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Crollerà anche questa finta “Centralità delle Persone”?

centralità delle persone

Cosa significa, in azioni concrete, centralità delle persone? E quanti davvero valorizzano il lavoro umano e ascoltano in modo interessato le singole voci?

La centralità delle persone: sono in tanti a parlarne, pensando queste come parole magiche, poco impegnative, che determinano la scelta e la permanenza di una persona in un’organizzazione e/o in un gruppo di lavoro. In effetti come slogan funziona. Ma cosa significa, in azioni concrete, centralità delle persone? E, soprattutto, quanti davvero valorizzano il lavoro umano e ascoltano in modo interessato le singole voci?
Forse mai come oggi chi si occupa di diffondere questa decantata centralità, si trova davanti l’opportunità di dimostrare un lavoro poco capito, quanto sentito con le emozioni quando viene messo in atto. Allo stesso tempo, però, quella che si trova a gestire è una grande sfida che può far emergere incoerenza e contraddizione.
Siamo in una fase in cui la dimensione umana è preponderante, dove contano i “Come stai?” pronti ad ascoltare qualcosa di più profondo di un formale e poco attendibile “bene“; dove vengono fuori i valori e la cultura che vanno oltre i claim ad effetto.
Ci troviamo in una strana situazione di contaminazione di tutto e non solo in termini di virus. Contaminazione di:

  • Lavoro, casa e famiglia;
  • Risate e pianti;
  • Volontà di ripresa e demotivazione per i piani sfumati;
  • Coraggio, ansia e preoccupazione;
  • Frasi motivazionali e disagi diffusi;
  • Programmazione e costante incertezza;
  • Zoom, Teams, Google Meet (ecc) e problemi di copertura di rete;
  • Arcobaleni, emozionanti “Ce la faremo” e perdita di lavoro e assenza di entrate per garantire la dignità;
  • Tempo di valore in famiglia e grandi mancanze.

Come cercano di gestire questo scenario le organizzazioni?

Gestire questo scenario è davvero complesso. Molte organizzazioni stanno organizzando caffè virtuali di gruppo, riunioni dedicate solo all’ascolto attivo delle proprie persone, la messa a disposizione di assicurazioni, come dello psicologo o del medico.
Tra queste, negli ultimi giorni si è distinto il Gruppo Barilla per il GRAZIE dedicato nei quotidiani italiani, a tutte le 2.700 persone – nominate una per una – che continuano ad assicurare la propria presenza negli stabilimenti produttivi:

“SIAMO FIERI DI VOI, vogliamo dirlo a tutti”. Firmato Guido, Luca e Paolo.

centralità delle persone barilla

Fonte: Barilla 


Se è vero che conta il grande agito dell’Organizzazione, ha un impatto ancora più forte la singola gestione dei collaboratori: a qualunque responsabile deve essere chiaro, mai come oggi, che la produttività è legata al lato umano. Investendo sulla dimensione relazionale, si investe sulla produttività.
Probabilmente i manager incapaci di empatia, anche se con ottime risorse operative, porteranno i veri talenti a scappare. Perché chi ha scelta, in questo momento, osserva con occhi ancora più critici, appesantito dai problemi che ognuno di noi sta vivendo e, nell’incertezza del domani, si chiede del suo presente.
David Grossman ha sintetizzato molto efficacemente come il coronavirus ci stia portando a rivedere le nostre priorità: «Ci sarà chi, per la prima volta si interrogherà sulle scelte fatte, sulle rinunce, sui compromessi. Sugli amori che non ha osato amare. Sulla vita che non ha osato vivere. Uomini e donne si chiederanno perché sprecano l’esistenza in relazioni che provocano loro amarezza.».
Così ci sarà forse chi, osservando gli effetti dell’assenza o della cattiva gestione umana delle persone, potendo, lascerà un lavoro in cui non si sente riconosciuto, portato avanti con freddezza e frenesia.

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Le soft skills sono il futuro delle organizzazioni

Le soft skills permetteranno il futuro delle Organizzazioni: compassione, ascolto, empatia, capacità di far accadere le cose a distanza.
Il “Come stai” non personalizzato, seguito da un successivo, rapido, ingresso invadente nelle attività di lavoro è il male gestionale da combattere, che oggi rimbomba nelle orecchie di chi ascolta e di chi vive di umano e di entusiasmo nel lavoro.
Il mancato vero sguardo alzato verso le persone, come l’assenza di rispetto del tempo e dei confini, è ciò che determina il fallimento della managerialità in questo momento.
Le attenzioni che ci saranno, o quelle che saranno mancate, stanno determinando il nostro futuro, in quanto in questo presente abbiamo persone ferme nella velocità della finta normalità, che il tempo libero possono investirlo quasi esclusivamente nell’introspezione e nella riflessione.
Non si può pensare di correre solo ai ripari, bisogna agire concretamente sul senso di appartenenza e sull’ascolto, oggi ancora di più.
Essere manager oggi richiede un ripensamento molto importante perché tutto è amplificato. Chi è manager ora deve soffermarsi sull’impatto di ogni aspetto, deve far emergere (in sé e negli altri) e accettare la vulnerabilità senza fingere a se stesso, all’organizzazione e agli altri che sia tutto sotto controllo; perché vulnerabilità significa vita. Serve il coraggio di aprirsi ad una rinnovata intelligenza sociale e relazionale.
In sintesi, la centralità delle persone, così come l’empatia, non dovrebbero essere ricercati solo nella circostanza. Quello che si sostiene è che tra il fare arcobaleni, affermando che andrà tutto bene, e impegnarsi a far sì che ciò accada è qui che si fa la differenza, giorno dopo giorno.
“Se vogliamo vivere correttamente, abbiamo bisogno di una certa abilità per muoverci in tre diverse aree: il mondo esterno, il mondo interno e il mondo degli altri.”

L’autoconsapevolezza è il fondamento della gestione del proprio sé, mentre l’empatia è la radice della competenza nelle relazioni con gli altri.

Daniel Goleman


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