Marketing & Communication

Open Innovation: cos’è e come funziona

L’Innovazione Aperta teorizzata da Chesbrough collega la crescita del valore economico di un’azienda alla collaborazione esterna con startup, PMI e Università.

open innovation

In un mondo in continua evoluzione, come quello dell’imprenditoria, delle grandi aziende e dello sviluppo economico, è naturale che prima o poi arrivi il momento di ripensare il proprio modello di business e le strategie di crescita adottate fin lì.

Una delle leve principali che innescano il cambiamento in azienda è l’Open Innovation, un modello incentrato sulla crescita del valore economico attraverso la collaborazione attiva e la condivisione di idee e risorse con soggetti esterni all’azienda. Interessante, vero?

In questo articolo approfondiremo la conoscenza del modello dell’Innovazione Aperta, osserveremo da vicino le sue caratteristiche e il suo funzionamento e comprenderemo il fondamentale concetto del know-where. Partiamo subito con questa nuova Spremuta.

Una definizione di Open Innovation

Che cos’è l’Open Innovation? Quando è nata? Se sei qui, probabilmente stai cercando le risposte a queste domande. L’argomento è molto complesso e ricco di spunti davvero molto interessanti per tutti gli innovatori; perciò, facciamo chiarezza e procediamo per gradi.

L’origine di questo nome si rifà al libro “Open Innovation: The New Imperative for Creating and Profiting from Technology”, edito dalla Harvard Business School Press e pubblicato nel 2003. L’autore è Henry Chesbrough, economista e docente statunitense considerato il padre di questo modello di innovazione e di organizzazione dell’attività economica.

Si tratta di una teoria, dunque, che ha alle spalle quasi un ventennio di vita e numerose buone pratiche realizzate da aziende innovative ed innovatrici

Ma in cosa si sostanzia? Oggi si potrebbero sintetizzare le formulazioni proposte dagli studi del Professor Chesbrough con questa definizione di Open Innovation

Un nuovo paradigma economico, fondato su un modello d’innovazione distribuita dove idee, tecnologie e risorse sono condivise in un ampio ecosistema di attori interni e soprattutto esterni all’azienda, che punta alla creazione di valore economico in una logica di spillover”.

open innovation

Fermiamoci un momento per riflettere, punto per punto, sui fattori chiave di questa definizione del concetto di Innovazione Aperta:

  • Per modello di innovazione distribuita si intende una modalità di gestione delle strategie di innovazione che da un lato supera il tradizionale ‘protezionismo’ della ricerca condotta unicamente all’interno dell’azienda, dall’altro promuove la condivisione di risorse finanziarie, materiali e intellettuali al di fuori dell’azienda per concorrere alla realizzazione di idee innovative, alla validazione di nuovi mercati e allo sviluppo di nuovi prodotti e servizi;
  • Per ecosistema di attori interni (ad esempio la figura dell’Innovation Manager) ed esterni all’azienda (startup, PMI, Università, consulenti, clienti, etc.) si intende un ampio network di soggetti che possono collaborare sinergicamente seguendo una comune strategia di crescita e di creazione di valore economico condiviso;
  • Per spillover, come riportato da Treccani, si intende un fenomeno per il quale un’attività economica volta a portare beneficio ad un determinato settore produce, direttamente o indirettamente, effetti positivi anche al di là del contesto di partenza.

L’Open Innovation rappresenta certamente un modello di crescita e di proficua collaborazione estremamente affascinante in teoria. Tuttavia, nella pratica, mettere in piedi un modello come questo comporta una profonda trasformazione del modo di lavorare e di concepire sia l’attività economica sia il mercato: una vera e propria trasformazione della cultura aziendale, purtroppo non semplice da realizzare in tutte le circostanze.

Cosa non è l’Open Innovation

Un passaggio ritenuto fondamentale da Chesbrough per capire questo modello di innovazione, curiosamente, è proprio la comprensione di cosa non è l’Open Innovation:

  • non è solo crowdsourcing, cioè la ricerca di idee e soluzioni già disponibili all’esterno dell’azienda che si intende assimilare;
  • non è solo una gestione efficace delle relazioni con gli stakeholder, in particolare con i clienti ai quali ci si rivolge come punto di riferimento proprio per innovare i mercati;
  • non è solo l’utilizzo di prodotti, servizi o soluzioni open source in una prospettiva di condivisione senza puntare al ritorno economico – altrimenti, le startup innovative non avrebbero ragion d’essere.

Proprio in merito all’open source, Chesbrough sottolinea l’esistenza di due correnti di pensiero: l’approccio libero e l’approccio open. Di primo impatto potrebbero sembrare sinonimi, ma in realtà presentano una differenza molto profonda:

  • i sostenitori dell’approccio libero ritengono praticamente superfluo il concetto di proprietà intellettuale e vedono nell’utilizzo di questi strumenti un dovere di condivisione pubblica delle modifiche apportate e dei risultati ottenuti mediante essi;
  • i sostenitori dell’approccio open, invece, valorizzano la proprietà intellettuale e l’utilizzo del licensing come fonte di ritorno economico, non obbligando in alcun modo chi usufruisce di questi strumenti a condividere pubblicamente i propri risultati.

D’altro canto, tenendo conto del ciclo di vita di un prodotto sul mercato, questi due approcci potrebbero risultare tra loro complementari anziché alternativi

open innovation

Infatti, nella fase embrionale e nello sviluppo di un progetto di ricerca può essere utilissimo distribuire liberamente un prodotto traendo preziose informazioni dai feedback degli utilizzatori. È il caso degli MVP (Minimum Viable Product o Prodotto Minimo Funzionante).

Solo dopo la valutazione della validità del prodotto e dell’interesse suscitato nel mercato si può puntare al Go To Market e all’effettiva commercializzazione dell’innovazione, soprattutto attraverso la distribuzione e la produzione su licenza nel rispetto del copyright e senza particolari vincoli.

Come funziona l’Open Innovation?

Il modello dell’Open Innovation si basa sulla collaborazione e sull’arricchimento reciproco tra l’azienda che intende innovare e numerosi player esterni, come startup, PMI, Università e scuole, consulenti, clienti e fornitori.

Questo paradigma nasce proprio dalla volontà, nonché dalla necessità, di superare il tradizionale modello della cosiddetta ‘innovazione chiusa’, vale a dire una forma di autarchia aziendale fondata sul principio che un’impresa debba fare affidamento solo sulle proprie risorse.

Inutile sottolineare l’obsolescenza di questa visione chiusa e ormai impraticabile per molte realtà, considerando i costi elevatissimi che bisognerebbe destinare alla ricerca e all’assunzione di talenti di settore e i tempi di realizzazione estremamente lunghi, decisamente troppo per le dinamiche di mercato contemporanee distinte proprio da una dinamicità sempre maggiore.

La soluzione si chiama Open Innovation. Come funziona? Negli anni si sono sviluppati molteplici canali che consentono di mettere in pratica diverse forme di innovazione aperta, riassumibili in due macro categorie:

  • innovazione outside-in o inbound, cioè l’insieme di processi ed iniziative che mirano ad arricchire il bagaglio di conoscenze e competenze aziendali cercando ed implementando internamente le migliori idee e soluzioni provenienti da fonti esterne;
  • innovazione inside-out o outbound, ovvero gli strumenti a disposizione dell’azienda per commercializzare le proprie innovazioni e produrre spillover, con effetti positivi sia per il proprio bilancio sia per i fruitori di queste soluzioni e i relativi mercati.

Per saperne di più sul tema dell’Open Innovation, ecco per te qui di seguito un interessantissimo estratto dello speech di Federico Frattini al TEDxBrianza 2020:

Know-where, il fattore chiave dell’Open Innovation

Se hai seguito con attenzione il video appena proposto, sicuramente ti sarà rimasta impressa una parola più di qualunque altra: il know-where.

Che cos’è il know-where? È la capacità delle aziende di interconnettersi attivamente con l’ambiente esterno e trovare nuove idee, progetti, opportunità e soluzioni con potenziale di crescita, in modo efficace ed efficiente. Come? Esplorando mercati, collaborando con startup e PMI, investendo sulla formazione di talenti presso Università e scuole, interagendo con gli stakeholder.

Esso rappresenta la naturale evoluzione del ben più noto know-how, dal quale si differenzia notevolmente in termini di cultura aziendale. Quest’ultimo, infatti, ricalca a pieno quella visione chiusa dell’innovazione e dello sviluppo concentrati unicamente all’interno dell’azienda. 

Invece, il know-where è il fattore chiave dell’Open Innovation e può diventare la formula vincente per il mercato italiano, ricco di giovani e piccole realtà che attendono il momento opportuno per compiere il grande salto e concretizzare il loro impegno nell’innovazione.

Open Innovation: cos’è e come funziona

Contatti

SpremuteDigitali.com è un marchio proprietario di Seedble S.r.l. Seedble è una PMI innovativa parte del gruppo Symphonie Prime. Dal 2014 disegniamo e creiamo organizzazioni future-proof in grado di innovare, evolversi e adattarsi a tutti gli scenari socio-economici.

SEDE LEGALE E OPERATIVA:

Via Prisciano, 72 - 00136 Roma (RM)

ALTRE SEDI:

Via Canova 15, 6900 Lugano (CH)

Articolo aggiunto ai tuoi preferiti

.

0:00:00

0:00:00

Condividi questo contenuto su: