Uomo contro Macchina – Lo scontro tra intelligenze come linea guida per il futuro
Che si parli di robotica o di machine learning, sembra proprio che il futuro sarà “governato” (metaforicamente parlando) da questa forma sintetica di pensiero che sta gradualmente entrando in contatto con tutti i settori produttivi e dell’intrattenimento.
Intelligenza artificiale Vs Intelligenza umana, potrebbe essere questa una delle prossime distopie a diventare realtà. Non che il cinema e la letteratura non ci abbiano messo abbastanza in guardia sull’argomento, ma per parlare in termini più concreti, potrebbe essere davvero possibile una guerra tra intelligenze diverse?
Negli ultimi anni i sistemi di intelligenza artificiale sono cresciuti a dismisura. Che si parli di robotica o di machine learning, sembra proprio che il futuro sarà “governato” (metaforicamente parlando) da questa forma sintetica di pensiero che sta gradualmente entrando in contatto con tutti i settori produttivi e dell’intrattenimento.
Al momento comunque, ci troviamo in una fase embrionale del progetto che però si sta gradualmente evolvendo per ottenere la (quasi) completa autonomia sui processi e sulle decisioni.
Essenzialmente quello che gli studiosi stanno cercando di ottenere per le loro AI è per prima cosa l’autonomia, che grazie a regole di comportamento definite permetterà loro di lavorare senza il bisogno di supporto umano. In secondo luogo si parla della possibilità di prendere decisioni e risolvere problemi sempre più complessi compiendo scelte tra le varie alternative possibili.
Insomma quello che si cerca di emulare, in poche parole, è l’intelligenza umana con tutte le sue mille sfumature e la sua tendenza a prendere scelte (quasi sempre) razionali.
Ovviamente, fantascienza a parte, l’IA non sta cercando di prendere il posto dell’intelligenza umana, sta cercando solamente di “sostituirci” in tutti quei lavori che non richiedono decisioni troppo complesse e necessitano quasi esclusivamente di quelle competenze manuali eseguite a ripetizione, sul modello della catena di montaggio.
Quello che si vuole associare, insomma, alle intelligenze del futuro è il tentativo di automatizzare i processi più ridondanti e affidare loro le decisioni meno gravose. Questo porterebbe, chiaramente, a uno snellimento dei processi e lascerebbe più spazio all’uomo per concentrarsi su compiti più impegnativi e di maggiore responsabilità.
In questa forma, i benefici dell’intelligenza artificiale sembrano più che evidenti (e forse necessari) ma allora perché la diffidenza dietro a queste prospettive per il futuro?
Ci arriveremo ma bisogna andare per gradi.
Perché diffidare dell’intelligenza artificiale?
Da un recente studio è emerso che circa il 37% degli oltre 1000 intervistati si è dimostrato critico nei confronti di questo tipo di innovazioni.
Principalmente le persone hanno paura di perdere il controllo sulle proprie vite. Il terrore di essere governati da un supercomputer, tipo “2001: Odissea nello spazio” e quello di essere costretti “lavorare per le macchine”, diventando quindi inutili esseri pensanti. Questo è il primo motivo serio che porta le persone a diffidare dell’intelligenza artificiale.
Il secondo motivo di timore verso queste tecnologie è la paura di utilizzi potenzialmente malvagi. Come se qualcuno potesse governare le macchine affinché esse possano in qualche modo agire contro l’uomo in forme diverse. Insomma, dai cyber crimini fino alle nuove guerre mondiali, temiamo le macchine a tal punto da vederle più come armi che come strumenti. Che effettivamente il concetto di macchina come arma di distruzione di massa, è una definizione tutta umana, e non è poi troppo lontana dal moderno concetto di guerra di cui sentiamo parlare in televisione. Anche qui il rischio potrebbe essere tangibile ma non dimentichiamoci che l’uomo dovrà sempre essere un parametro fisso e imprescindibile della nascita dell’era delle macchine. Appare evidente che con queste premesse che il merito o la colpa di ciò che faranno le macchine non è loro ma nostra.
Sul podio delle maggiori preoccupazioni dell’avvento dell’intelligenza artificiale c’è la perdita dei posti di lavoro ritenuti più umili. Ovviamente questa è una delle prime incognite messe sul piatto dagli scienziati ma è anche una delle prime strategie elaborate per non incappare nel problema. Occorre lungimiranza e programmazione ma, ovviamente, ci sarebbero molte alternative valide a una transizione del genere che causerebbe indubbiamente un risentimento e un disagio sociale profondo nei confronti dell’AI. La risposta più semplice sarebbe creare nuovi posti di lavoro dove l’uomo può (e deve) fare sempre la differenza e, in quest’ottica, diventare il “domatore” delle macchine e la guida per aiutarle a svolgere al meglio il loro lavoro.
Altro fattore di rischio che preoccupa le persone è quello di diventare dipendenti dalle macchine. In prospettiva questa è, forse, la preoccupazione più tangibile, basti pensare alla dipendenza dal nostro smartphone o dal nostro PC ai quali, praticamente, affidiamo le nostre vite. Anche qui però, bisogna pensare che c’è tutto un mondo al di là dello schermo e tutto ciò che i nostri dispositivi fanno, dal memorizzare i numeri fino a indicarci la strada, hanno un “corrispettivo umano”, tipo segnare i numeri di telefono sulla classica rubrica cartacea, ad esempio. Detto questo, non si vuole denigrare l’uso del telefono o l’intelligenza artificiale, si vuole solo sottolineare il fatto che molte delle responsabilità che diamo a questi dispositivi è dettata dalla nostra pigrizia e non dalla loro voglia di dominarci.
Intelligenza artificiale, ridurre a zero i rischi e le paure
Cosa fare per ridurre a zero i rischi e soprattutto le paure intorno allo sviluppo dell’intelligenza artificiale?
Anzitutto occorre pensare a una formazione multidisciplinare che possa in qualche modo “educare” le persone ad accettare questi nuovi, chiamiamoli colleghi di lavoro, che in futuro potranno realmente entrare a far parte del team.
Potremmo parlare di empatia, per certi versi, ma comunque quello che servirebbe realmente sarebbe uno sforzo collettivo nel cercare di comprendere le nuove tecnologie con la curiosità e non col terrore.
Ovviamente poi sarebbero necessarie anche delle “politiche dall’alto” per cercare di guidare il passaggio verso questo cambiamento per valorizzarne quelli che potrebbero essere i veri benefici come ad esempio il miglioramento delle condizioni degli operai e una maggiore sicurezza sul lavoro, due temi fondamentali e che spesso vengono tristemente ignorati.
Allo stesso tempo, poi, non si dovrebbe puntare tutto sul “cavallo artificiale vincente” ma si dovrebbe provvedere anche a formare i lavoratori del futuro in maniera che possano essere più competitivi e in grado di affrontare il confronto a testa alta e senza timore di partire già da una condizione di svantaggio.
Uno scontro ad armi pari, se vogliamo, dove magari non riusciremo mai a sollevare il peso che può sopportare una macchina, ma indubbiamente riusciremo a competere grazie al nostro l’intelletto, alla creatività e alla razionalità che ci contraddistingue.
“Cooperazione” e “coesistenza”, due suggerimenti per il futuro
Abbiamo parlato di rischi e paure, ma probabilmente sarebbe più consono parlare di possibilità. Quello che occorre adesso è un po’ di immaginazione e cercare di focalizzare il futuro dell’uomo come strettamente collegato allo sviluppo delle intelligenze artificiali perché queste non rappresentano il nemico ma semplicemente un mezzo per andare oltre.
Come fu per la macchina a vapore, per l’invenzione della ruota, per la scoperta del fuoco e via dicendo, il progredire della tecnologia non rende l’uomo obsoleto, ma lo dota semplicemente di nuovi strumenti per proliferare e cercare di vivere al meglio la propria vita.
Ognuno di noi è chiamato a fare la propria parte per il bene collettivo e per il (naturale) progredire della civiltà. Abbandoniamo l’immagine distopica delle macchine ribelli e dei computer ostili, abbandoniamola ma non dimentichiamola, e cerchiamo di immaginarli come dei preziosi alleati con i quali (ri)costruire il futuro.
Non pensiamo alle macchine come delle entità migliori dell’uomo perché più forti e più intelligenti, immaginiamole come strumenti di lavoro su cui possiamo fare affidamento per risolvere un determinato problema e per questo dobbiamo imparare come usarle al meglio nel pieno rispetto della vita umana e di quella robotica.
Ogni invenzione ha avuto i propri problemi nel corso della storia, pensiamo al luddismo, ad esempio. Però è anche vero che senza le macchine tanto odiate da Nel Ludd, oggi non avremmo la maggior parte della moderna tecnologia che ogni giorno ci semplifica la vita.
Il problema di fondo sta nel fatto che le persone generalmente temono ciò che non capiscono, ieri erano le macchine a vapore, domani l’intelligenza artificiale e via dicendo.
Però, sarebbe stato ridicolo al tempo dell’invenzione della scrittura, avere paura ad esempio della lettera A e immaginare l’uomo schiavo della dittatura delle vocali o del terrorismo delle consonanti. La scrittura è stata forse l’invenzione più grande della storia ma è stata principalmente un mezzo per scrivere questa storia. L’intelligenza artificiale, dunque, dovrebbe essere studiata in questa prospettiva. Apprezzata e sfruttata in tutte le sue potenzialità, ma non temuta o denigrata.
L’uomo sarà sempre (purtroppo e per fortuna) la specie dominante sul pianeta. In quest’ottica le macchine saranno sempre dei validi alleati o dei fedeli servitori che si limiteranno a eseguire il nostro volere. Se qualcosa andasse storto, appare evidente sin da adesso di quale intelligenza sarebbe la colpa.
Il progresso tecnologico indica la direzione verso cui si muoverà l’umanità nel futuro prossimo. Difficilmente si può fermare ma offre la possibilità di essere cavalcato e donare all’uomo infinite possibilità di migliorare la propria vita.
Così dovrebbe essere intesa l’intelligenza artificiale: come uno strumento per migliorare la vita umana. Se poi lo si fa con rispetto e con l’intenzione di fare del bene, sempre, allora non potrà che essere una grande opportunità per tutti.
Uomo contro Macchina – Lo scontro tra intelligenze come linea guida per il futuro