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Crowdconsulting: la nuova faccia del crowdsourcing

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Don Tapscott. economista riconosciuto a livello internazionale e scrittore di Wikinomics e Macrowikinomics, ha introdotto diversi concetti chiave su cui si basa la nuova strategia economica: collaborazione, condivisione, apertura e integrazione. Nei suoi libri Don Tapscott racconta come riavviare il sistema e innescare meccanismi di innovazione. L’elemento fondante è la massa: dove si crea una community c’è più possibilità di creare valore e il processo di innovazione è più semplice da attuare. Semplice!
È più di un anno che nel nostro linguaggio comune è entrata la parola “crowd” che significa folla. Ai più è nota per una delle modalità di finanziamento delle startup, ossia il crowdfunding: in estrema sintesi la folla finanzia il progetto di startup. (vi consiglio di approfondire al seguente link). Non voglio parlare di “crowdfunding” ma di “crowdsourcing”, neologismo coniato da Jeff Howe in un suo articolo su Wired nel 2006.
Il crowdsourcing è un nuova strategia di business che estende il modello dell’outsourcing e che consente di esternalizzare parte delle proprie attività a soggetti terzi, in questo caso la folla, costituita da numerosi professionisti con competenze svariate e in cerca di progetti ambiziosi. In tal modo si può accedere al tempo, al lavoro, all’intelligenza e alla capacità risolutiva di una collettività distribuita di freelance mondiali, non legati tra di loro, grazie al web e a piattaforme dedicate.

Howe fa risalire la nascita di questo fenomeno alla sempre più estesa innovazione e penetrazione del web, che ha permesso di ridurre notevolmente la distanza tra i professionisti consentendo anche di abbattere numerosi costi di gestione. La possibilità di attingere al talento della massa rappresenta un’opportunità per molti di lavorare e mettere in moto l’economia. Il crowdsourcing si basa su un aspetto chiave del web: l’User Generated Content (UGC), ossia la capacità degli utenti di generare costantemente contenuti e dati. Il ruolo attivo dell’utente del web ha posto l’attenzione sulle possibilità dello stesso di poter mostrare le proprie capacità, competenze e interessi, in altri termini valore.
Altro fattore fondamentale è quello sociale: la comunità di utenti che si crea in maniera più o meno spontanea intorno a un progetto. Le organizzazioni sono poi consapevoli del fatto che la presenza di più professionisti che dialogano e discutono, anche sui lati negativi del progetto, possono offrire innumerevoli spunti e vantaggi per il successo dello stesso abbattendo costi e tempistica. La possibilità di ottenere più pareri ed, eventualmente, accelerare il processo di sviluppo di un progetto sono aspetti importanti. Di contro l’impossibilità di legare stabilmente a sè i lavoratori e quindi non investire in capitale umano, la mancanza di supervisione dei lavori e di apprendimento delle tecniche utilizzare per l’esecuzione di un progetto sono fattori critici che necessitano un ulteriore approfondimento.

La complessità del fenomeno richiede pertanto uno studio accurato delle dinamiche che lo caratterizzano, ma quali sono i servizi che questo strumento può offrire? Molte piattaforme offrono una community di web designer e grafici, esperti di digital marketing e information technology. Figure professionali che basano principalmente la loro attività sul web grazie anche a strumenti informatici. Cosa succederebbe se i servizi offerti fossero la redazione di un business plan, la metodologia di gestione progetti, la creazione di un business model, l’analisi di mercato e di fattibilità, ossia parte delle attività che svolge quotidianamente un consulente strategico? Potrebbe esistere il crowdconsulting come fusione di crowdsourcing + consulting? McKinsey ha intercettato il trend.. (vedi)
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