Flexible Working: prepara la tua azienda a implementare il lavoro flessibile
Come implementare il Flexibile Working in azienda tra nuove esigenze dei lavoratori e una maggiore attenzione alla work-life balance?
Il concetto di lavoro flessibile si sta rapidamente evolvendo e, dopo quasi tre anni di emergenza sanitaria, è diventato praticamente la nuova normalità. Cosa vuol dire flessibile? Letteralmente si riferisce a qualcosa che si adegua facilmente a situazioni o esigenze diverse; duttile ed elastico. Un qualcosa che infrange il rigore delle norme tradizionali a beneficio di novità e cambiamenti.
In questo caso specifico, sta a indicare un modello produttivo che va a scardinare la rigida struttura del lavoro, divisa in cinque giorni a settimana per otto ore al giorno. Naturalmente il fulcro di questo Flexible Working sono i dipendenti stessi che possono contare su maggiori libertà per adempiere ai loro compiti.
Quali sono le best practices per implementare il lavoro flessibile in azienda, e offrire ai dipendenti l’opportunità di scegliere come raggiungere gli obiettivi lavorativi?
Flexible Working in cosa consiste?
Molto spesso, parlando di Flexible Working esso viene messo in connessione con maggiori esigenze in termini di work-life balance.
Per descrivere al meglio questo tipo di vita professionale possiamo definire tre principali caratteristiche:
- Flessibilità nell’orario: cioè la possibilità di avere orari di ingresso o uscita variabili; settimane lavorative più brevi; part-time; lavori a progetto e simili.
- Flessibilità geografica: quindi Mobile Working; lavoro da casa; lavoro presso sedi di altre organizzazioni e situazioni analoghe.
- Flessibilità nei contratti: perciò lavori come come freelance, ad esempio, o forme di contratti alternative.
Leggi anche questo articolo di Andrea Solimene sull’argomento: Flexible Working, Remote Working, Agile Working oppure Smart Working?
I numeri in chiaro
Secondo un recente sondaggio svolto nel Regno Unito, a cambiare non sono solo i modelli produttivi, ma anche – e soprattutto – le esigenze dei lavoratori.
Esaminando questi dati sembra che:
- Il 92% dei Millennials vede la flessibilità come una priorità assoluta quando cerca lavoro.
- L’80% delle donne e il 52% degli uomini preferirebbero maggiore flessibilità nel loro prossimo impiego.
- Il 70% dei dipendenti del Regno Unito ritiene che i nuovi paradigmi produttivi rendano il lavoro più attraente.
- Il 30% di chi si è detto favorevole a queste nuove dinamiche preferirebbe un lavoro più flessibile a un aumento di stipendio.
- E la maggior parte degli ultracinquantenni vorrebbe andare gradualmente in pensione riducendo l’orario di lavoro e lavorando in modo meno rigido.
Tuttavia, meno del 10% dei lavori pubblicizzati nel Regno Unito offre attualmente flessibilità. I dati possono variare di paese in paese, ma comunque il divario tra domanda e offerta resta enorme.
Flessibilità e pandemia
Almeno in Italia abbiamo iniziato a sentir parlare sempre più spesso di Flexible Working negli ultimi mesi di pandemia. Naturalmente è un fenomeno che esiste da moltissimo tempo nel resto del mondo, con le prime leggi ad hoc che risalgono addirittura al 2014.
Molte delle più importanti organizzazioni hanno iniziato ad abbracciare gradualmente questo cambiamento, grazie anche all’avvento di nuove tecnologie.
In molti casi, invece, il processo di evoluzione è stato meno agile; i motivi restano legati sempre alle abitudini, alla paura di addentrarsi in nuovi modelli o semplicemente a una difficoltà nel concretizzare questa trasformazione.
Come ben sappiamo il Covid ha dato una grandissima spinta all’innovazione, portando i modelli di lavoro flessibili a diventare, praticamente, di uso comune. A fronte di questo potremmo dire che, a oggi, il termine Flexible Working è diventato (quasi) mainstream; non più un qualcosa ad uso e consumo di pochi, ma una validissima alternativa ai vecchi paradigmi produttivi.
Una rivoluzione, insomma, che seppur lentamente, ha coinvolto buona parte dei lavoratori che difficilmente decideranno di tornare indietro. Questo naturalmente è un bene che può portare grandi vantaggi sia ai dipendenti sia alle aziende.
I vantaggi del flexible working in azienda
1. Aumento della produttività
Naturalmente parlando di lavoro flessibile ci sono moltissimi benefici che riguardano la produttività che possono interessare sia le imprese sia i lavoratori.
Secondo alcuni recenti studi sembra che lavorando da remoto e con orari più flessibili, il 77% dei dipendenti abbia notato un incremento di produttività. Circa il 30% ha affermato, rispetto al lavoro in ufficio, di essere riuscito a fare di più in meno tempo, lavorando da casa.
2. Riduzione dello stress e del burnout
Come abbiamo tutti imparato nell’ultimo periodo, lavorare da remoto spesso porta a non rispettare i turni imposti dal contratto. Questo, a lungo andare, può generare fortissime situazioni di stress, burnout e, ovviamente, problemi fisici e mentali causati (o amplificati) dal troppo lavoro.
A fronte di questo è chiaro che l’offerta di orari di lavoro flessibili, telelavoro o lavoro a distanza possa essere cruciale per il benessere dei dipendenti.
3. Maggiore equilibrio tra lavoro e vita privata
Implementare il lavoro flessibile in azienda contribuisce in maniera sana alla promozione di un rinnovato equilibrio tra lavoro e vita privata nei dipendenti.
Il Flexible Working permette di raggiungere una migliore gestione dei rapporti con la famiglia, potendo pianificare i propri impegni in modo da trascorrere più tempo con i propri cari, limitando stress, insoddisfazione e burnout.
4. Migliore soddisfazione sul lavoro
I vantaggi del lavoro da remoto includono anche una migliore soddisfazione sul lavoro per i dipendenti; personale più coinvolto e più entusiasta del proprio operato, vuol dire essenzialmente riduzione dello stress e aumento della produttività.
5. Il lavoro flessibile attrae talenti
I vantaggi in questo senso includono anche l’acquisizione di nuovi talenti.
Moltissime aziende utilizzano l’incentivo della flessibilità per attrarre personale competente e avvicinarlo a quella che è la mission dell’azienda. Oltretutto questo porta anche a una maggiore fidelizzazione dei lavoratori proprio per via della loro maggiore soddisfazione.
Implementare il flexible working in azienda: best practices
Prima di parlare dei consigli pratici per preparare la tua azienda al Flexible Working, vale la pena parlare dei dubbi e delle paure che si potrebbero incontrare al riguardo.
- Preoccupazioni riguardanti le pressioni operative e la realizzazione pratica di un workflow flessibile.
- Atteggiamenti dei dirigenti poco in linea nei confronti del Flexible Working e mancanza di sostegno al riguardo.
- Dubbi del personale sui cambiamenti che li riguardano, dovuti all’impatto del lavoro flessibile di terzi.
- Mancanza di strategie e cultura aziendali.
- Dubbi sull’efficacia di misurare le prestazioni di dipendenti in base ai risultati anziché alle ore.
Quindi, una volta compresi i dubbi e le difficoltà, ecco alcuni consigli per implementare al meglio il lavoro flessibile.
I consigli per implementare al meglio il lavoro flessibile in azienda
- Chiarire i vantaggi per l’organizzazione e per i dipendenti.
- Dissolvere eventuali dubbi e perplessità al riguardo.
- Stabilire sin da subito un processo chiaro per definire ruoli e responsabilità tra i dipendenti, i manager di linea e le risorse umane.
- Trovare soluzioni creative per incoraggiare le pratiche di flessibilità anche in quei ruoli che potrebbero non essere adatti allo scopo.
- Assumere personale propenso al Flexible Working o che possa adattarsi facilmente ai nuovi paradigmi produttivi.
- Garantire lo stesso accesso ad avanzamenti di carriera e benefit anche ai lavoratori flessibili.
- Cercare di ottenere sin da subito il consenso dei manager e dei dirigenti con casi studio, esempi ed eventualmente supporto.
- Creare una cultura organizzativa solidale tra tutti i membri dell’azienda.
- Sostenere il lavoro a distanza e da casa.
- Insegnare ai lavoratori a ragionare in base agli obiettivi e non in base al tempo.
- Dotare i dipendenti degli strumenti e delle tecnologie necessarie, puntando soprattutto alla formazione.
Flexible Working: cosa ci riserva il futuro?
In termini di Flexible Working, la rotta verso il futuro è cominciata il 30 giugno 2014 con le modifiche al Regolamento del Lavoro Flessibile.
Chiaramente stiamo parlando dei procedimenti messi in piedi dal governo del Regno Unito, ma che, in qualche modo, sono stati il vero propulsore del cambiamento. Si noti, però, che il Flexible Working Regulations non garantiva il diritto a tali modalità di lavoro, ma solo la possibilità di farne richiesta.
Comunque in queste pagine si leggono nel dettaglio i requisiti per essere ritenuti idonei a lavorare in maniera flessibile, ma soprattutto si lanciano i primi veri spunti ai datori di lavoro. Forse è proprio da qui che le persone hanno iniziato a pensare a come migliorare il work-life balance. Insomma un regolamento con tutti i limiti del caso, ma che comunque ha posto l’accento sul problema per la prima volta in assoluto.
Poi le procedure per richiedere il lavoro flessibile erano comunque molto macchinose; e ogni situazione doveva essere concordata con i dirigenti con la clausola di inoltrare richieste “in modo ragionevole”. Questo ha ovviamente spianato la strada a definizioni e applicazioni del regolamento sempre più mirate che hanno portato alla diffusione del Flexible Working per come lo conosciamo oggi.
Il Flexible Working Regulations tra ieri e oggi
Una cosa è stata fondamentale in questo percorso tortuoso verso la flessibilità: l’idea di trattare in modo equo tutte le richieste. L’idea è sempre quella che non dovrebbero esistere lavoratori di Serie A e lavoratori di Serie B; perciò tutte le applicazioni del regolamento non devono mai perdere di vista le persone e i loro bisogni, e oggi più che mai.
Rileggendo a distanza di anni il Flexible Working Regulations appare evidente che molte cose sono cambiate. Non è solo colpa della pandemia, è anche e soprattutto merito di una generale riorganizzazione del lavoro che ha modificato radicalmente le carte in tavola. Poi naturalmente gli evidenti benefici del lavoro flessibile hanno fatto il resto, convincendo anche le persone più “integraliste”.
A margine della normativa del 2014 si legge una frase importante:
La flessibilità è fondamentale anche per il futuro
con l’auspicio che i modelli e le applicazioni di tale regolamento venissero aggiornati e “ripensati” di continuo. Sicuramente un input su cui riflettere, all’epoca, che oggi è diventato (o almeno così dovrebbe essere) il New Normal.
Cosa succederà nei prossimi anni nel mondo del lavoro?
Il Flexible Working diventerà finalmente la normalità. Sempre più persone immagineranno le proprie abitazioni con spazi adibiti al lavoro da remoto, scegliendo, magari, forme di lavoro flessibile o nuovi modelli ibridi in accordo con la propria azienda.
Anche il co-working potrebbe vedere un’ulteriore crescita, con la nascita di spazi di lavori condivisi che andranno a beneficio di lavoratori e imprese.
Notevoli benefici saranno anche per l’ambiente e la viabilità, con meno macchine in strada, meno persone sui mezzi pubblici e bisogni ridotti di viaggi in aereo, con un grande impatto positivo sul pianeta.
Queste al momento restano solo delle intuizioni, non possiamo sapere come sarà il futuro del lavoro soprattutto alla fine dell’emergenza sanitaria. La certezza è che difficilmente si tornerà ai vecchi modelli produttivi, ma nel mentre potrebbero anche venire alla luce nuove soluzioni ancora inedite.
A tal proposito condivido il podcast dell’intervista con Silvia Zanella sul futuro del lavoro. Buon ascolto.
Flexible Working: prepara la tua azienda a implementare il lavoro flessibile