Crisi d’impresa nelle PMI: innovare per scongiurare
La crisi d’impresa nelle PMI è una minaccia altamente concreta. Come riconoscerla e curarla? E come scongiurarla grazie all’innovazione?
Che cosa significa che un’impresa è in crisi? Nel mondo delle imprese è frequente sentir parlare di “crisi” sebbene il termine abbia, nella realtà economico-giuridica, un significato ben preciso ed esplicitato dal nuovo Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza, che definisce il fenomeno come:
“Lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”.
La crisi, perciò, è un indizio generato da fattori interni all’impresa, non conosciuti da terzi, che precede – nella generalità dei casi – il più grave fenomeno dell’insolvenza.
Volendo rendere concreto il dato normativo, potremmo dire che l’impresa è in crisi nel momento in cui non risulti più in grado di far fronte alle proprie obbligazioni (possono considerarsi tali, ad esempio, le retribuzioni dei fornitori) in modo regolare, ovvero, in modo integrale, tempestivo e secondo le modalità invalse nella prassi aziendale.
Come si può immaginare, la crisi non è un fenomeno improvviso, sebbene tenda a manifestarsi anche molto tempo dopo rispetto ai suoi inizi; è per questo motivo che la legge pone a carico dell’imprenditore obblighi di monitoraggio di quello che potremmo definire lo “stato di salute” dell’azienda:
Il nuovo Codice della Crisi di Impresa impone all’imprenditore, all’amministratore e agli organi di controllo e/o di revisione di valutare nel tempo la solvibilità della società e l’esistenza dei presupposti di continuità aziendale. In altre parole, chi si occupa di gestire l’azienda dovrà sapere se, nel prossimo futuro, potrà contare su flussi di cassa sufficienti a garantire la stabilità finanziaria, e ciò adottando “un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’azienda, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale”, conformemente alle norme di legge (art.2086 codice civile).
L’assetto adeguato sarà, allora, quello che consente di rilevare eventuali squilibri patrimoniali o economico-finanziari; controllare la sostenibilità dei debiti e la continuità aziendale; monitorare la lista di controllo dei segnali di allarme; effettuare il test di perseguibilità del risanamento.
Indici di crisi
Ma quali sono i sintomi della crisi d’impresa? La risposta proviene ancora una volta dalla legge, che ritiene possa darsi l’allarme al ricorrere di:
- squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario;
- non sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi;
- assenza di prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso;
- non sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare;
- inadeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi;
- ritardi nei pagamenti reiterati e significativi.
Se questo può dirsi per le imprese in generale, bisogna dare atto della particolarità rappresentata dalle PMI, per le quali Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili ha elaborato indici specifici, alla luce delle caratteristiche di questa tipologia d’impresa. Nelle imprese di piccole e medie dimensioni, allora, bisognerà prestare attenzione a diversi parametri quali:
- l’indice di sostenibilità degli oneri finanziari;
- l’indice di adeguatezza patrimoniale;
- l’indice di ritorno liquido dell’attivo;
- l’indice di liquidità;
- l’indice di indebitamento previdenziale e tributario.
Giocare d’anticipo con le procedure d’allerta
La diagnosi precoce dello stato di crisi determina maggiori probabilità di evitare che lo stesso diventi irreversibile con conseguente semplificazione della procedura di risanamento aziendale, per questo motivo la tempestiva rilevazione di profili patologici e la corretta gestione degli stessi diventa fondamentale.
La normativa più recente ha adottato un vero e proprio sistema di early warning volto alla pronta emersione della crisi nelle PMI nella prospettiva del risanamento che non può non passare per il tramite di quella che definiamo “procedura di allerta”: in caso di difficoltà dell’impresa, l’imprenditore dovrà “attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.
Il Codice inquadra l’allerta come una segnalazione obbligatoria, interna o esterna all’azienda, trasmessa a un Organismo di Composizione della Crisi d’Impresa (O.C.R.I.) laddove, sulla base degli indici di cui si è detto, si manifesti la crisi dell’impresa.
L’Organismo di Composizione della Crisi d’Impresa è istituito presso ciascuna Camera di Commercio, Industria, Agricoltura e Artigianato e si preoccupa di gestire il procedimento su richiesta dell’imprenditore e, comunque, di assisterlo nel tentativo di superamento della crisi.
Le caratteristiche più rassicuranti per l’imprenditore di questa fase della procedura sono la confidenzialità e riservatezza: la gestione della crisi a opera dell’O.C.R.I. è, in un certo senso, segreta in quanto non è consentito a soggetti terzi, diversi dall’imprenditore stesso, di venirne a conoscenza e ciò al fine di evitare il diffondersi d’inutili allarmismi che potrebbero incidere negativamente sull’immagine commerciale dell’imprenditore o sulla sua possibilità di accedere al mercato del credito.
Allerta interna
Si definisce allerta “interna” quella segnalazione che promana da organi, appunto, interni all’impresa che ravvisino segnali di crisi.
Preliminarmente, va detto che gli organi di controllo societari, il revisore contabile e le società di revisione sono incaricati dalla legge di verificare che l’organo amministrativo valuti “costantemente” che:
- l’assetto organizzativo dell’impresa sia adeguato;
- vi sia equilibrio economico e finanziario;
- il prevedibile andamento della gestione.
Laddove agli amministratori i segnali di crisi siano sfuggiti, saranno proprio gli organi di controllo a dover trasmettere una formale comunicazione allo stesso organo amministrativo.
Si tratta di una comunicazione motivata, fatta per iscritto e inviata a mezzo posta elettronica certificata (o con mezzi che ne assicurino la ricezione) e che deve contenere un termine non superiore a trenta giorni entro il quale gli amministratori dovranno indicare le soluzioni individuate e le prospettive in concreto intraprese.
L’O.C.R.I. entra in gioco nell’ipotesi in cui, decorsi sessanta giorni, non sia stata adottata nessuna delle misure previste per far fronte alla crisi procedendo – dopo aver ritenuto effettivamente sussistente uno stato di crisi dell’impresa – a convocare l’imprenditore al fine di individuare insieme le possibili misure di risanamento e a fissare un termine di attuazione delle stesse.
Accedere alla procedura d’allerta ha dei vantaggi, anche cumulabili tra loro, non da poco: l’istanza presentata all’O.C.R.I. nel rispetto dei termini di legge e la puntuale attuazione delle misure di risanamento concordate consente:
- la riduzione alla misura legale degli interessi che maturano sui debiti fiscali dell’impresa durante la procedura di superamento della crisi e fino alla sua conclusione;
- la riduzione alla misura minima delle sanzioni tributarie;
- la possibilità di ottenere una proroga del termine fissato dal giudice per il deposito della proposta di concordato preventivo e di accordo di ristrutturazione dei debiti;
- altri vantaggi, sottoforma di misure protettive, relativi alla responsabilità panale eventualmente maturata per fatti antecedenti l’inizio della procedura.
Allerta esterna
La segnalazione in cui si concretizza l’allerta può essere, poi, esterna all’impresa e provenire da quelli che, per legge, sono creditori pubblici qualificati: l’Agenzia delle Entrate, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale e l’Agente della Riscossione.
Questi creditori danno avviso all’imprenditore che i suoi debiti hanno superato l’importo massimo previsto dalla legge.
L’esposizione nei confronti dell’Agenzia delle Entrate si considera rilevante quando l’ammontare totale del debito scaduto e non versato per l’imposta sul valore aggiunto, risultante dalla comunicazione della liquidazione periodica, sia pari ad almeno il 30% del volume di affari del medesimo periodo e, comunque:
- maggiore o uguale a € 25.000,00 per volume d’affari, risultante dalla dichiarazione modello IVA relativa all’anno precedente fino € 2.000.000,00;
- maggiore o uguale a € 50.000 per volume d’affari, risultante dalla dichiarazione modello IVA relativa all’anno precedente fino a € 10.000.000,00;
- maggiore o uguale a € 100.000,00 per volume d’affari, risultante dalla dichiarazione modello IVA relativa all’anno precedente oltre € 10.000.000,00.
Si ha esposizione rilevante nei confronti dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale quando l’impresa è in ritardo di oltre 6 mesi nel versamento di contributi previdenziali in misura uguale o maggiore al 50% di quelli dovuti per l’anno precedente, comunque di un importo superiore a € 50.000,00.
Per l’Agente della Riscossione si ha esposizione rilevante quando la sommatoria dei crediti affidati per la riscossione dopo la data di entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa, auto dichiarati o definitivamente accertati e scaduti da oltre 90 giorni, superi, per le imprese individuali, la soglia di euro 500.000,00 e, per le imprese collettive, la soglia di euro 1.000.000,00.
Ricevuto l’avviso, l’imprenditore-debitore avrà novanta giorni di tempo per estinguere o riorganizzare il debito, in alternativa potendo fornire prova valida di aver intrapreso una procedura di risanamento. Al contrario, l’inerzia del debitore consente ai creditori di pubblici di procedere con segnalazione all’O.C.R.I.
Crisi e opportunità per le PMI
A voler essere lungimiranti, la legge che disciplina la crisi delle imprese reca in sé potenziali risvolti vantaggiosi per le imprese di piccole e medie dimensioni.
Come si è detto, nel definire lo stato di crisi le norme hanno impiegato come parametro l’(in)adeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte ad obbligazioni pianificate: entra in gioco la pianificazione finanziaria quale via virtuosa che permette non solo di rispettare la legge ma che, collateralmente, diventa anche veicolo di un più agevole accesso al credito per il tramite di una migliore programmazione aziendale, con conseguente incremento di “appetibilità” aziendale agli occhi di investitori e creditori.
Sembrerebbe, allora, che dagli obblighi di legge sia possibile approdare a vantaggi concreti per l’impresa nei termini di aumento di valore della reputazione finanziaria e del rapporto con clienti, fornitori e partners.
Innovare per superare la crisi
Anche se può risultare difficile crederci a causa dei costi che essa genera, non bisogna sottovalutare l’innovazione quale strategia “salvavita” durante i periodi di crisi aziendale.
Analizzando l’attuale andamento del mercato si giunge alla conclusione che innovazione e riduzione dei costi costituiscono un binomio vincente, ma in che rapporto si pongono?
Partendo dal dato per cui, come si è visto, il principale fattore sintomatico della crisi è la scarsezza dei flussi di cassa e la loro inadeguatezza rispetto ai debiti contratti dall’impresa, ci soffermiamo sui vantaggi che – in termini di risparmio – può portare il processo innovativo della digitalizzazione nelle imprese.
L’attività di digitalizzazione consiste nell’introdurre nuove tecnologie digitali in azienda, semplificando i processi aziendali tramite l’utilizzo della tecnologia, con soluzioni diverse a seconda delle necessità, ma significa anche dematerializzare i luoghi fisici per comunicare e condividere informazioni in tempo reale in un unico ambiente connesso e collaborativo anche da remoto.
Trasformare la realtà d’impresa in un digital workplace significa, ad esempio, assumere nuovi dipendenti senza dover affittare o acquistare nuovi uffici, evitare d’impiegare risorse per svolgere operazioni facilmente automatizzabili, e finanche evitare costose spese per viaggi e trasferte.
Nella realtà pratica di un’impresa, ad esempio, i costi operativi possono essere ridotti tramite il Cloud Computing: si tratta di una tecnologia informatica che consente di sfruttare la rete internet per distribuire e accedere a risorse software e hardware da remoto con conseguente risparmio su apparecchiature hardware che occupano spazio e richiedono una manutenzione continua.
Insomma, investire nell’innovazione può evitare d’incorrere in un periodo critico dell’impresa o, laddove la crisi sia già in atto, può aiutare a superare le difficoltà; prova ne è l’espansione dell’eCommerce nel periodo di pandemia da Covid-19: solo grazie a questo strumento innovativo molte imprese sono riuscite a mantenere vivo il rapporto con i clienti senza rinunciare ai guadagni dell’attività.
Crisi d’impresa nelle PMI: innovare per scongiurare