro prodotto? Chi lo dice che sono “desiderosi di farlo”? I libri? Gli articoli degli esperti? Gli altri? Cosa facciamo realmente per costruire una community? La verità è che spesso dimentichiamo di lavorare alla community.
Esistono tanti contributi su come creare e ingaggiare una community. Consiglio di leggere un libro di Peter Diamandis “BOLD How to Go Big, Achieve Success, and Impact the World“. Lettura che merita!
In Seedble stiamo sperimentando diversi approcci all’innovazione e – soprattutto sulla base della nostra esperienza (parlo di successi e insuccessi) – abbiamo maturato un concetto tanto semplice (e risaputo) quanto chiaro: per fare innovazione dirompente bisogna apportare idee, suggerimenti e opportunità da più “gate di accesso”.
Questo approccio l’abbiamo sintetizzato nell’acronimo BOLD: “Bring opportunities to lead disruption”. Niente di particolarmente nuovo. Abbiamo solo semplificato un approccio all’innovazione che deve far leva sulla ricerca e raccolta di opportunità per raggiungere qualcosa di dirompente. Qualcosa di realmente innovativo, fuori dai tuoi radar.
Più ti concentri sulla community, più hai la possibilità di far la differenza. Finalmente possiamo ragionare, pensare, realizzare qualcosa “out of the box”.
Per impostare l’innovazione in azienda ti consiglio di leggere questi contributi:
> Un framework per condurre l’innovazione in azienda
> Esiste una formula magica per l’innovazione?
> La cultura dell’innovazione è nelle mani delle persone giuste?
No community. No Open Innovation.