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Rifiuti elettronici: quanto costa al pianeta l’innovazione tecnologica?

Parliamo chiaramente: la produzione di rifiuti elettronici negli ultimi anni ha toccato livelli mai visti. Perché?

I RAEE, i Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche, compongono ormai buona parte del volume dei materiali di scarto che finiscono nelle discariche di mezzo mondo.

Partiamo col dire che rientra nella categoria dei RAEE tutto ciò che resta di apparecchi funzionanti tramite corrente elettrica e affini. Che sia il vostro vecchio smartphone, un giocattolo dei vostri figli o il vostro vecchio PC, tutte queste componenti vanno a dare vita a una sterminata distesa fatta di plastica, acciaio, minerali e componenti elettriche che difficilmente si possono riciclare nella loro totalità.

Secondo alcune stime ufficiali, per la sola Europa, il volume dei RAEE dovrebbe essere compreso fra i 7 e le 12 milioni di tonnellate annue.

Di queste, circa il 50% viene già riciclato per realizzare nuovi prodotti, anche grazie a delle campagne acquisti che implicano rottamazioni e agevolazioni per chi porta indietro il vecchio dispositivo, affinché venga sezionato e riciclato a dovere.
Tutto ciò che invece viene gettato nelle discariche o abbandonato dove capita, generalmente va a finire nei paesi del  terzo mondo, diventando oggetto di interesse degli abitanti del luogo che cercano di estrarre i preziosi minerali contenuti all’interno dei vari circuiti elettrici.

Per fare un esempio concreto pensiamo che il Ghana importa ogni anno almeno 40mila tonnellate di e-waste. Negli ultimi venti anni è diventato il più grande sito di “stoccaggio” (o abbandono) di tutti i prodotti elettronici provenienti dall’occidente (e non solo), che attira una quantità incredibile di persone dalle regioni vicine che vivono e lavorano in questa immensa discarica a cielo aperto. Guadagnando appena 2 o 3 dollari al giorno, queste persone si muovono in mezzo a tonnellate di rifiuti che, secondo una stima, sarebbe pari a 5mila Tour Eiffel.

A prescindere dalla provenienza di tali quantità di rifiuti elettronici è opportuno ragionare in termini di inquinamento e danni a persone e cose: oltre ai problemi incalcolabili che questi materiali arrecano al pianeta, troviamo anche tutta una serie di problematiche legate a ustioni, intossicazioni e avvelenamenti a cui sono sottoposte le persone che lavorano in queste discariche. Per estrarre i materiali preziosi, infatti, vengono usate fiamme vive e acidi molto aggressivi con tutte le conseguenze di cui sopra.

Rifiuti Elettronici, mai tanti come ora

La cosiddetta elettronica di consumo ha cambiato profondamente le carte in tavola della produzione industriale, arrivando a giocare sul ribasso dei prezzi e sulla concorrenza spietata al solo fine di vendere il più alto numero di prodotti per l’intrattenimento possibile.

Se da un lato il fattore economico è predominante, dall’altro entrano in gioco tutte una serie di dinamiche che stanno diventando sempre più preoccupanti, prima fra tutte lo smaltimento di questi dispositivi di così largo consumo.

Parliamo chiaramente: la produzione di rifiuti elettronici negli ultimi anni ha toccato livelli mai visti. Perché?

Anzitutto, bisogna considerare che la vita di questo tipo di prodotti non è decisamente eterna e, anzi, sembra molto spesso limitata a un periodo estremamente breve che va dai 2 ai 5 anni al massimo.

Oltretutto questo tipo di tecnologia cambia con una rapidità impressionante e cercare di mantenersi al passo con questi dispositivi porta necessariamente a cambiarli di frequente. Vuoi per una questione di utilizzo, vuoi per il vecchio concetto del consumismo occidentale, ci ritroviamo ad acquistare questi dispositivi di continuo. Molto spesso, poi, ci troviamo ad accantonare dispositivi funzionanti a beneficio di uno più nuovo o più in linea con i nostri gusti.

Tutto questo viene fatto, ovviamente, senza pensare a una soluzione concreta per riciclare gli strumenti dismessi che vanno a finire negli inceneritori o nelle discariche.

Al momento della nascita della cosiddetta elettronica di consumo, nessuno avrebbe potuto (o voluto) immaginare i problemi a cui si sarebbe andati incontro per colpa dell’accumulo di tutto questo materiale. Eppure, arrivati allo stato attuale delle cose, ora che la situazione è davvero preoccupante, la cosa che stupisce ancor di più è il proseguire su questa strada, senza però mettere sul piatto alcun tipo di soluzione o di regolamentazione.

La situazione è diventata ancora più insostenibile in quest’ultimo anno e mezzo di emergenza sanitaria dove, tra smart working e didattica a distanza, le famiglie (italiane e non solo) hanno dovuto acquistare e (imparare ad) usare un numero sempre maggiore di dispositivi. Laddove erano presenti “solo” i cellulari personali dei membri della famiglia e forse uno o due PC, adesso si possono tranquillamente trovare un computer o un tablet a testa (e spesso anche di più).

Indubbiamente la pandemia ha influito molto sull’acquisto di materiale elettronico ma il rischio per i prossimi anni di trovarci realmente sommersi di rifiuti è davvero tangibile; per questo già da adesso sarebbe opportuno iniziare a fare i conti con il futuro dei nostri PC e dei nostri smartphone in modo da garantire loro una fine degna, una volta giunti al termine della loro vita.

Per evitare che ulteriori tonnellate di materiali finiscano in futuro nelle discariche di cui abbiamo appena parlato, sarebbe opportuno che l’Europa e tutto l’occidente mettesse in campo delle iniziative in grado di pensare anche a queste problematiche future in maniera efficaricilce.

Ovviamente stiamo parlando di un percorso di riciclo (estremamente) virtuoso che permetta il recupero dei materiali che porterebbe a notevoli benefici per l’ambiente e per l’economia.

Possiamo dire tranquillamente che garantire nuova vita ai RAEE e ai loro componenti dovrebbe essere una delle sfide più importanti per il futuro, soprattutto in vista di una ripartenza postpandemia.

Per questo motivo anche le grandi multinazionali hanno messo in campo progetti di innovazione e riciclo atti a sviluppare nuove tecniche produttive rispettose dell’ambiente e che, soprattutto, permettano di limitare l’uso e la dipendenza dalle materie prime.

I numeri del riciclo

Secondo alcuni studi di settore sembra che dal trattamento di 1 tonnellata di schede elettroniche, quelle presenti in tutti i dispositivi come pc, tablet, e smartphone, si recuperano circa: 129 kg di rame, 45 kg di stagno, 14 kg di piombo, 0,35 kg di argento e 0,24 kg d’oro per un valore complessivo di circa 10 mila euro. Una cifra decisamente importante che potrebbe essere utilizzata per innescare un processo economico più che positivo legato interamente al riciclo di questa tipologia di rifiuti.

Se calcoliamo che nel 2019 sono state raccolte SOLO IN ITALIA ben 343 mila tonnellate di RAEE, non ci vuole molto a capire la reale portata di questo sistema che potrebbe portare un reale beneficio all’intera economia di un paese, senza ovviamente calcolare la creazione di posti di lavoro e via dicendo.

Ma queste oltre 300 mila tonnellate sono solamente il 43% dei RAEE complessivi che vengono smaltite in maniera corretta mentre il 57% segue ancora un percorso “alternativo” che include il trasporto all’estero o la permanenza in discarica.

Possibile che pur conoscendo il vero valore ricavabile da un corretto processo di smaltimento ancora si debbano seguire percorsi non convenzionali che, ovviamente, non generano alcun introito?

A fronte di questo, cifre alla mano, è evidente quanto si renda ancora più impellente la necessità di investire in un sistema di gestione dei rifiuti elettronici virtuoso e, soprattutto, di salvaguardare il pianeta e allo stesso tempo generare un profitto.

Riciclare o rigenerare?

Sentiamo parlare sempre più spesso di “economia circolare”, un modello di produzione e consumo che ha alla base il riutilizzo, il riciclo e, dove possibile, la riparazione dei prodotti.

Così facendo si può dare nuova vita alle cose, reimmettendole nel ciclo produttivo e creando ulteriore valore. Tra i benefici di questo modello c’è sicuramente quello di far diminuire gli sprechi e, ovviamente, far diminuire l’inquinamento.

Rigenerare un dispositivo elettronico fa, ovviamente, parte del concetto di economia circolare. Quando un dispositivo smette di funzionare o semplicemente deve essere sostituito in molti casi si può evitare che finisca in discarica, provvedendo alle riparazioni e rimettendolo in commercio a un prezzo più basso.

Inoltre pensare al ricondizionamento dei vecchi dispositivi è una delle migliori soluzioni, anche per via dei numerosi progetti che si occupano di donare apparecchiature elettroniche, generalmente per uso didattico, a chi non può permettersele. Certo parliamo di un numero davvero esiguo rispetto alla totalità dei dispositivi in circolazione ma oltre a un modo per non inquinare, parliamo anche di dare un aiuto concreto le persone in difficoltà.

Ricondizionare gli oggetti implica di rinunciare a quella mentalità usa e getta che porta ad un aumento considerevole di rifiuti (spesso funzionanti) a beneficio di un sistema più efficiente, più sostenibile e meno nocivo per il nostro pianeta.

Quando possibile, attuare i principi dell’economia circolare può essere un’ottima alternativa alle procedure di riciclo di cui sopra che porteranno anche un maggior beneficio in termini economici, ma sono anche molto più complicati da gestire e realizzare.

In conclusione, possiamo dire che a oggi, i numeri dei RAEE sono diventati davvero imponenti e, secondo i pronostici, sono destinati a diventare ancora più importanti nei prossimi anni.

Che si parli di riciclo o di rigenerazione, bisogna sempre valutare l’opzione migliore per il proprio dispositivo elettronico e, se possibile, cercare di cambiarlo solo una volta giunto a fine vita. Anche in quel caso, l’ideale sarebbe portarlo in uno dei centri creati appositamente per “prendersi cura” di questi materiali e cercare di donare loro nuova vita in maniera sostenibile e intelligente.
Ne va del bene delle generazioni future e del nostro pianeta.

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