Corporate Innovation

Open Innovation e Users Innovation: ecco perché non sono la stessa cosa

differenza tra open innovatin e user innovation

Qual è la grande differenza metodologica tra Open Innovation e User Innovation? È tutta una questione di protagonisti.

Open Innovation e User Innovation: facciamo il punto su questi due modelli. Quando sono nati, come si esprimono nei sistemi di business contemporanei e quali sono le ragioni per cui non possono essere sovrapposti e quali sono le differenze.

Creatività, idee, relazioni personali: il paradigma dell’innovazione aperta.
Qual è la differenza tra Open innovation e User Innovation, i due modelli di innovazione aziendale?

Cos’è l’Open Innovation?

L’innovazione aperta è un nuovo approccio strategico e culturale in base al quale le imprese, per creare più valore e competere meglio sul mercato, scelgono di ricorrere non più e non soltanto a strumenti e risorse interne, ma anche a idee, soluzioni, modelli e competenze tecnologiche che arrivano dall’esterno.

Questo nuovo approccio all’innovazione comporta una revisione dei processi aziendali e dei profili lavorativi nell’ambito di una mutata cultura interna.

Henry Chesbrough, The era of open Innovation, Mit Sloan Management Review Spring, 2003 

Secondo questo modello di innovazione aperta individuato dall’economista californiano Henry Chesbrough, cui si deve la nascita dell’espressione Open Innovation, le aziende si rivolgono, in maniera sempre più mirata e strutturata, a risorse professionali esterne a quelle in house per la ricerca e lo sviluppo di nuove soluzioni da presentare al proprio mercato di riferimento, e progredire nelle proprie competenze tecnologiche. 

Rivoluzione Culturale? Indubbiamente sì

Il modello dell’Open Innovation, infatti, è nato in un contesto sociale segnato da continue scoperte tecnologiche, come quello dell’ultimo ventennio, e si è sviluppato intorno all’idea per cui nessuna azienda o organizzazione, per quanto solida e autorevole sugli scenari internazionali, abbia in esclusiva gli strumenti necessari per fare innovazione, ma conoscenze utili e top skills appartengono a tutte le reti sociali, in maniera diffusa e dinamica.

In questa ottica, quello dell’Open Innovation è un processo di “informazione distribuita” che concettualmente si oppone al più comune modello di integrazione verticale, per cui prodotti e nuovi servizi vengono realizzati solo all’interno del perimetro aziendale, superando sempre più velocemente i confini delle imprese, con l’apertura del processo di innovazione al mondo esterno.  

In questo studio per la Commissione ITRE, Direzione Generale per le Politiche Interne, Parlamento Europeo, del 2015, Dario Tamburrano spiega in maniera efficace questo concetto: 

Quello dell’Open Innovation è un concetto relativamente recente, che rappresenta un nuovo paradigma dato dal modo in cui le aziende commercializzano la conoscenza industriale.

All’inizio l’Open Innovation era inteso come un concetto con un potenziale per tutti i settori dell’economia, come una strategia di innovazione industriale e un modello di business non solo relativo a Ricerca e Sviluppo e all’high-tech.

In generale, l’Open Innovation ha un approccio verso l’innovazione più partecipativo e decentralizzato rispetto al modello tradizionale di innovazione chiusa. Più l’Open Innovation è adottata con successo dalle imprese o da altri soggetti, più questo ridefinisce e modifica i sistemi di innovazione regionali esistenti.

Dario Tamburrano
Innovazione e digitalizzazione
Innovazione e digitalizzazione, la base dell’Open innovation, ma non solo.

Cosa ci dicono le Ricerche di Mercato

Secondo le più recenti ricerche basate sulla Community Innovation Survey nel settore industriale europeo, su 489 progetti presentati, quelli che hanno previsto una significativa collaborazione con i moduli dell’Open Innovation hanno ottenuto un ritorno finanziario migliore rispetto ai progetti che non lo hanno fatto, dimostrando che le imprese che ricorrono in misura maggiore a fonti di conoscenza esterne ottengono prestazioni di innovazione migliori, a parità degli altri fattori, di quelle che lo fanno meno spesso.

In sintesi: le aziende che sfruttano strategie di open innovation ottengono risultati di innovazione più promettenti. Siamo di fronte a un fenomeno che cresce velocemente, e in maniera rapida e globale, grazie ai continui progressi nelle tecnologie informatiche e nei sistemi di comunicazione. Sta diventando sia un importante rivale che un’importante materia prima per l’innovazione incentrata sul produttore in molti campi.


Approfondisci l’argomento, scopri come disegnare modelli di open innovation.


Cos’è la User Innovation: lo scenario competitivo

Sebbene si parli di Open Innovation come modello di business applicabile in contesti diversi dalla Ricerca da più di vent’anni, la sua integrazione pratica all’interno delle meccaniche aziendali fatica ancora a decollare. In parte perché il paradigma dell’innovazione tradizionale è ancora fortemente radicato e condizionato dai contesti sociali, in parte perché l’approccio ispirato all’Open Innovation porta con sé anche complessità e rischi (complessità nei processi di integrazione, tempistiche più lunghe, possibile aumento dei costi per la gestione del coordinamento delle risorse).

Ai tanti esempi di successo di imprese che sono riuscite a innovarsi grazie alle dinamiche dell’Open Innovation, da Amazon a Procter & Gamble, da Siemens a Ducati, infatti, si accompagnano altrettanti casi di criticità e difficoltà proprio legate alla combinazione di costi, tempi e rischi.

Ed è in questo contesto che è nato e si sta sviluppando un approccio alternativo che punta il più possibile a fare saving: parliamo di User Innovation.

Von Hippel, docente di innovazione tecnologica presso la MIT Sloan School of Management e professore nella divisione Engineering Systems del MIT, prova a spiegarlo, in questo contributo, con un esempio molto interessante: 

La visione tradizionale di processo di innovazione del prodotto è imperfetta. In essa, le aziende ottengono troppo credito per l’innovazione di prodotto, e gli utenti ne ottengono troppo poco.

Ad esempio, Boeing è un produttore di aeroplani, ma è anche un utilizzatore di macchine utensili. Se si esaminassero le innovazioni sviluppate da Boeing per gli aeroplani che vende, in quel caso Boeing sarebbe un produttore-innovatore.

Ma se si prendessero in considerazione le innovazioni nei macchinari per la formatura dei metalli sviluppati da Boeing per l’uso interno nella costruzione di aeroplani, queste sarebbero classificate come innovazioni sviluppate dagli utenti e, di conseguenza, Boeing sarebbe un esempio di innovazione user- made.

Von Hippel
Brainstorming, relazioni sociali, team building - open innovation e user innovation quali differenze
Le relazioni sociali e la contaminazione portano a una maggiore innovazione, soprattutto se cercate all’esterno.

L’innovazione è molto più che creatività: è un processo “distruttivo

Secondo quanto delineato da Von Hippel, molto più spesso di quanto si pensi, le idee per sviluppare nuovi prodotti o migliorare quelli esistenti nascono dalle versioni “improvvisate” di utenti che cercano nelle proprie esperienze di consumo, un grado di soddisfazione sempre maggiore.

I produttori devono, perciò, saper cogliere le opportunità di questi possibili scenari per perfezionare le offerte e trarre vantaggio dalle innovazioni degli utenti, in particolare se tali innovazioni iniziano a prendere piede con un gruppo di utenti. 

Ad esempio, uno studio, a cura della ricercatrice americana Pamela D. Morrison ha evidenziato che più di un quarto dei sistemi informatici delle biblioteche è stato ottimizzato dai dipendenti delle stesse.

In questa ottica, un’azienda o un individuo possono avere relazioni diverse con prodotti o innovazioni, il che significa che ci troviamo di fronte ad una meccanica che mette al centro dello sviluppo la reciprocità dello scambio con gli utenti.

Il processo è dinamico e ha due protagonisti: da un lato gli utenti (aziende o singoli) che, in quanto consumatori primari di un prodotto o servizio ne ricercano vantaggi e caratteristiche specifiche, dall’altro i produttori e fornitori che puntano al massimo vantaggio dalla vendita di quest’ultimi.

Ed è questa la grande differenza metodologica che distingue l’Open Innovation dall’User Innovation.

Open Innovation vs User innovation

Comunemente si distinguono, infatti, due modi di integrare i modelli di innovazione aperta all’interno delle aziende: l’Open Innovation Outside-In, che implica l’apertura dei processi di innovazione di un’azienda a molti tipi di input e contributi di conoscenza esterni (call for ideas, hackathon, concorsi a premi), e Open Innovation Inside-Out, che invece punta ad esternalizzare le conoscenze (Partnership, Hub, Incubatori). In entrambi i casi, però, la dinamica è unidirezionale.


Qui una rassegna molto utile di best practice e case histories internazionali in merito.


Secondo il ricercatore finlandese Ikka Tuomi, la User Innovation, invece, si basa su dinamiche di co-design e co-produzione, finalizzate a soddisfare le esigenze sempre più specifiche dei consumatori che si esprimono in diverse aree: uso, servizi e configurazione delle tecnologie stesse.

L’innovazione, in tutte le sue forme ed espressioni è, quindi, una necessità culturale, è la condizione unica che permette alle aziende non solo di essere davvero competitive, ma di diventare protagoniste assolute degli scenari di mercato con soluzioni e prodotti in grado di ridefinire sempre più i paradigmi del business.

Open Innovation e Users Innovation: ecco perché non sono la stessa cosa

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