Design e Problem solving: sulle contaminazioni della disciplina – parte 1
Design e problem solving stanno iniziando una commistione strana, che succede quando uno entra nel reame dell'altro e viceversa? che ottiene?
Negli ultimi dieci anni, sotto l’egida splendente del pensiero di Design, il settore disciplinare si è trasferito sempre di più verso una concezione orientata al problem solving.
Il modo in cui i designer pensano, sembrerebbe essere una ottima aggiunta ai metodi tradizionali di ragionare sul business.
Durante I periodi di incertezza si è notata questa speciale attitudine che adesso andremo a vedere anche noi:
La metodologia d’analisi e degli spazi, in un ragionamento estetico-dimensionale può essere, ed è stata, trasposta in un campo totalmente fuori dal piacere visivo, quello della funzione, ma che sarebbe un errore chiamare anestetica.
In particolare è un trend davvero prezioso l’uso funzionale dell’immagine per permettere di visualizzare ciò stride con il generale, ed è un qualcosa di inestimabile per gli altri membri di un gruppo al lavoro sullo stesso problema.
La creatività del designer aiuta, in questo senso, nel modo in cui riesce a valorizzare la percezione estetica e fenomenica dell’oggetto (e per oggetto, evento, problema) ed evidenziarne le criticità.
Il problema è che fare il designer è molto di più che risolvere un problema
Il design è un metodo di sintesi di forme economicamente studiato per rendere appagante l’esperienza dell’oggetto.
Il design, ha come funzione quella di rendere più bello il mondo e non c’è nulla che possa eliminare questo.
Ma non è neanche solo questo.
Il design è anche trovare delle domande a cui rispondere, nel senso un po’ disincantato di creare una dinamica di forme all’interno della sua presenza che permetta anche il questionarsi dello stato delle opere prodotte.
E da qui nasce tutto: perché il design è così utile nel problem solving?
Ecco, questo lo vedremo nella seconda parte.
Design e Problem solving: sulle contaminazioni della disciplina – parte 1