Le relazioni umane ai tempi delle App – Prima parte
Le relazioni umane cambiano con la tecnologia. Ci sono app che le alimentano facilitando incontri reali. Situazioni apprezzate o creatrici di pregiudizi?
Sono una trentenne che ama osservare le relazioni umane e le loro trasformazioni nell’era digitale. Questo per più motivi, partendo dal più importante: la consapevolezza di essere la prima attratta dalle novità.
Che le relazioni cambino grazie, o per colpa, della tecnologia è ormai un dato di fatto. E questo è un argomento che con Edoardo Bellafiore e più di 30 autori abbiamo affrontato nel nostro ultimo libro pubblicato da FrancoAngeli, “Digitaliano. Pratiche di scrittura personale e professionale”.
In una delle mie recenti attività di formazione ho avuto in aula una cinquantina di ragazzi fra i 17 e i 18 anni che mi hanno spiegato il loro corteggiamento via Instagram. Teorie che con la collega Giada Susca abbiamo sintetizzato in questo flusso fatto direttamente con le indicazioni da loro fornite:
Il corteggiamento passa da un “segui”, ad una visualizzazione di una storia, ad un “like tattico” e infine ad una chat. Questo a dimostrazione di come effettivamente i social abbiano modificato anche tante delle dinamiche di incontro e di amore.
Lo stesso TikTok, il social network cinese ampiamente usato dalla generazione Z e che conta oggi 750 milioni di utenti attivi, viene utilizzato anche per corteggiarsi. Si vedono video con presentazioni che invogliano alla conoscenza, a colpi di brevi video musicali, tra descrizioni di sé stessi e balli, con l’obiettivo velato (e non sempre!) di conquista.
Un esempio di video: la ragazza che si mette in mostra nel suo miglior abbigliamento, descrivendo i propri gusti e preferenze.
Nel libro Digitaliano, prima citato, è Valentino Magliaro a riflettere su alcuni di questi aspetti:
La conversazione online è molto complessa. Perché ci dona una sola esperienza sensoriale, quella della vista alla lettura del messaggio e, perdendoci le emozioni che stimolano gli altri sensi durante un incontro con una persona nuova, ci basiamo su un nuovo “sentimento”, la reputazione online; che non è più solo uno strumento attraverso il quale affidiamo la libertà di stabilire se una persona è più o meno interessante, ma stiamo dando un’importanza sempre più alta, che ci porta ad affidare al senso di reputazione online se la persona che stiamo incontrando può avere accesso all’intera esistenza delle nostre informazioni.
Onestamente non ho ancora un’idea ben definita per poter valutare positivamente o negativamente queste trasformazioni. Vivo in un perenne stato di osservazione e contrapposizione di pensieri: tra l’euforia delle novità e dei racconti di amici, alle più amare riflessioni tratte da frasi come questa di Fabrizio Caramagna:
Comunichiamo via chat, ma non abbastanza perché si possa chiamare comunicazione.
Raccontiamo la nostra vita, ma non abbastanza da far venir voglia di viverla.
E a volte, via chat, ci innamoriamo anche, ma non abbastanza da chiamarlo amore.
Contraddizione che nasce da uno scenario in cui sembra facile scrivere e arrivare a chiunque, ma difficile prendere una vera birra con la stessa persona; in cui ci sbilanciamo con le emoticon, ma poi abbiamo una scusa buona per ogni concreto impegno in cui dimostrare; in cui condividiamo foto e video, ma quasi non salutiamo dal vivo.
Le relazioni sono lo specchio dei nostri tempi, preferiamo tutto più superficiale, meno impegnativo e più veloce perché siamo “le generazioni Just Eat”? Un ragionamento troppo semplice per essere credibile e che richiede l’analisi delle abitudini concrete e agite.
Io, nonostante le iniziali resistenze ho provato, lasciando da parte i facili pregiudizi.
Qualche anno fa erano in tanti gli amici a parlarmi di un’App per incontri e a suggerirmela per incontrare, magari l’uomo della mia vita. Così, con quella simpatica scusa del “È solo per lavoro, devo capire” mi sono avvicinata e l’ho provata.
Quella stessa curiosità di cui parlava tempo fa Riccarda Zezza, lei che ha raccontato dei romanzi epistolari nella nuova forma di frasi brevi e moderne via Whatsapp, email, timide telefonate e video, quindi di tutta la tecnologia possibile, prima di arrivare a incontrarsi davvero per un caffè.
Sempre lei che, partendo dalla sua esperienza positiva, chiude l’articolo con la riflessione che ci ricorda come “A volte serve un ruolo per fare cose nuove. E poi la vita ti sorprende”.
Il mio esperimento non è andato a buon fine, ma so di non essere facilmente impressionabile da parole e immagini tanto da portarmi a manifestare concreti interessi.
Credo ancora nel fascino dell’emozione di due occhi che si incontrano e sorprendono dal vivo, a volte per caso o a volte come sempre, ma per una volta, specialmente diversa. Credo in quelle farfalle nello stomaco anche per pochi minuti, causate dall’incontro improvviso, dalla battuta che crea complicità in diretta, molto “live”.
Quindi, sì, ho messo da parte i pregiudizi, ma forse non del tutto.
Poco tempo fa, è accaduta una cosa simile. Mi è capitato, a distanza di pochi giorni, di sentire più racconti di persone ospiti a cena da sconosciuti, fra sconosciuti. Un’app che facilita incontri reali tra più persone.
Ne ho sentito così tanto parlare che ho deciso di scaricare anche questa e ho iniziato a sbirciare le diverse proposte di serate a casa delle persone che spaziano da cene a base di vino e dibattiti, a momenti mangerecci, ma all’insegna della creatività.
La curiosità è tanta e probabilmente proverò una di queste cene che, per ora per me sono solo un semplice “sentito dire”. O qualcosa di più. A Torino sono stata ospite a casa di una coppia che si è conosciuta proprio in una di queste cene (“virtuale è reale!”).
Devo dire che queste trasformazioni mi fanno fare tante domande e così ho provato a girarle a chi mi ha detto di usarle. Come ho fatto?
Nel modo più social e al passo con i tempi: sondaggio nella storia di Instagram e post sui social. Così ho raccolto un po’ di esperienze che condivido qui.
Non è stato semplice perché i pregiudizi sono ancora diversi: molto utilizzo (come dimostrano i dati in costante crescita), ma scarsa volontà di ammetterlo per la paura delle percezioni e dei giudizi degli altri.
“A me un tizio con cui sono uscita (conosciuto in situazione di vita reale) mi rimproverò di essere troppo esplicita sul fatto che ho usato App e che non dovrei raccontarlo con tanta disinvoltura… Che ne so, come se attraverso App frequentassi festini per scambisti stile Eyes Wide Shut”.
“Non so, secondo me ancora esiste una certa timidezza a dichiarare certe cose… La gente ancora si sente di dover dire che scarica le App per curiosità o per ricerca sociale, e chi ascolta queste scuse fa sorrisi maliziosi e commenta “siiii certo, vabbè”… Ma che c’è di male?
E che c’è di male ad ammettere che al mondo d’oggi anche questo è uno strumento per conoscere qualcuno? E magari trovare quello giusto?”
Questo lascia ancora più da pensare considerando che un matrimonio su tre inizia online e dura più a lungo.
Nessun rapporto è una perdita di tempo: se non ti ha dato quello che cercavi, ti ha insegnato di cosa hai bisogno. – Charles Bukowski
#StayTuned per le esperienze reali degli utenti. Seconda parte in uscita!
Le relazioni umane ai tempi delle App – Prima parte