Corporate Innovation

Export: un volano per la crescita ma con attenzione

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Oggi, più di prima, la parola internazionalizzazione è sulla bocca di tutti. In qualsiasi convegno, workshop, articolo si parla degli innumerevoli vantaggi di andare all’estero, di commercializzare con imprese estere e/o di realizzare direttamente investimenti esteri. In realtà, più che di una scelta e/o opzione strategica, si tratta ormai di una vera e propria necessità.
I mercati domestici diventano sempre più saturi e, soprattutto, le piccole e medie imprese (PMI) se non vogliono essere fagocitate dalle grandi devono iniziare a pensare internazionale, se non addirittura globale.
Nonostante le mille difficoltà, le PMI hanno capito di dover adottare approcci sempre più internazionali e stanno implementando politiche in tal senso. Ecco, a supporto un interessantissimo studio condotto da UPS sulle PMI europee, che vi consiglio vivamente di leggere. Lo studio analizza nel dettaglio l’impatto dell’export sulla crescita delle PMI di sette Paesi europei: Italia, Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi, Polonia, e Regno Unito.
Nonostante la crisi economica, le PMI, che in questi ultimi anni hanno esportato, registrano performance migliori rispetto a quelle che si sono focalizzate esclusivamente sul mercato domestico. Si riscontra, quindi, una relazione positiva tra export e crescita aziendale (misurata in termini di fatturato). Detta in parole più semplici, l’export permette di ridurre gli effetti negativi generati dalla crisi. Tuttavia, dallo studio l’Italia risulta andare controtendenza. È il Paese con il più basso quantitativo di imprese esportatrici che hanno incrementato il fatturato negli ultimi anni (solo l’8%). Secondo lo studio, la causa principale sarebbe da addebitare alla nostra incapacità di sfruttare l’e-commerce. Come spesso accade, non reagiamo positivamente ai cambiamenti e nella maggior parte dei casi li subiamo passivamente. Prima di reagire abbiamo sempre bisogno di essere spronati.
Beh…. Credo sia arrivato il momento di svegliarci. Abbiamo tutte le carte in regola per poter competere a livello globale, perché non sfruttarle? Le nostre PMI sono un patrimonio per tutto il Paese, realizzano prodotti qualitativamente invidiati e richiesti in ogni parte del mondo. Allora perché a volte falliamo a posizionarci sui mercati esteri anche e soltanto attraverso esportazioni? Nel corso delle mie indagini, spesso parlo con gli imprenditori e il fallimento delle loro attività estere è da ricondurre ad errori comportamentali e/o di valutazione. Di seguito, vi riporto alcuni di essi.

Esporto un prodotto italiano, quindi avrò inevitabilmente successo

Come detto precedentemente, i prodotti italiani vengono considerati un must, soprattutto in alcuni settori come l’alimentare, la moda, e il manifatturiero in generale. L’essere italiano, il Made in Italy è già di per sé un certificato di qualità, una garanzia, però attenzione da solo non basta!!! Senza un’accurata e dettagliata strategia non si può essere vincenti in mercati nuovi, che non conosciamo direttamente.

Non conduco indagini dettagliate sul consumatore estero, perché ho un prodotto vincentein Italia, nel mio mercato domestico.

È vero che a seguito della globalizzazione si è avuta una maggiore convergenza dei gusti e delle preferenze dei consumatori, ma bisogna stare attenti!!! Questo non significa che le specificità locali siano state del tutto accantonate, anzi in questi periodi vengono maggiormente esaltate. Bisogna accuratamente studiare il consumatore estero, specialmente se si desidera entrare in mercati culturalmente e etnicamente differenti dal nostro. Condurre adeguate analisi di mercato ci permette di avere approfondite informazioni sia sui nostri potenziali target di consumatori sia sull’offerta della concorrenza.

Il mercato italiano è saturo, molti miei competitors locali hanno iniziato ad esportare, ci provo anche io.

L’effetto bandwagon, come viene definito in letteratura, che consiste nell’implementare una determinata decisione strategica per seguire un competitor, un cliente o qualsiasi altro stakeholder, è uno dei fattori trainanti l’internazionalizzazione delle imprese. Però, attenzione…Internazionalizzarsi non è come acquistare un biglietto della lotteria e sperare che i nostri numeri siano vincenti. Sicuramente può essere il risultato di un processo di apprendimento trial & error, ma ogni trial ha un costo e anche considerevole (meglio minimizzare gli errors). Non si può decidere di andare all’estero, seppur nella maniera più semplice tramite esportazioni, senza aver prima redatto un piano strategico accurato con chiara individuazione/studio dei Paesi target.

Vado all’estero e vedo cosa succede, anche se non ho una capacità produttiva tale da soddisfare aumenti di domanda.

Una delle principali cause di insuccesso all’estero delle nostre imprese è legata alla mancanza di un’adeguata massa critica. Spesso le nostre imprese sopravvalutano le loro capacità produttive e credono di poter soddisfare qualsiasi richiesta. Anzi la crescita della domanda è considerata positivamente perché direttamente traducibile in maggior fatturato. Sicuramente, ma l’incapacità di soddisfare una domanda crescente genera un ritorno d’immagine estremamente negativo che può pregiudicare completamente la presenza dell’impresa in un determinato Paese.

Meglio andare all’estero da solo che in compagnia.

Questo punto è strettamente legato al precedente. Lo so sembra assurdo ma è purtroppo vero. I nostri imprenditori sono troppo spesso attratti dal guadagno facile e di breve periodo. Il mordi e fuggi è considerato più remunerativo del porre in essere azioni più durature. Inoltre, sono sempre più individualisti. Vedono il loro vicino di casa più come una minaccia che come un’opportunità. In un mercato competitivo dove la dimensione conta, è difficile poter competere da soli. Partnership e collaborazioni possono essere soluzioni vincenti per le PMI così da poter raggiungere quella dimensione critica per competere a livello internazionale.

Utilizzo eventi internazionali per farmi conoscere poi spedisco dall’Italia.

Sicuramente le fiere possono essere un utile strumento per approcciarsi con il consumatore estero. Partecipare ad eventi internazionali (ad esempio l’EXPO) può essere una vetrina, però da sola può non bastare. Il cliente estero deve essere coccolato, seguito, così come si fa con il cliente italiano. C’è bisogno di creare un’offerta specifica e di permettergli di poter acquistare sempre e in qualsiasi situazione. Ecco che ritorna il discorso sull’importanza dell’e-commerce della ricerca UPS. Inoltre, molte nostre imprese non hanno un sito internet, oppure hanno un sito mal realizzato e incomprensibile o ancora peggio è soltanto in italiano. Lo so sembra irreale, ma purtroppo è così…
Ovviamente, c’è un discorso legato alle competenze manageriali da dover fare, che approfondirò in un articolo futuro. Io comunque sono fiducioso. Abbiamo delle ottime e forti PMI. Ora non ci resta che rivedere le nostre strategie di export e se ancora non le abbiamo iniziare a pensarci. Mi raccomando, però, non commettete sempre i soliti errori, perché, come si dice, sbagliare è umano… perseverare è…

Export: un volano per la crescita ma con attenzione

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