Smart Working Manager: Intervista a Sandro Ansink – part 1/4
Koen Lukas Hartog intervista per noi i suoi colleghi project manager ed esperti Smart Working olandesi. Lo scopo è quello di capire qual è la loro visione sullo smart working e come cercano di creare l’organizzazione del futuro. Il primo esperto che viene intervistato è Sandro Ansink, Programme Manager di Flex4Flex, il programma Smart Working dell’Autorità dei Mercati Finanzari (AFM).
Ciao Sandro! Raccontaci un po’ di te e di cosa ti occupi.
Ciao sono Sandro Ansink, Program Manager di Flex4Flex, il programma Smart Working dell’Autorità dei Mercati Finanzari (AFM) in Olanda.
Mi definisco un innovation manager. Perché? Prima del progetto di smart working, già mi occupavo dell’introduzione delle innovazioni nel mondo del lavoro. A breve concluderemo il programma, così che sarà completamente integrato tra tutti i lavoratori. Con il supporto di una nuova piccola squadra, ho iniziato a pensare a nuove innovazioni ‘next level’ per l’organizzazione.
Perché hai deciso di intraprendere il concetto smart working?
Al termine dello scorso decennio, alcune aziende, anche del settore finanziario, hanno lanciato dei progetti definendoli “Il Nuovo Modo di Lavorare (Smart Working)”. Da qui, ho visto subito le potenzialità anche per l’AFM. All’epoca ci stavamo dedicando ad una ricerca sugli overhead dell’AFM e abbiamo consigliato di applicare lo smart working concept. Il concetto mi sembrava un modo ottimo per rendere ancora più efficace ed efficiente il modo di gestire l’attività dei dipendenti e l’intera organizzazione .
Ormai sembra che ogni organizzazione olandese cerchi di implementare il concetto smart working. Come mai?
Nel corso del primo decennio del XXI secolo, diversi concetti esistenti si sono incontrati. I dipartimenti HR da decenni lavoravano al metodo per gestire i dipendenti in base a risultati concreti; si occupavano anche di coaching management. Contemporaneamente, numerose organizzazioni hanno iniziato a modificare l’ambiente dell’ufficio. Ciò con l’obiettivo di ispirare i dipendenti a lavorare in un modo più efficiente. Poi è subentrato il telelavoro, spesso erroneamente confuso con lo Smart Working, un fenomeno che esiste dagli anni ‘80. Grazie all’introduzione del broadband internet e di device mobili, sempre più persone avevano l’opportunità di fare telelavoro. Nel nuovo secolo ci siamo resi conto che era opportuno che questi concetti diversi facessero parte di un approccio “integrato”. Un clima sinergico nell’ambiente di lavoro, più responsibilità per ogni worker, gadget efficaci, management delle persone che punta proprio sui risultati e un work-life balance migliore dovrebbero incrementare il valore del modo di lavorare dei professionisti. Perché questo è necessario? Perché è proprio un team di professionisti di qualità a rendere più forte l’organizzazione intera.
La teoria ci sta, ma lo smart working non tutti l’hanno accettato come uno sviluppo positivo. Secondo te come mai?
Quando è cominciata l’attuale crisi del 2008, molte organizzazioni sono state costrette a tagliare i budget ed hanno così deciso di risparmiare sugli spazi dell’ ufficio. Tanti di questi progetti poi sono stati denominati, erroneamente, progetti smart working. Ovviamente non è stato uno sviluppo positivo per i dipendenti. Ritengo che questi progetti non siano stati il frutto dello Smart Working Concept. Il nucleo dello smart working è infatti il benessere del worker e dell’organizzazione e, sulla base di ciò, si cerca di rinnovare l’ufficio, l’organizzazione IT ed i processi di lavoro.
Cosa è per te lo Smart Working?
Fiducia, dare più responsibilità ad ogni worker. Se dai fiducia, i worker possono diventare “proprietari del loro lavoro”. Hanno più libertà nel gestirlo e, in tal modo, riescono a bilanciarlo al meglio con la vita privata. Sono convinto che libertà e maggiore fiducia sono le basi per creare worker migliori. Se fai sì che si possa autogestire il lavoro e, soprattutto, il modo in cui lavori, aumenterà la motivazione intrinseca. Secondo me questo è un fenomeno universale. I manager sono delle figure fondamentali per raggiungere tale evoluzione, in quanto la fiducia e l’accettazione degli errori sono inscindibili. Dobbiamo dare spazio ai professionisti: devono avere la possibilità di assumere rischi per arrivare a livelli più elevati. Avere fiducia quando tutto va bene non è molto difficile. Avere fiducia quando qualcosa non va bene è più arduo. Inoltre, quando si fa carriera è necessario che chi ”sale” nella scala professionale si occupi di livelli più manageriali e lasci spazio ai propri dipendenti in quelle aree con minori responsabilità in cui operavano prima.
L’intervista continua qui: Intervista a Sandro Ansink: il ruolo del Project Manager Smart Working e l’importanza dell’autonomia – part 2/4
Smart Working Manager: Intervista a Sandro Ansink – part 1/4