Proroga dello smart working semplificato: dove sta l’inghippo?
Proroga dello smart working semplificato: perché l’entusiasmo delle aziende potrebbe drasticamente diminuire.
Sembra ormai prossima la conferma di una proroga fino al 31 dicembre 2021 per lo smart working semplificato (che permette alle aziende di applicare lo smart working senza bisogno di sottoscrivere alcun accordo – né con il lavoratore né con le rappresentanze sindacali) ed ecco che sono tutti pronti a gridare al miracolo. Ma quanto ci piacerà lo smart working semplificato? Forse dovremmo tenere in considerazione anche alcuni aspetti non così positivi in fondo.
È evidente che “semplificato” è già di per sé una parola che ci rincuora: rispetto a una qualsiasi cosa complicata, tutti siamo portati a preferire la versione semplificata. È quindi facilmente ipotizzabile che questa notizia abbia fatto tirare un respiro di sollievo a molte aziende, probabilmente a quasi tutte, ad eccezione solamente di quelle realtà virtuose che hanno già provveduto a mettere in piedi un progetto strutturato di smart working con le procedure classiche previste dalla legge (quelle “complicate”, se seguiamo il ragionamento fatto sopra, dell’accordo individuale o sindacale).
Ma allora perchè rovinare la festa alle aziende? Perché voler trovare il lato negativo in un contesto che sta vivendo un momento di serenità e sollievo? Perché la trappola è dietro l’angolo. Ecco perché.
La teoria dello stato gassoso delle aziende
Ve lo spiego meglio, con l’aiuto di un pò di chimica di base unita a un pizzico di sana dinamica negoziale (se non avete capito niente, tranquilli: è assolutamente normale, ma tra pochissimo sarà tutto più chiaro).
A scuola ci hanno insegnato che le particelle allo stato gassoso tendono ad occupare tutto lo spazio a loro disposizione. Faccio un breve ripasso per chi fosse stato malato proprio il giorno di questa lezione: le particelle aeriformi non hanno né volume né forma propria e tendono quindi ad assumere il volume e la forma del recipiente che le contiene, allargandosi fino ad occuparlo interamente. Se poi il recipiente che le contiene cambia forma e volume (ad esempio, viene schiacciato, e quindi compresso), le particelle si riadattano, con l’unica conseguenza di un aumento della pressione interna al recipiente.
Bene, lo stesso avviene con le aziende e l’approccio allo smart working. Ma se ci pensiamo bene è normale, perchè è una tendenza che in verità è propria dello stesso essere umano.
Noi esseri umani tendiamo, infatti, a dilatare le azioni che dobbiamo compiere spalmandole in tutto il tempo che abbiamo a disposizione, in modo da occuparlo per intero. Tuttavia, quando intervengono dei fattori esterni che comprimono il tempo a nostra disposizione (nel nostro esempio sopra, il volume), di solito riusciamo a tirare fuori il meglio di noi, e scopriamo di essere in grado di gestire lo stesso numero di attività inizialmente previste in un minor tempo rispetto a quello preventivato. Ma se è vero che abbiamo la tendenza ad occupare tutto il tempo a disposizione, eventualmente riadattandoci alle sue modifiche, è anche vero che l’inevitabile conseguenza di una restrizione dei tempi a disposizione implica necessariamente una maggiore pressione da dover gestire (suona familiare?).
Se quindi è vero che l’essere umano ha questo bisogno insito di “riempire” tutto il tempo a disposizione, ci basterà pensare che l’azienda è fatta di persone per traslare lo stesso ragionamento su questa.
La trappola dello smart working semplificato
Se infatti ci guardiamo indietro e osserviamo il comportamento delle aziende negli ultimi mesi, vediamo che la maggior parte di queste si sono mosse a singhiozzo, vedendo ogni volta il termine per lo smart working semplificato avvicinarsi drasticamente, per poi riallontanarsi ad ogni proroga intervenuta. E questo non fa bene all’azienda.
Non fa bene perchè, come detto sopra, l’azienda tenderà sempre a riempire tutto il volume a disposizione: questo vuol dire che, nel nostro caso, l’azienda che finora non si è ancora attivata per sviluppare un progetto strutturato di smart working tenderà sempre ad occupare tutto il tempo disponibile per valutare l’implementazione strutturata del lavoro smart, riducendosi così ogni volta al termine previsto per l’applicazione dello smart working semplificato e sperando in un’ulteriore proroga (quindi, cambiando la data prevista per il termine della proroga, il risultato non cambia). Quante volte in questi mesi abbiamo visto aziende rimandare il momento di pianificazione e sviluppo di un progetto strutturato, forti delle famose proroghe intervenute allo smart working semplificato?
Tuttavia, quello che spesso in questi casi non si tiene in considerazione – o addirittura si sottovaluta – è che rimandando sempre l’implementazione all’ultimo momento previsto per la proroga dello smart working semplificato (e approfittando quindi sempre di tutto il tempo a disposizione), le aziende perdono una grandissima occasione. Eh sì, l’occasione di avere un potere negoziale ben diverso.
Prendiamo ad esempio le aziende che già hanno strutturato progetti formali di smart working (sia pre-Covid che durante questi ultimi mesi). Queste aziende hanno potuto beneficiare di un enorme vantaggio negoziale: quello dato dal fatto di non avere fretta. Hanno potuto così analizzare a fondo tutti i vantaggi e le tematiche sottesi all’implementazione di un vero e proprio progetto strutturato di smart working, senza avere nessuna pressione esterna.
Se infatti è vero che le aziende (e l’uomo, in generale) tendono a comportarsi come le particelle allo stato gassoso, occupando tutto il volume (tempo) a loro disposizione con l’unica conseguenza di avere una maggiore pressione nel caso in cui il tempo si comprima, è anche vero che se la pressione è maggiore sale anche la difficoltà. Quindi, a parità di risultato, si faticherà molto di più mentre a parità di sforzo, il risultato effettivo sarà sicuramente inferiore.
Agire quindi per tempo permette sicuramente di beneficiare di un ruolo negoziale più forte e solido, perché meno soggetto alle costrizioni e pressioni esterne. Le aziende (le stesse che in questi giorni sperano così tanto nel fatto che la proroga dello smart working semplificato si concretizzi) sarebbero persino in grado di gestire tempi e modalità di negoziazione qualora si adoperassero per tempo, invece di essere mosse dalla fretta di dover a tutti i costi trovare un accordo e chiudere una negoziazione (magari anche a termini svantaggiosi), per non ritrovarsi ad avere un impatto negativo derivante dal termine dell’amato smart working semplificato.
Ricordiamoci infatti che, stando così le cose, al termine del periodo dello smart working semplificato le aziende non potranno più far lavorare le persone da casa in assenza di accordo sindacale o con il lavoratore (al di fuori dei casi di telelavoro e delle casistiche già previste pre-pandemia), e questo comporterà una dolorosa rinuncia alla flessibilità oraria e di gestione a cui ormai ci siamo tanto abituati (talmente tanto, da darla ormai quasi per scontata).
A pensarci bene, quindi, dovrebbe forse stupire l’entusiasmo generale per l’ennesima proroga dello smart working semplificato, anche perché questo interesse generale ha un significato ben chiaro: moltissime aziende sono toccate da questo provvedimento. E questo vuol dire che moltissime aziende non si sono ancora organizzate con un progetto strutturato.
Tutta questa dissertazione, infatti, non riguarda ovviamente le “pecore nere”: le aziende che hanno già provveduto a mettere in piedi progetti strutturati di smart working. Queste, d’altronde, sono anche immuni rispetto alla variabile della proroga sullo smart working semplificato, non essendone ormai minimamente toccate nè condizionate.
E tu cosa ne pensi dello smart working semplificato? Scrivilo nei commenti!
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