Discorsi sul metodo: Paradigm shift episodio III – Il ritorno dello Spiegone
In questa puntata della rubrica Discorsi sul metodo il format rimarrà quello del mostro della settimana, e il tema sarà: il social networking.
Nelle puntate precedenti: Spazio, ultima frontiera. Un cedimento nel Mos Maiorum ha portato a una liberazione democratica dei processi di produzione memica (signora mia non le fanno più le fabbriche carceri di una volta).
Corre l’anno 2025 e la lotta per il controllo politico passa attraverso falsi diciassettenni delle produzioni di film per adolescenti di Hollywood, che adesso si arrangiano social media manager. Dopo l’assalto a Gamestop il susseguirsi degli scontri in borsa tra redditors e speculatori ha portato ad un collasso del sistema economico mondiale. Il mining in bitcoin è stato sostituito da cupe industrie che spremono direttamente le meningi dei minatori.
Il mondo è nel caos.
Pochi esuli guidati da Elon-Meme-machiner si avventurano nel viaggio della speranza nel tentativo ultimo di colonizzare Marte ed avere un mondo migliore.
Ricapitolando abbiamo:
- Una progressione di 40.000 anni ci ha portato all’atarassia massima attraverso la fruizione disinteressata tipica della contemplazione kantiana del ciclone che è la quotidianità attraverso il filtro Tv.
- Abbiamo ripercorso la storia della memoria storica.
- Abbiamo immaginato una storia delle immagini.
- Dovremmo adesso intrecciare le storie dei mezzi e i contesti socio-politici per avere un quadro completo di come sia cambiata progressivamente la nostra percezione degli stimoli visivi e testuali.
Tempo di calcolo stimato: dieci anni.
Propensione accademica: scaricabarile. (Il mio caro professore d’analisi soleva essere molto gentile e fiducioso e lasciava “la seguente dimostrazione alle brillanti facoltà e all’esercizio degli studenti a casa”. Non a caso segava il 70% delle persone ogni esame).
Per ragioni di spazio e d’immaginazione, per citare i robottoni giapponesi di cui sono innamorato dalla tenera età, il format rimarrà quello del mostro della settimana, e il tema sarà: il social networking.
Tempo di lettura: mai abbastanza.
Cenni storici sparsi e semiseri (?) Capitolo Tre Forse.
Prima di far comparire l’arci-nemico ricorrente, il Signor Spiegone, e quindi degenerare nuovamente in una manciata di nozioni cronologiche vagamente contestualizzate, vorrei soffermarmi sulla progressione strutturale dei tre capitoli di questa saga.
Quello che è andato a svilupparsi nel corso di circa quattromila parole, è un deragliamento continuo delle buone norme della scrittura social e della struttura appealing che normalmente gli articoli per il digitale hanno.
In questo che sembra un accorato appello personale all’attenzione, che non avrebbe nessuna ragione d’essere all’infuori dell’inciso, si viene a creare la rottura di un frame pseudo-istituzionale che mi permette di mostrarmi in via più confidenziale.
Una premessa che faccio alla carrellata di oggi è quella di soffermarsi sul progressivo spostamento delle forme verbali da impersonali a dirette da a chi sta leggendo.
L’uso di una prima persona che si diffonde, generalmente indica nei precedenti testi una rottura dal contesto dell’argomento di cui si parla alle mie considerazioni un po’ meno serie, che di solito incidono in maniera positiva (più o meno).
L’incidenza, col progredire della narrazione, aumenta. Questo perché nella comunicazione digitale il senso di complicità è fondamentale per prendere sul serio e a cuore e più in generale, per affidabile, quello che deve essere un contenuto spesso fattuale. Ma questo è un utile strumento che ci servirà più tardi.
Era necessario parlarne subito perché da un momento all’altro poteva ricomparire la mia nemesi, ma credo che ormai sia troppo tardi e sono costretto a cedere il posto.
Cenni storici sparsi e semiseri – stavolta per davvero
Quella dei social network è una storia atipica. Se andiamo a vedere le origini effettive della tecnologia che permette la svolta social dell’era dell’informazione, dovremmo cominciare con i primi sviluppi del World Wide Web, della telefonia mobile e della messaggistica istantanea, capisaldi della trasformazione industriale del tardo Novecento.
La nascita di internet si fa risalire generalmente al 1966 con le interconnessioni create dal progetto Arpanet, in grado di collegare le reti delle maggiori università americane, ma è solo col 1989, al Cern di Ginevra, che i primi progetti avranno davvero speranza di vivere. Lo sviluppo di una rete globale comincia a prendere forma nel 1991 e solo nel 1994 verrà istituzionalizzata e resa pubblica grazie al W3C (World Wide Web Consortium), che ne garantirono omogeneità nei protocolli e libertà alla radice dagli enti di potere.
Per quanto riguarda i social media, possiamo invece risalire l’origine effettiva agli anni Settanta, per la precisione al tempo dello sviluppo della tecnologia PLATO (Programmed Logic for Automatic Teaching Operations), un progetto dell’università dell’Illinois che è stato uno dei prototipi di molte delle più comuni tecnologie del nostro tempo, tra cui la “General-purpose computer message board” con cui gli studenti lasciavano ai futuri utenti informazioni e istruzioni condivise.
Da questo semplice progetto accademico nasce l’idea del Forum, la forma di comunicazione principe del web fino a una decina di anni fa, che cominciò a diffondersi nel 1994 con il WIT Talk (https://www.w3.org/WIT/) e che come tutti sappiamo è rimasto vivo fino a oggi (anche se surclassato dai social generalisti) per adempiere a funzioni più settoriali e tematiche di discussione non necessariamente istantanea.
Per tornare alla svolta epistemica dei primi anni duemila, però, manca ancora il tassello fondamentale a comprendere il vero e proprio shift: la telefonia mobile, gli sms e MSN.
Parallelamente allo scambio diacronico di informazioni, come ci ha insegnato la storia più volte, si è ricercato con crescente e più frequente forza una sincronicità tra invio e consegna del messaggio.
Se la storia dei romanzi epistolari è romantica e struggente, ciò non toglie che al nostro tempo sono relegati un vezzo totalmente anacronistico. Questo grazie alla tecnologia della messaggistica istantanea, che è il culmine di centinaia di anni di ottimizzazione della consegna dei messaggi a livello militare e non, pinnacolo dell’informazione che l’umana semenza può condividere attraverso tutti i mezzi possibili, galoppini, piccioni viaggiatori, trasporti navali ed aerei, tutto per arrivare alle e-mail che tra colleghi ci scambiamo con le foto o le gif dei gattini. (in questo momento starei alludendo molto intensamente e con complicità il mio capo, ma è una informazione riservata).
Se nel 1992 è stato inviato il primo SMS tramite rete Vodafone, dovremo aspettare gli inizi del 2000 affinché la tecnologia mobile prenda piede tra tutti gli strati della popolazione. Nonostante i costi iniziali, l’impatto della messaggistica istantanea e delle chiamate cellulari è stato quello di un cambiamento epocale. Effettuare una telefonata da ogni possibile punto del campo nella rete cambia (e salva) letteralmente la vita delle persone.
Con questo in mente possiamo cominciare a pensare a quanto la messaggistica istantanea abbia reso invece il rapporto di interazione virtuale progressivamente più umano e immersivo, un ennesimo passo verso la felicità plastica di cui siamo inondati ogni giorno.
A quadrare il cerchio del processo storico infine,ci sono MSN e Skype. L’ultima grande rivoluzione prima del salto finale.
MSN è il primo software che molti di noi hanno avuto come esempio di messaggistica gratuita, l’impatto fu straordinario. Trasformava la parsimonia degli SMS in quello che erano fiumi di discorsi scritti (sgangheratamente) in quella che per la prima volta potremmo definire socializzazione virtuale condita di poke, emoticon e trilli, (e che a oggi ricorda a molti il concetto di casa).
Allo stesso modo Skype permetteva di video-chiamare amici e parenti a lunghe distanze, ma in Italia ha preso piede solo molto dopo, soprattutto tra i ragazzi.
Contemporaneamente nascevano piattaforme per esprimere sé stessi e che costituivano le prime forme di personalità virtuale per gli utenti: Myspace, Netlog, Second Life, erano le piattaforme di nicchia in cui i ragazzi e le ragazze cercavano una effettiva socializzazione visuale.
E d’improvviso Facebook. 2004
Suoni di rivoluzione. Rinasce e si trasfigura il senso della socialità Umana.
Facebook è la realtà perfetta al di fuori, e contemporaneamente dentro alla realtà stessa. Come Google con il web, Facebook è il contenitore di conforto perfetto per avere al suo interno i rapporti sociali. O almeno lo è stato, a suo tempo, quando ha incluso nello stesso social un sistema di messaggistica, un sistema di personalizzazione del profilo e per l’espressione di sé, e ha permesso una delle rivoluzioni più grandi di tutti i tempi. Ha unito sincrono e diacrono, forum e chat, foto e commenti, interazioni leggere e dure (mettere like e commentare hanno ad esempio livelli di commitment diversi).
Ha costruito un mondo in cui si può essere come ci si sente, e ci si può promuovere. L’utopia incrinata incarnata.
Da questo punto in poi tutte le piattaforme successive hanno costruito un sistema che premiasse l’interazione tra persone, che favorisse la creazione di contenuti e che fosse sempre più accessibile all’utente finale qualunque questo fosse. La socialità web con Facebook diventa l’inizio di qualcosa di nuovo (talvolta sinistro, ma certamente nuovo).
Da qui la marcatura contenutistica, vien da se, è diventata parte della struttura e tante nuove piattaforme hanno cominciato a tematizzarsi e settorializzarsi nei vari ambiti della socialità: nascono Twitter, Whatsapp, Youtube, Instagram (aspirante al trono del Re), Pinterest, Snapchat e più recentemente Twitch e Tiktok (vorrei fare battute su Googleplus, ma per colpa di una certa piattaforma ho anche io un account su di esso).
Considerazioni sul Vil danaro Pt.3.
Viene soddisfatta sempre più spesso la necessità sociale e con sempre più pertinenza su quelli che sono i gli interessi del consumatore, e di conseguenza per le aziende del capitalismo e del consumo classico, diventa sempre più difficile soddisfare, nei confronti dell’utente medio, la lista dei suoi bisogni e il suo desiderio sociale (di esprimersi, di avere un ruolo, di importare qualcosa, erhm queste esternazioni un po’ nichiliste le terrei per me); fino al punto che la feticizzazione della risposta alle sue richieste diventa spesso la priorità di produzione. E quindi, come sappiamo fin troppo bene, il grado di conoscenza del mezzo con cui il prodotto arriva si satura e diventa sempre più difficile stare al passo con la diffidenza del consumatore “consapevole”.
Per questo, tornando al discorso precedente all’avvento del mio alter ego, va sottolineato quanto sia importante creare un rapporto personale con la propria audience e che vadano istituite nella comunicazione web alcune peculiarità che rendano tipico e “confidenziale” il rapporto, al punto che, come nella sociologia delle comari di quartiere, si possa essere dei poli di riferimento per un determinato bisogno/servizio.
Come essere confidenziali, ma allo stesso tempo valorizzare la propria competenza tecnico/istituzionale?
Lo scopriremo nella prossima puntata, a finale del finale che finisce.
Riflettendo sull’utilizzo dei social, cosa pensi che abbia cambiato della tua percezione di te, avere i social?
Discorsi sul metodo: Paradigm shift episodio III – Il ritorno dello Spiegone