Startup & Entrepreneurship

Discorsi sul metodo: l’importanza di posizionarsi come startup

posizionarsi come startup

“Positioning is a statement, it’s a core": posizionarsi come startup significa far capire chi sei e cosa fai su tutti i livelli di valore comunicati.

“Conoscere le proprie capacità offensive, senza conoscere i punti inattaccabili del nemico porta solo a una mezza vittoria; conoscere i suoi punti vulnerabili senza conoscere le proprie capacità di attacco porta ugualmente a mezza vittoria; analogo risultato si ha conoscendo i suoi punti deboli, le proprie capacità offensive, ma ignorando che la conformazione del terreno impedisce lo scontro. Perciò si dice che conoscendo sia gli altri che se stessi la vittoria non viene messa a repentaglio, e conoscendo i fattori celesti e terrestri essa possa essere completa”.

Sun-Tzu, L’arte della guerra

Chiunque abbia avuto a che fare con un professore d’economia, management o marketing nel suo percorso di studi quasi sicuramente, anche per una singola volta e di sfuggita, si sarà trovato a confrontarsi con le citazioni del libro “L’arte della guerra“.
Conosci te stesso, conosci il tuo nemico e conosci il terreno su cui combatti” è stato un mantra imprescindibile per la classe dirigente delle aziende della vecchia guardia e una risorsa incredibile per chiunque avesse la necessità di spiegare a degli alunni annoiati alle otto e mezza di mattina l’importanza, per una azienda, di compiere ricerche per posizionarsi sul mercato.
“Conosci te stesso” e “Colpisci lì, dove è vuoto” non sono del resto molto distanti dalle reali priorità di una impresa.
Le prime cose che i manuali insegnano sul posizionamento, del resto, sono tutte atte a prendere un terreno vantaggioso per il proprio prodotto sul mercato.
Posizionarsi in sostanza è una guerra. Un conflitto con altri prodotti e altre strategie per affermare un dominio. Direbbero.

Le strategie di posizionamento 

Prima di pensare a come vendere un prodotto – anche i manuali più moderni ci mettono in guardia – un manager ha bisogno innanzitutto di comprendere ciò che ha ideato.
In sostanza ecco pronta una prima definizione di posizionamento: posizionare un prodotto significa far percepire al pubblico (nella maniera più trasparente possibile) i valori immateriali e materiali che distinguono il proprio oggetto o servizio, da quello di altre marche o competitors. In poche parole, posizionare significa rendere “unico” e più appetibile il prodotto rispetto al mercato.
Per fare questo è necessario conoscere:

  • i propri punti di forza e debolezza (sia nella filiera che nel bene in questione);
  • la distanza con gli altri attori nel mercato (arrivando a una dialettica per trovare uno spazio favorevole);
  • i gusti dei consumatori e mirare a un determinato segmento.

Un segmento del mercato, nella fattispecie, è una suddivisione discreta del pubblico dei consumatori che serve a individuare potenziali acquirenti interessati all’acquisto di determinati prodotti in base ai loro gusti e alle loro esigenze.
Maggiormente si identificano i bisogni e le combinazioni di valori, più adatto sarà il numero di interessati al prodotto nel segmento esaminato (da ricordare è che il punto di vista da adottare nella presentazione della propria proposta è quello del cliente, che potrebbe non avere la stessa prospettiva dell’azienda e che potrebbe portare a delle incongruenze con le previsioni).
Ad esempio, un segmento a cui interessa la qualità e l’immagine e che dà meno peso al risparmio, nel processo d’acquisto comprerà un vestito di Armani; allo stesso modo se una persona predilige la semplicità alle possibilità tecniche sceglierà un Iphone, viceversa Android. Se invece il prezzo è un fattore rilevante sceglierà Xiaomi.
Conoscere i segmenti e riconoscere come operano le decisioni è cruciale, e riferirsi a un pubblico è spesso molto importante. Sopravvive chi si adatta meglio al terreno, questa è la legge del più forte, come in un hobbesiano Homo Homini Lupus.

La sovversione gentile del mondo digitale.

La concezione astratta del capitalismo, come lo hanno conosciuto le vecchie generazioni, non avrebbe avuto nessun modo di scappare da questa competizione eterna e il mercato avrebbe predato, con una spietatezza da film sulle stragi di stato, chiunque fosse stato tanto ingenuo da immettersi con risorse limitate in una guerra totale.
Ci sono però dei grandi vincitori nel sottosuolo, come con i dinosauri che dormono sulla collina, qualcun’altro ha preso piede: le startup. Il soffio di vento che fa cadere un castello di carte fatto con le lastre di pietra.
Anche per loro è indubbio però che posizionarsi sia necessario per avere successo, ma a prendere il sopravvento è una mentalità diversa, ossia che l’idea vinca sull’oggetto, e nei servizi vince la collaborazione.
Il mondo digitale si è costruito attraverso, sì, finanziamenti di venture capital e attraverso imprenditori che vi hanno riposto speranza, ma si è comunque aperto alla collaborazione, uno scambio di servizi che porta a crescere la collettività.
Quello che era il modello esclusivo della vittoria per la sopravvivenza, va a perdersi nell’ecosistema inclusivo delle società startup. Se una cresce, vincono tutti, e se sono in competizione, la visibilità di uno giova all’altro perché il mercato diventa popolare.
Un mondo così globalizzato gioca con regole diverse rispetto alle risorse locali e le limitazioni di pubblico sono esponenzialmente diverse e intrinsecamente dissonanti da prodotto a prodotto.
“Positioning is a statement, it’s a core”, agire è relazionarsi, posizionarsi significa far capire chi sei e cosa fai su tutti i livelli di valore che possono essere comunicati.
Un esempio delicatamente bello che ricorda questo cambiamento nel mindset è nel film del 2000 “What women want” con Mel Gibson, del quale gruppo pubblicitario chiedono di fare un placement per un prodotto femminile.
Nel film l’attore è totalmente disinteressato a quello che faccia immedesimare una donna alla consumatrice ideale del suo prodotto e prende in giro il loro modo di pensare. Fortuna vuole che entri in contatto telepaticamente e forzatamente con loro grazie ad una eventualità della trama; e dopo peripezie e vicende amorose capisce che non è il prodotto in sé a coinvolgere quell’universo a lui tanto estraneo, ma un’idea.

Nike nel film propone alla fine una campagna pubblicitaria che ispiri ogni donna a essere sé stessa e a migliorarsi. A vendere e a cambiare è l’idea. È la cultura. Cosa vuol dire essere donna? Ditecelo!


Leggi la sezione di Spremute Digitali dedicata alle startup: www.spremutedigitali.com/argomenti/startup/


L’arte della guerra? L’arte della pace.

In conclusione, alla lettura da squalo finanziario del Sun-Tzu, come ci si può accorgere dal mondo moderno, manca una fondamentale aderenza alla cultura filosofica cinese e alle priorità di fondo che nella guerra portano al successo.
Quello che Sun-Tzu scrive e che non è stato recepito è che un grande guerriero non si vede dalle battaglie che combatte, ma da quelle che vince senza combattere, e che con la dovuta dose di preparazione nessuna battaglia deve essere veramente combattuta.
Sun-Tzu predica una via per cui un paese sconfitto è una risorsa, un alleato dopo la pace. In sostanza limitare i danni porta a un bene maggiore per tutti.
Per non scendere in un olistico sgangherato, vincere è importante, ma è vantaggioso farlo a ogni costo?

Discorsi sul metodo: l’importanza di posizionarsi come startup

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