L’Italia e le città nel futuro venturo
Di sfide per le città, con la pandemia se ne sono aperte molte. La prima su tutte è la digitalizzazione, anche per i piccoli centri urbani.
Sono tante le sfide per le città contemporanee. Il tessuto socioeconomico degli spazi urbani ha subito dei duri contraccolpi a causa della pandemia di COVID, e delle drastiche misure attivate per limitarne i disastrosi effetti. Come le città sono catalizzatrici di cambiamento e innovazione, diventano anche amplificatori dei possibili disturbi dell’andamento economico nazionale-regionale. La ricchezza dei centri urbani, ovvero la sua popolazione, durante la biennale pandemia ne è diventata il potenziale danno.
Non sorprende, quindi, che siano state proprio le città europee, italiane e non solo, a reagire con più veemenza e con nuove pratiche innovative alle restrizioni e al virus. Le autorità urbane si sono dovute attrezzare per affrontare il radicale cambiamento che le restrizioni hanno portato con sé. Lo hanno fatto inserendo sempre di più l’utilizzo di strumenti digitali all’interno della loro amministrazione, implementando lo smart working al pari delle aziende, creando nuovi tool per la popolazione per accedere ai servizi erogati dagli enti locali.
La digitalizzazione è una delle sfide più grandi che le città contemporanee devono affrontare
La trasformazione in ottica digitale dei servizi è stata spinta, accelerata dalla pandemia. Era un percorso già in partenza, che spesso ha visto mancare le risorse e l’expertise necessarie per compierlo in maniera decisa e completa. Poi, col tempo, le città si sono fornite di tutta una serie di team interni e di società che hanno assistito nella transizione a modelli più smart di gestione della cosa pubblica.
Una grande occasione per la digitalizzazione delle attività urbane sta arrivando grazie al PNRR, il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza che il governo ha recentemente varato. Le città riceveranno finanziamenti per circa 50 miliardi di euro all’interno del PNRR. L’ANCI, l’associazione nazionale che racchiude i comuni di tutta Italia, ha collaborato con i ministeri e il governo per la creazione di un piano che fosse capace di includere le necessità dei singoli paesi e centri urbani.
Come si prevede di lavorare sul lato della digitalizzazione all’interno delle città europee?
Un capitolo di spesa del piano sarà dedicato alla “Digitalizzazione, Innovazione e Sicurezza nella PA”. Per le città, questo si tradurrà:
- nel finanziamento della migrazione sul cloud delle procedure amministrative, creando l’infrastruttura adatta per il sostegno a tale pratica da un lato e garantendo dal lato expertise le competenze necessarie, interne o esterne alla PA, per garantire una migrazione effettiva.
- in nuovi investimenti per i servizi digitali e cittadinanza digitale.
- la creazione di un pool di esperti che siano di supporto alle nuove pratiche della PA.
- la digitalizzazione del patrimonio artistico-culturale all’interno delle aree urbane.
Le città competeranno, in parte, per questo pacchetto di risorse che dovrebbe garantire l’occasione, tanto alle grandi metropoli, quanto ai centri minori, la possibilità di transitare a regimi che vedano nuovi approcci digitali-informatici al centro dell’azione pubblica.
Quali sono i punti di forza di questo approccio?
L’investimento consistente nel finanziamento delle competenze – con l’integrazione di enti esterni, privati, già possessori dell’expertise necessario – potrebbe risultare vincente nel garantire un’amministrazione sia smart che trasparente. Avere gli strumenti, ma non gli operatori renderebbe i primi assolutamente inutili.
Allo stesso tempo, la creazione di una rete che vede la Pubblica Amministrazione al centro, connessa da un lato con gli esperti e dall’altro con i cittadini, potrebbe rendere i processi urbani rapidi, meno costosi e onerosi tanto per le persone che per i comuni stessi.
Rimangono dei dubbi sulla quantità di risorse messe a disposizione, che, come troppo spesso accade, la perplessità è su quanto eguali e distribuiti sono queste ultime.
Mentre le città metropolitane, soprattutto, possono contare su capitoli di spesa dedicati, il resto della torta di fondi andrà divisa tra i numerosi comuni italiani. La capillare divisione territoriale del Bel Paese, con la presenza di numerosi comuni anche poco estesi territorialmente e scarsamente abitati, rende policy come queste attuabili su scala urbana – in particolare, in quelle città che presentano già tendenze alla digitalizzazione ben strutturate, come nelle realtà metropolitane. Mentre rendono di difficile applicazione la loro diffusione all’interno delle città di piccole e medie dimensioni, i cui budget sono spesso afflitti da endemici problemi di decennale durata.
Di certo, il PNRR ha posto molto l’accento sulle possibilità delle città di essere attori attivi della nuova transizione ecologica sostenibile e le nuove tecnologie, così come gli strumenti digitali, saranno centrali nel garantirla.
Nonostante i capitoli di spesa espressamente incentrati sulla digitalizzazione della PA e dei suoi strumenti siano una minoranza, è un filo trasversale che percorre tutti i diversi ambiti di intervento, dalla protezione delle aree verdi fino alle politiche contro la disuguaglianza all’interno dei centri urbani.
Rimane da comprendere l’effettiva portata di tali investimenti e le future ricadute a cascata sull’apparato economico, e non solo delle città. La possibilità che, al contempo, si aprano grandi opportunità per società di consulting ed esperti, di nuovi network collaborativi sia a livello locale che nazionale, potrebbero stimolare il settore e permettere l’instaurarsi di fruttuose relazioni pubblico – privato – auspicabili anche per i futuri progetti europei del pacchetto Horizon Europe.
L’Italia e le città nel futuro venturo