Startup & Entrepreneurship

Business Model: Cos’è e a cosa serve

Cosa determina il successo di un’impresa? Esistono delle “regole” da applicare? Il business model è una di queste? Se ti sei mai posto queste domande, sei nel posto giusto.

Cos’è il business model

Il concetto di business model è diventato main stream solo 20 anni fa. La internet economy esplodeva, rendendo evidente ciò che era vero da sempre, ovvero: è possibile pianificare il successo di una startup. 

È possibile agganciare una domanda di mercato, senza alcuna precedente esperienza alle spalle, proponendo prezzi competitivi né grazie a una produzione dai costi sostenibili se non ribassati rispetto alla concorrenza. 

La bolla delle dotcom alla fine scoppiò, lasciando un importante risultato: aver diffuso, negli ambienti manageriali, il business model che, come dice il nome stesso, indaga il modello economico delle imprese, visualizza come le aziende possono creare valore e quali strategie organizzative e finanziarie adottano, nonché chi sono i loro clienti e come li raggiungono.

Elaborare un BM vuol dire rispondere a cinque “magiche” domande elaborate dal padre del management, Peter Drucker:

  1. What is your mission?
  2. Who is your customer?
  3. What does your customer value?
  4. What results do you seek?
  5. What is your plan?

Le risposte a queste domande non sono però scolpite nella pietra. Tutt’altro.

Business Model board

A cosa serve il business model

Il modello di business guarda all’interno dell’azienda e dei suoi processi, ma anche al suo esterno, verso il mercato. Pertanto, deve essere costantemente aggiornato perché l’ecosistema aziendale è sempre più turbolento e, sia entro che fuori l’impresa, tutto può cambiare, anche repentinamente. 

Le aziende di successo sono quelle che rivedono costantemente il proprio business model riuscendo così a seguire o anticipare le tendenze di mercato

L’innovazione, anche in questo campo, è fondamentale. Ce lo spiega bene Joan Magretta, autrice della Harvard Business Review. Nel 1992, Disney aprì, vicino Parigi, un Parco Disneyland. All’epoca venne chiamato EuroDisney, proprio a sottolineare il suo status di primo parco Disney europeo.

Negli Stati Uniti, invece, già dagli anni ‘50 esistevano parchi divertimento a tema Disney. Un business molto redditizio per la società. In questi parchi, le giostre erano solo una parte dell’attrazione: le famiglie infatti passavano molto tempo nei ristoranti e nei gift shop. 

Andare a Disneyland era un po’ come andare al centro commerciale. L’azienda possedeva dunque una consolidata esperienza nel settore parchi divertimento. 

Lo stesso modello venne replicato in Europa aspettando pari risultati. Ma fu un bagno di sangue. 

Gli europei non erano interessati al cibo o ai gadget: li cercavano solo agli orari dei pasti o a fine giro. Il modello americano era costruito in base a piccoli flussi costanti di clienti. In poco tempo, EuroDisney divenne sinonimo di lunghe attese e frustrazione e i visitatori cominciarono a scarseggiare. Il parco rischiò addirittura di chiudere per fallimento.

Oggi, però, EuroDisney è il quarto Disneyland più visitato al mondo. 

Cosa ha reso possibile questa drastica inversione di tendenza? Hain indovinato! Per rendere l’attività profittevole, Disney ha dovuto rivedere il proprio business model. Analizzando i dati, i manager avevano capito che gli europei andavano a EuroDisney solo per le attrazioni. Era funque  quello il focus dell’attività! 

Ancora oggi, la costruzione di nuove giostre è la principale voce di spesa dei parchi europei.

business model canvas
Esistono diversi strumenti di elaborazione del business model. Il più famoso è il Business Model Canvas.

Gli elementi essenziali del business model

Abbiamo visto quanto sia importante testare sul campo la propria ipotesi di business model. Senza dubbio, però, prima dobbiamo elaborarla. 

Due sono i suoi elementi principali: i costi di produzione e il prezzo di vendita del bene/servizio offerto. 

Banalizzando, in un buon modello di business, i ricavi superano i costi. Per ottenere questo risultato, l’azienda deve saper gestire la fase di produzione, ma anche conoscere bene il suo mercato. Il prezzo non può prescindere dal valore percepito del prodotto. 

Sempre secondo Magretta, infatti, un modello di business può non funzionare per due motivi: il primo è economico (se i conti non tornano, non c’è sostenibilità) e il secondo riguarda lo storytelling dell’impresa (l’offerta deve rispecchiare la mission e l’immagine del brand).

Le aziende di successo sono quelle che riescono a centrare entrambi i punti. Di conseguenza, l’analisi si concentrerà su tre fasi della catena del valore:

  1. La produzione del prodotto/servizio (progettazione inclusa);
  2. La distribuzione, ossia identificazione del target, dei canali distributivi e delle modalità di consegna;
  3. La vendita, che incorpora il prezzo, ovviamente, e altri aspetti di natura finanziaria.

Questi processi devono esprimere una forte coerenza tra loro, altrimenti non potrà esserci sostenibilità di lungo periodo.

Se ci pensi, non fa una piega. Come può un’azienda generare profitti, se non c’è corrispondenza tra produzione offerta e domanda di mercato? O tra costi e strumenti di finanziamento? 

Il business model serve anche a questo: a rilevare eventuali incongruenze prima che possano nuocere all’impresa.

Maneggiare con cura

Il business model può sembrare un concetto astratto, o molto tecnico, ma in realtà si tratta di uno schema intuitivo e facile da comprendere. 

Pensiamo a The Founder (2016), il film di John Lee Hancock che racconta come è nato l’impero di McDonald’s descrivendo proprio il suo business model.

La difficoltà insorgono quando si tratta di usarlo., di applicare questa “cassetta degli attrezzi” alla propria idea di business. Il business model ha infatti due anime perché è ciò che accomuna e anche ciò che distingue le imprese. 

Per assurdo, infatti, esistono tanti business model quante sono le imprese. Ogni azienda ha il suo modo di generare profitti. Per semplificare, però, si ragiona per macro categorie in base ai tipi di business. 

Business Model
Il blog FourWeekMBA ha identificato almeno 70 tipi diversi di business model.

Anche all’interno di uno stesso settore, infatti, è possibile adottare modelli di business diversi. Pensiamo, per esempio, a Zara e Gucci. La prima è la paladina del Fast-Fashion e a seconda, per quanto molto dinamica, è una Fashion Company modello boutique. Entrambe sono aziende di successo, ma con modelli di business diversi. 

Se volessimo entrare nel mercato dell’abbigliamento, allora, quale dovremmo copiare? La risposta giusta è: nessuno dei due. Il business model non può essere considerato né una ricetta né un manuale di istruzioni.

C’è ancora molta confusione sullo scopo di questo strumento. Il concetto di business model viene automaticamente associato a quello di successo, ma anche le aziende inefficienti hanno un modello di business (solo che non è equilibrato). Come dice Magretta: 

I business model sono, in fondo, storie, storie che spiegano come funzionano le imprese”. 

Il modello di business, quindi, è una guida al ragionamento, uno schema di domande che dovrebbe portarci a prendere decisioni migliori per l’azienda, quali dove investire, quali fornitori scegliere, come organizzare il processo produttivo e come strutturare il marketing. 

È importante studiare i modelli virtuosi, trattandoli, però, per quello che sono: una fonte di ispirazione. Anche perché i business model non ci diranno mai tutto su un’azienda. Il segreto del successo resterà per sempre ben custodito nel know-how immateriale di un’organizzazione.

Prima di lasciarti, ti consiglio di approfondire anche le differenze fra business model e business plan e revenue model.

Business Model: Cos’è e a cosa serve

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