Tecnologie immersive: la nuova frontiera virtuale per le organizzazioni
Viviamo nel secolo in cui è possibile raggiungere ogni parte del mondo con uno smartphone, un pc, un device. Molto presto riusciremo a farlo con il nostro corpo, o almeno grazie ad un nostro doppio digitale in una dimensione virtuale. Le tecnologie immersive sono l’opportunità per delocalizzare lo spazio in cui siamo, collaboriamo, lavoriamo. Immagina di avere il loro supporto nella tua organizzazione. Potresti ritrovarti nella stessa stanza del tuo team, senza esserci fisicamente.
Tecnologie immersive e organizzazioni: le potenzialità del virtuale per il lavoro e per i team
Per parlare di virtuale e approfondire l’argomento tecnologie immersive e organizzazioni, la persona più adatta è Valentino Megale di Softcare Studios.
Ci siamo conosciuti in occasione di un Mashable Social Media Day per TOMMI: il progetto che offre supporto terapeutico ai bambini con patologie oncologiche grazie alla realtà virtuale e contemporaneamente fornisce dati ai medici sulle loro capacità psicomotorie.
Sarà Valentino, grazie a questa intervista e al digital meeting “La dimensione immersiva dello smart working” (puoi trovarlo su exploringsmartworking.com), a farti conoscere le opportunità per i nuovi modelli di lavoro e per la collaborazione digitale date dalle tecnologie immersive.
Le potenzialità delle tecnologie immersive: la parola a Valentino Megale
Nell’intervista troverai:
- il virtuale come valida alternativa per il reale;
- le tecnologie immersive nelle organizzazioni come opportunità di gestione del team work e della collaborazione;
- l’importanza di conoscere gli strumenti e concepire gli spazi.
Potrai approfondire questi argomenti nel digital meeting “La dimensione immersiva dello smart working“.
A. A fine gennaio quando la pandemia sembrava solo una voce del dizionario, siamo stati selezionati con Softcare Studios per partecipare ad un investor meeting a Londra, previsto per questi giorni.
Quando il coronavirus ha sfondato la porta delle nostre abitudini e certezze ho ricevuto una mail dagli organizzatori di quell’evento che spostava il meeting da fisico a digitale, accompagnando la comunicazione con una frase che riassume perfettamente il momento:
situazioni straordinarie richiedono soluzioni straordinarie.
Sono convinto che come il digitale (il web per intenderci), anche il virtuale rappresenta adesso un’alternativa per eventi reali, a cui al momento non possiamo partecipare.
Il cuore della realtà virtuale è la sua capacità di simulare realisticamente la nostra presenza in ambienti virtuali. Una capacità che si adatta perfettamente a riproporre digitalmente eventi, conferenze e fiere con tanto di esibizione di prodotti e contenuti.
Non esiste ancora uno standard per farlo, ma questo momento storico ci spinge a strutturarne uno, valido ora come in futuro.
Q. Tecnologie immersive e organizzazioni: siamo ormai abituati a collaborare via chat e video-conference; diciamo che è quasi la normalità per molti. Lo sarà anche la realtà virtuale? In che modo?
A. La VR non è semplicemente una video-call immersiva in 3D. Interpretarla in questo modo equivale a descrivere (nel 2007) il primo iPhone paragonandolo ad un telefono senza tasti.
Se chat e video-call svolgono un ruolo chiave per delocalizzare lo spazio da dove svolgiamo le funzioni lavorative, la VR ci permette di delocalizzare lo spazio entro cui collaboriamo. Una lieve quanto sostanziale sfumatura, ed è in quest’ottica che sta emergendo l’importanza della VR e il suo utilizzo nella quotidianità del lavoro, tanto da remoto quanto entro il contesto fisico di un’azienda.
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Q. Le realtà che si approcciano al nuovo paradigma lavorativo, di quali strumenti potrebbero aver bisogno per fare il salto verso le tecnologie immersive?
A. Prima di tutto, formazione. Formazione per acquisire familiarità con le tecnologie immersive, le piattaforme hardware e software, e le relative best practices di utilizzo.
Sulla base di questa conoscenza teorica e pratica, i casi di utilizzo emergeranno spontaneamente. La formazione è un abilitatore fondamentale al salto di cui parli, per colmare quello che potremmo chiamare “virtual divide” (per analogia con il digital divide).
Q. Il virtuale potrebbe diventare la soluzione ottimale per la gestione del team work. Un modo per includere i lavoratori in smart working, in loco, in remote working, alla stessa maniera. Quanto sarà importante concepire uno spazio condiviso non fisico in azienda?
A. Lo spazio è un aspetto chiave della VR. Come sottolinei correttamente, la realtà virtuale permette a utenti in loco e in remote working di condividere uno stesso spazio (e tempo), ma virtuale, totalmente separato da quello fisico.
Ma la condivisione non si ferma allo spazio: riguarda ugualmente la percezione di presenza, lo scambio verosimile di gesti, emozioni, voce e navigazione interattiva dei contenuti.
Tutto questo evidenzia che il valore della VR nel team work non si gioca sul remote, ma sulla simulazione di vicinanza spaziale (e sincronicità) per lo svolgimento di attività che la richiedono. E che non possono essere svolte con la stessa efficienza su una dashboard 2D, su un CRM desktop, su un’app.
Per fare brainstorming su un nuovo progetto, quanto è importante essere nella stessa stanza, riducendo al minimo i tempi morti del confronto verbale, riunendo le idee su una lavagna mentre ci si muove fisicamente attorno al processo?
La risposta a questa domanda punta direttamente al valore fornito dall’impiego della realtà virtuale che scopriremo un’applicazione dopo l’altra.
Grazie per la disponibilità Valentino!
Per approfondire l’argomento tecnologie immersive e smart working, partecipa al digital meeting “La dimensione immersiva dello smart working” con Valentino Megale di Softcare Studios e Andrea Solimene di Seedble.
Tecnologie immersive: la nuova frontiera virtuale per le organizzazioni