La storia di Giorgio – imprenditoria italiana e perfezione
Giorgio Armani, uomo e azienda. Simbolo dell'imprenditoria italiana, eccellenza mondiale per la perfezione e la sostenibilità.
Giorgio Armani. Non ci sarebbe neanche bisogno di dare un nome e un cognome visto che l’azienda, il brand Armani è ai vertici dell’eccellenza mondiale sia nel campo della moda, dove è leader da tempo immemore e quasi inenarrabile, sia come esempio di sostenibilità e coerenza.
Della sua storia si sa che è particolarmente filmografica: racconto di formazione a tema piccolo Marchionne cresce! Andiamo quindi con ordine e raccontiamo Giorgio in un breve spaccato di vita.
Giorgio Armani, la storia e il sacrificio
Giorgio Armani nasce l’undici luglio 1934, a Piacenza. A mia discolpa questo non vuol essere un reliquiario o una epigrafe, ma almeno per dovere di cronaca è necessario dare delle coordinate spazio-temporali (Giorgio se stai leggendo ti voglio bene). Dopo essersi diplomato nel 53, si è iscritto a medicina all’Università statale di Milano, e costretto alla leva militare, alla sua conclusione si ritrova senza desiderio di continuare e senza idee.
Quello sarà il momento in cui cercherà lavoro alla Rinascente, e con un servizio fotografico scattato alla sorella, riuscirà ad essere assunto, era il 1957.
Ora un bel fast forward.
Nel 1965 passa alla Hitman, azienda dello stilista Nino Cerruti, che gli chiede di disegnare un nuovo tipo di giacca: doveva essere comoda e raffinata. Negli anni Settanta il suo talento comincia ad affermarsi, come freelance, anche nella moda femminile.
Arriviamo quindi al 1975, quando fonda Armani S.p.a., l’azienda è cominciata davvero con poco, se pensiamo che adesso gli ha reso oltre nove miliardi di dollari, circa 10 milioni di vecchie lire.
Furono anni di fatica e sacrificio, così si racconta lui stesso.
Piangeva disperato alle 11 di sera in ufficio perché pensava di non riuscire a scappare da quella condizione angosciante di incertezza.
Il primo successo lo ebbe nel 1979 a New York con una sfilata al Saks Fifth Avenue, che doveva essere per pochi intimi, invece divenne un evento di più giorni. Da lì l’esplosione mondiale e il tripudio di prodotti e marchi del Gruppo che oggi conosciamo, nel corso della storia di tre decadi.
Passiamo finalmente al fulgido centro dell’azienda
Armani si definisce un’azienda controcorrente; in una moda che si stava appropriando di elementi sempre più vistosi e vividi, scelse di togliere, secondo una visione less is more.
Da molti detrattori è visto come lo stilista della donna dai colori spenti, qualcosa di imballato, quasi ingessato nel tempo. A questi risponde che non hanno mai visto, l’Armani scintillante, esotico ed eccentrico, ignorando come pubblico la totalità delle sue sperimentazioni.
A questi, proprio lui, con tutta la forza, dice che un Armani del genere esiste, ed ha un suo pubblico, ma non toglie che la sua visione sia poliedrica e variegata.
A livello imprenditoriale Armani, persona molto autoritaria, anche per la responsabilità che sarebbe ricaduta sempre su di lui. Testardo, forte, in grado di coniare una formula di successo unica nel suo genere.
La formula Armani
Alla base: Talento creativo, competenza imprenditoriale, un impegno totale e continuo.
Una prova durissima per la sua esperienza imprenditoriale fu nel 1985 quando dovette prendere le redini dell’azienda, venne preso come il prossimo a crollare e ad andare in fallimento. In sei anni invece ha semplicemente triplicato il fatturato, roba da poco, alla faccia di tutti.
La sostenibilità e l’altra faccia del colosso della moda
Però, se fosse solo questo di cui dovremmo parlare, non saremmo qui, il Gruppo nel corso degli anni, e da questo dovremmo, si, imparare, si è distinto per una attitudine all’etica e alla sostenibilità che poche altre aziende miliardarie hanno.
Uno dei claim dell’azienda è quello di unire innovazione ed estetica a un forte spirito di responsabilità sociale: Kalos Kai Agathos (καλὸς καὶ ἀγαθός). I principi su cui si basano, come Gruppo, sono ispirati al concetto di concretezza e alla convinzione che la sostenibilità voglia dire, prima di tutto, creare un sistema capace di durare nel tempo, nel rispetto di tutte le risorse alle quali il Gruppo attinge, e nella consapevolezza che il futuro delle prossime generazioni dipende dalle scelte che vengono compiute sul momento (effettivo momento propaganda aziendale compiuto, non giudicatemi).
Dei grandi imprenditori si parla spesso al passato, ma la svolta per la sostenibilità è molto più attuale e viva come politica. Oggi molto più che in passato sono conviti di dover dare uno scossone al settore per far si che sempre più filiere, a partire dalla loro, comincino a cambiare metodi interni ed esterni alla catena del valore in maniera concreta.
Si va dalla sensibilizzazione dei clienti, alla scelta dei materiali sostenibili, alle consulenze in tal senso per altre aziende, fino all’attivismo, passando dalle risorse umane.
Il gruppo si fa anche avanti andando a sostenere organizzazioni non-profit e lanciando progetti speciali come EA green project e l’Armani Sustainability Project, andando a cercare di ampliare le zone verdi nel mondo in maniera attiva.
Recentemente, a tal propostito, Giorgio in persona ha fatto partire da Milano con il Comune e ForestaMi, un progetto che dal mese di novembre pianterà oltre 300 alberi, di 3 milioni previsti entro il 2030. Si estenderà poi anche nelle città di Londra, Monaco, New York, Tokyo, ma anche al comune francese Saint Martin d’Ablois, ad alcune province della Mongolia e alle aree dell’Australia, andando ad auspicarsi un mondo meno frenetico e più riflessivo, soprattutto sui consumi.
Le scelte d’acquisto, secondo la casa milanese, soprattutto nelle nuove generazioni, sono guidate alla base da valori riconducibili al concetto di sostenibilità. Un concetto che sulla carta, persone nate in un mondo già in decadenza, hanno interiorizzato molto prima, e per il quale vogliono battersi, e sono convinti, nell’amministrazione, che questa tendenza deve essere non solo incoraggiata, ma che condiziona e condizionerà fortemente gli interessi anche economici delle aziende nel più prossimo futuro e, più importante, li condiziona nel presente.
Il mondo sta cambiando, e con lui il consumatore.
Quello che Armani come gruppo propone è uno schiaffo che faccia prendere coscienza anche ai residui del capitalismo vecchio stampo che è impossibile continuare ad ignorare le richieste dal mondo, e che prima o poi ci sarà un cambio che costringerà qualunque altra azienda a cambiare. Rispondono quindi a questi stimoli, integrando dei criteri nelle scelte strategiche, e ampliando la scelta dei prodotti in modo tale che siano innovativi anche dal punto di vista dell’impatto ambientale.
Integrazione, non circuizione, o castrazione del processo creativo, aggiunta di valori, togliendo elementi di spreco o di danno.
Un esempio da prendere per tutti quelli che cercano un modello di business che possa funzionare anche rimanendo etici.
La perfezione stilistica non deve per forza sacrificare l’etica.
Less is More.
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