Design degli spazi e dell'esperienza: ecco come si disegnano gli uffici di domani
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Una riflessione di Copernico su come dovrebbero essere progettati gli uffici che vogliono andare incontro alle esigenze dei lavoratori moderni.
Quanto incide il design sulla produttività di un lavoratore? Quanto contano la disposizione degli spazi e la scelta degli arredi nel successo di un’azienda?
Sono domande che le aziende non possono più ignorare perché è ormai comprovato che il tema del design sia diventato centrale per la progettazione degli spazi di lavoro contemporanei.
Negli anni, si è sempre più diffusa la consapevolezza che investire nel design voglia dire investire sulla felicità e sul rendimento dei propri lavoratori. Fino al punto che si può finalmente affermare che anche per il design esiste un ROI.
L’azienda Gensler, una delle più grandi società di architettura a livello mondiale che negli ultimi 10 anni si è dedicata alla progettazione di uffici e posti di lavoro, ha cercato di capire come quest’ultima sia in grado di influenzare produttività, innovazione e dinamiche competitive, arrivando alla conclusione che l’architettura e il design contribuiscono davvero all’innovazione e incidono sulla produttività delle persone.
Da questo si evince che non è importante lo spazio, ma la relazione tra le persone che lo spazio può generare. Ci troviamo ormai di fronte a una generazione di uffici flessibili con arredi intelligenti, postazioni smart che incoraggiano il movimento, l’interazione, la condivisione e lo scambio di idee.
Ecco allora che il design degli spazi e dell’esperienza risulta cruciale nella progettazione degli uffici moderni.
Quando però si tratta di progettare un ufficio o un’azienda esistono così tante variabili e opzioni che prendere decisioni non è mai semplice. Se fino a qualche anno fa si pensava che la digitalizzazione avrebbe portato a lavorare sempre di più da casa, oggi ci troviamo invece di fronte all’effetto opposto: gli spazi di lavoro sono stati “domesticizzati”.
Il risultato è un paesaggio di lavoro dai confini sfumati, ancora non decodificato del tutto. Come si deve muovere allora una società che vuole progettare un ufficio?
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Open space sì, open space no?
I migliori risultati aziendali si ottengono quando i colleghi possono collaborare tra di loro, scambiandosi idee, pareri e consigli.
Un sondaggio del 2018 di Capital One aveva rivelato che il 30% dei lavoratori intervistati avrebbe preferito spazi che facilitassero la collaborazione interna e l’80% aveva dichiarato di sentirsi più produttivo potendosi spostare durante le ore di lavoro.
Ciò farebbe quindi pensare che la soluzione migliore sia l’ufficio aperto, senza postazioni fisse di lavoro, dove possano accadere i “tanto desiderati” incontri casuali. Questa è stata la tendenza degli ultimi anni, utile per raggiungere una maggiore trasparenza aziendale e per abbattere le strutture gerarchiche.
Ma se non fosse sempre la soluzione migliore?
Un recente studio pubblicato sul Journal of Environmental Psychology ha portato alla luce alcune problematiche degli uffici open space come il rumore e la mancanza di privacy, necessaria per esempio durante alcune telefonate o durante lo svolgimento di alcune attività.
Qual è, allora, il design giusto? Come applicarlo al meglio per potenziare la produttività e ridurre gli effetti negativi? Il più delle volte la risposta sta nella commistione di luoghi: aperti e chiusi. I primi per facilitare gli incontri e gli scambi di idee, i secondi per consentire la massima concentrazione.
Il migliore design è senza dubbio quello che si concentra sulla creazione di un ambiente in cui le persone possano svolgere efficacemente il proprio lavoro, senza fissarsi sulle mode del momento o nel tentativo di creare “l’ufficio dei sogni”. Servono praticità, funzionalità, estetica e certamente anche comfort, per rispondere alle esigenze delle diverse attività lavorative.
Gli ambienti di lavoro moderni devono infatti essere fluidi e condivisi, adatti al lavoro flessibile, con diverse tipologie di spazi modulabili per ogni tipo di attività: stanze aperte e stanze chiuse, meeting room private, aree caffè dove fermarsi e scambiare chiacchiere con i colleghi, magari anche di altri reparti (o di altre aziende se si parla di spazi di coworking).
A ognuno il suo design
Il vero nodo della questione, però, è scegliere un design che influisca sul benessere del personale e che porti alla progettazione di uno spazio di lavoro pensando al suo scopo. Occorre tenere conto della user experience dei lavoratori, misurabile attraverso tre canali: visivo, uditivo e cinestetico. Ciò si traduce in: luce, silenziosità, qualità dell’aria, verde e arte.
Il buon design è tale quando soddisfa le sue funzionalità, quando va incontro alle esigenze del lavoratore.
Bisogna poi pensare alle persone più che al lavoro. Conoscere e comprendere anche le esigenze dei lavoratori in quanto esseri umani vuol dire creare spazi dove possano fare del loro meglio.
Ecco perché i workplace moderni non sono solo flessibili, ma anche inclusivi, responsivi e, in una parola, adattabili. Questo conferma quanto detto poche righe fa e spiega bene il crescente successo di spazi ibridi come luoghi che abilitano le persone che li frequentano.
Quando l’esperienza va capitalizzata
Progettare uno spazio adattandolo al contesto non è semplice. Bisogna conoscere tematiche legate al design ma anche le richieste, le necessità e le abitudini dei lavoratori.
Non esiste quindi lo spazio giusto, esiste lo spazio ergonomico, quello che sommando, elaborando e integrando le ricerche e le soluzioni, realizza l’adattamento migliore tra il sistema uomo-macchina-ambiente di lavoro e le capacità e i limiti psico-fisiologici dell’uomo.
Il design diventa quindi generatore di storie, quel fattore distintivo in grado di creare valore e, perché no, di contribuire anche alla creazione di un brand e di un posizionamento forte.
A cura di Federico Andrea Lessio, Chief Experience Officer, Copernico
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