Leggi d’impresa
Nel corso della tua attività lavorativa, se sei un imprenditore, ti è stato chiesto almeno una volta di spiegare di cosa ti occupa. Le leggi di impresa possono aiutarti a farlo!
Nel corso della tua attività lavorativa, se sei un imprenditore, ti è stato chiesto almeno una volta di spiegare di cosa ti occupi. Per fortuna, per definire cos’è un imprenditore, le leggi d’impresa parlano chiaro.
Il codice civile all’articolo 2082 definisce l’imprenditore come: “Chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”; al di là di questa definizione generale, esistono però diversi tipi di imprenditore.
L’imprenditore commerciale si occupa di:
- attività industriali dirette alla produzione di beni e servizi (ad esempio una fabbrica automobilistica, un’emittente televisiva privata);
- attività intermedie nella circolazione dei beni come:
- commercio all’ingrosso;
- commercio al dettaglio;
- commercio ambulante;
- pubblici esercizi commerciali (bar, ristoranti, ecc.);
- attività di servizi:
- attività di trasporto per terra, per acqua o per aria;
- attività bancaria o assicurativa;
- altre attività ausiliarie delle precedenti (ad esempio agenzie di mediazione, di pubblicità, ecc.).
L’imprenditore agricolo si occupa di:
- coltivazione del fondo;
- selvicoltura;
- allevamento di animali;
- attività connesse (es. produzione e vendita diretta di olio, vini, ecc.).
Sono, poi, piccoli imprenditori:
- i coltivatori diretti del fondo;
- gli artigiani;
- i piccoli commercianti;
- coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.
Come si costituisce un’impresa?
Come si costituisce un’impresa? In Italia, la costituzione di un’impresa avviene in via telematica con l’iscrizione al Registro delle Imprese gestito dalla Camera di commercio territorialmente competente.
A ciò fa seguito l’obbligo di pagamento annuale di una quota da versare alla stessa Camera di commercio. La domanda deve essere corredata da documentazione di prova e l’intera procedura d’iscrizione si conclude nel termine di cinque giorni.
Gestire la concorrenza: vantaggi e pericoli
Normalmente, un imprenditore che avverte intorno a sé la concorrenza tende a essere spaventato. Sebbene la reazione sia comprensibile, occorre sottolineare come un sistema concorrenziale sia, in realtà, un bene per tutti, dal consumatore allo stesso imprenditore.
La disciplina antitrust è la regola generale del gioco della concorrenza e nasce con l’obiettivo di tutelare sia i consumatori (che in un mercato concorrenziale vedono garantita la libertà di scelta e godono della competizione tra aziende sui prezzi) sia le imprese, protette dalle grandi aggregazioni industriali potenzialmente in grado di “schiacciare” le imprese più deboli ed emarginate sul mercato.
Dopo aver spezzato una lancia a favore della concorrenza, bisogna pur riconoscere che talvolta la stessa può risultare altamente lesiva per l’impresa: è il caso della concorrenza sleale che si esterna in atti di confusione, di denigrazione, di vanteria e più in generale in atti contrari alla correttezza professionale.
Atti di confusione
Costituiscono atti di confusione l’uso di nomi o segni distintivi (ditta, marchio, insegna) legittimamente usati da altri; l’imitazione dei prodotti di un concorrente riprendendone quelle forme che consentono di individuare la provenienza da una determinata impresa, ma anche il compimento, con qualsiasi mezzo, di un atto idoneo a creare confusione con i prodotti e l’attività di un concorrente, si pensi all’imitazione del materiale pubblicitario o degli slogan.
Atti di denigrazione
Anche gli atti di denigrazione concorrono certamente a danneggiare l’impresa che ne è protagonista. Si tratta della diffusione di notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull’attività di un concorrente tali da determinarne il discredito, senza che abbia alcuna importanza la rispondenza o meno al vero delle notizie diffuse.
In questo ambito bisogna prestare particolare attenzione alle pratiche pubblicitarie, potendo risultare sleale anche la comparazione tra prodotti che non rispetti le norme della c.d. pubblicità comparativa o della c.d. pubblicità superlativa: è il caso di un’azienda che conduce una campagna pubblicitaria facendo specifici riferimenti ai suoi concorrenti e vantando una supremazia assoluta della sua attività o del suo prodotto.
Atti di vanteria
Gli atti di vanteria consistono nell’appropriazione dei pregi dei prodotti o dell’attività di un concorrente. Si tratta, spesso, dell’uso di false denominazioni d’origine laddove la provenienza del prodotto da una determinata zona implica l’attribuzione allo stesso di pregi particolari, come normalmente accade nel commercio di prodotti alimentari.
Come proteggersi dalla concorrenza sleale
La concorrenza sleale è un fenomeno multiforme, per questo motivo la legge punisce in generale ogni atto che risulti contrario alla correttezza professionale.
Si pensi al boicottaggio, ovvero al sistematico rifiuto di commerciare con un determinato imprenditore o, ancora, al ribasso irregolare dei prezzi quando non giustificato da esigenze dell’impresa, ma piuttosto dal tentativo di eliminare dal mercato i concorrenti con minori risorse finanziarie quando ciò avvenga in perdita, ovvero quando il nuovo prezzo scenda al di sotto dei costi di produzione o di acquisto.
L’imprenditore vittima di atti di concorrenza sleale ha due possibilità per tutelare l’azienda:
- Portare la questione all’attenzione dell’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato (AGCOM), organo imparziale al quale poter denunciare l’illecita attività e chiedere un’indagine per accertare la condotta sleale. L’Autorità può bloccare le pratiche commerciali scorrette, le pubblicità ingannevoli e le condotte comparative illecite. Ai segnalanti non sono richieste particolari formalità né versamenti a favore dell’Antitrust o l’assistenza di un avvocato.
- In alternativa, resta percorribile l’iter processuale: in questo caso per denunciare un atto di concorrenza sleale è necessario depositare un ricorso dinanzi al Tribunale di competenza. La sentenza del giudice interromperà la condotta sleale e adotterà le misure necessarie affinché non produca più alcun effetto nocivo. L’impresa danneggiata potrà anche chiedere il risarcimento del danno.
Il diritto dell’impresa a distinguersi
Per poter essere competitive sul mercato le imprese hanno un vero e proprio diritto a differenziarsi dalle concorrenti: per questo motivo a ciascuna azienda è garantito l’uso esclusivo dei suoi segni distintivi.
Il marchio
Il marchio, o brand, è uno dei principali segni distintivi per l’impresa, ma di cosa si tratta?
Può essere definito come il segno con il quale l’imprenditore presenta prodotti e servizi sul mercato.
L’articolo 7 del Codice della proprietà industriale stabilisce che: “Possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa tutti i segni, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche…”.
L’oggetto del marchio, inoltre, dev’essere qualcosa di estraneo al prodotto che identifica.
L’acquisto del diritto all’uso esclusivo di un marchio si può ottenere mediante il deposito della domanda di registrazione presso l’Ufficio Italiano Brevetti o Marchi oppure presso le Camere di Commercio, Industria e Artigianato o, ancora, presso gli uffici e gli enti pubblici individuati con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico (MISE).
Attenzione, però, alle caratteristiche del segno:
- Possono essere registrati solo i marchi che abbiano requisiti di validità, ovvero la capacità distintiva, la novità, la liceità (nel senso di conformità alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume);
- È poi necessario che non violino altri diritti esclusivi di terzi (ad esempio il diritto d’autore).
Anche un marchio celebre, sebbene non registrato, può attribuire a chi ne abbia fatto uso nel tempo il diritto all’esclusiva. Si tratta di marchi che, per la particolare notorietà del prodotto o del loro creatore (in genere personaggi dell’alta moda), hanno acquistato un potere di richiamo sulla clientela particolarmente intenso.
Il diritto di esclusiva sul marchio ha una durata di 10 anni che decorre dalla data del deposito della domanda. A ogni scadenza, tuttavia, il titolare del diritto può rinnovare la registrazione.
La ditta
Altro segno distintivo è la ditta: si tratta del nome usato dall’imprenditore nei rapporti commerciali in cui è coinvolta l’azienda.
È un segno necessario, ogni impresa ne è dotata e, laddove non abbia provveduto a indicare una ditta diversa, coincide con il prenome e il cognome dell’imprenditore. Questo segno distintivo segue le vicende dell’azienda in quanto non può essere trasferito separatamente dall’azienda.
Se il marchio differenzia i prodotti degli imprenditori, la ditta differenzia il complesso dell’attività d’impresa dalle concorrenti.
A ogni modo, come si è detto per il marchio, “L’imprenditore ha diritto all’uso esclusivo della ditta da lui prescelta” (art.2563 cod.civ.), ma l’acquisto (e la cessazione) del diritto segue strade più semplici non essendo necessario procedere ad alcuna registrazione: il diritto di esclusiva si acquista tramite l’uso e si perde con il non uso della stessa, quando, cioè, il pubblico che ha sempre attribuito, tramite questo segno distintivo, una certa attività imprenditoriale a un imprenditore, si “dimentichi” di operare tale collegamento.
Può darsi il caso di ditte confondibili, ovvero uguali o simili tra loro al punto da indurre i clienti in confusione relativamente all’oggetto dell’impresa e al luogo in cui la stessa è esercitata.
La legge, in questi casi, tutela il primo creatore del segno imponendo all’imprenditore che ne abbia fatto uso in un momento successivo di integrare o modificare la ditta con indicazioni idonee a differenziarla.
L’insegna
Anche l’insegna è un segno distintivo in quanto identifica il luogo (o i luoghi) di esercizio dell’attività di impresa.
L’imprenditore può lasciarsi andare alla fantasia nella creazione di questo segno, dovendo preoccuparsi solo di evitare confusioni con le insegne già in uso dai concorrenti e di rispettare l’ordine pubblico ed il buon costume.
L’insegna non è iscrivibile e il diritto all’uso esclusivo si acquisisce mediante l’uso come accade per la ditta.
Invenzioni e brevetti
Nel mercato delle imprese, le invenzioni sono, spesso, sinonimo di innovazione tecnica e di progresso. Ma di che si tratta? Chi può definirsi “inventore”?
Esistono tipi diversi di invenzioni:
- Le invenzioni di servizio provengono dal lavoratore che viene assunto proprio con lo scopo di “creare”. In sostanza, si parla di invenzioni di servizio se l’attività inventiva è prevista come oggetto del contratto o se risulta già compensata dalla normale retribuzione. Va da sé che il diritto allo sfruttamento economico delle invenzioni spetta all’imprenditore quale datore di lavoro.
- Diverse sono le invenzioni d’azienda, ovvero, quelle realizzate nell’esecuzione o nell’adempimento di un contratto di lavoro senza che sia prevista una retribuzione in compenso dell’attività inventiva. Anche in questo caso i diritti derivanti dall’invenzione appartengono al datore di lavoro, mentre al lavoratore spetta un equo premio qualora il datore di lavoro ottenga il brevetto o utilizzi l’invenzione in regime di segretezza industriale.
- Le invenzioni occasionali, a differenza delle precedenti, sono sì realizzate dal lavoratore nell’ambito del rapporto di lavoro ma senza che vi sia alcuna attinenza tra il contenuto dell’invenzione e l’attività d’impresa. Tale tipo di invenzione appartiene al lavoratore, ma il datore può esercitare l’opzione per l’uso o per l’acquisto del brevetto dietro pagamento di un corrispettivo.
Per godere economicamente delle invenzioni, a ogni modo, vanno brevettate. Un’invenzione per essere brevettata deve consistere in una soluzione nuova e originale di un problema tecnico. L’oggetto dell’invenzione può essere un prodotto materiale oppure un metodo di produzione di beni o di realizzazione di un servizio.
I tre requisiti fondamentali di validità di un brevetto sono: la novità, l’originalità (attività inventiva) e l’industrialità:
- Novità: un’invenzione è considerata nuova se non è già resa accessibile al pubblico, in Italia o all’estero. Ad esempio, un’invenzione identica a quella oggetto della domanda di brevetto che sia stata realizzata da un terzo ma mai divulgata non compromette la novità della domanda; se, invece, quest’ultimo l’ha già diffusa in qualunque modo, l’altrui invenzione non potrà più essere considerata nuova. È pertanto importante impedire la rivelazione accidentale delle invenzioni prima di depositare una domanda di brevetto e – laddove sia necessario comunicare a terzi informazioni confidenziali inerenti a tale invenzione – far sottoscrivere a questi ultimi accordi di segretezza.
- Attività inventiva: i brevetti sono concessi solo ai risultati di un processo inventivo o creativo e non a processi che una persona, con ordinaria abilità nel campo tecnologico relativo all’invenzione, potrebbe facilmente dedurre. Esempi di una insufficiente attività inventiva sono: il mero cambio di un’unità di misura o il rendere un prodotto portatile.
- Industrialità: un’invenzione ha un’applicazione industriale se il suo oggetto può essere fabbricato o utilizzato in qualsiasi genere di industria, compresa quella agricola. Un’invenzione non può pertanto essere un semplice processo intellettuale, ma deve essere tecnicamente realizzabile e capace di condurre a un risultato immediato con evidenti ricadute pratiche.
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