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Perché lo smart working, qui e adesso

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Perché lo smart working è figlio del suo tempo - Spremute Digitali

Ormai è cosa nota: viviamo nell’era dello smart working. Ne sentiamo parlare tutti i giorni, e vediamo sempre più aziende adottarlo. Lo smart working è diventato il prodotto di un’evoluzione del modo in cui si guarda il lavoro e la propria produttività.
Ma com’è possibile che lavorare agile sia diventato un vero e proprio modo di essere?

È il risultato di un cambiamento nel concepire l’ufficio stesso

Se chiudiamo gli occhi e ci immaginiamo un tipico ufficio del passato, la prima immagine che ci viene in mente è quella del cubicolo: uno spazio ristretto di pochi metri quadri, in un ambiente abbastanza formale, dove l’impiegato era solito svolgere le mansioni individualmente. Una giornata d’ufficio tipo, quindi, significava passare molte ore da soli, isolati dagli altri colleghi, e con minori possibilità di interazione.
Negli anni Cinquanta l’ufficio singolo era l’unica opzione esistente, e solo successivamente le aziende ne hanno constatato gli effetti: improduttività, alienazione, e mancanza di confronto.
E poi, è arrivato l’open space: uno spazio che ha stravolto le leggi del lavoro, facendo esattamente della condivisione e dell’interazione i propri punti di forza. Se in precedenza le persone rischiavano di passare giornate intere in completo isolamento, successivamente grazie all’open space, le possibilità di interazione sono nettamente aumentate. La creatività ed il proliferare delle idee hanno iniziato a vivere la loro massima espressione.
Negli anni Ottanta le aziende avevano creato i cubicoli per rispondere alla necessità di lavorare in un luogo soggetto a minori distrazioni, ma con il passare del tempo il tanto agognato bisogno di privacy si è tramutato in un maggior bisogno di interazione umana.
Ovviamente, ci sono due lati della medaglia, che si riflettono nell’eterno dilemma degli open space: a primo impatto sembra essere il paradiso della collaborazione, per rivelarsi poi un problema in quanto a rumori e fonti di distrazione.
Il lavoro funzionale, infatti, deve anche saper rispondere a queste sfide, e fornire luoghi diversi per diverse esigenze, dove è possibile muoversi, adattarsi e lasciarsi ispirare da chi (e da cosa) ci circonda.


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È il risultato di un cambiamento tecnologico, culturale e della società

Essere arrivati a concepire lo smart working come parte della nostra routine è un traguardo raggiunto anche (e soprattutto) grazie alle novità in ambito tecnologico: cinque, dieci, venti anni fa non avremmo mai immaginato di poter accedere a così tanti tool, a così tante app che ci avrebbero facilitato la vita lavorativa e personale.
Per un’azienda, ormai, non avere il wifi per qualche minuto può essere una vera e propria catastrofe. Lo avevamo intuito anche grazie a Counterpoint Research, l’azienda che fa ricerche di mercato, che dopo uno studio condotto su tremilacinquecento utenti in tutto il mondo aveva stabilito che più di una persona su quattro utilizza lo smartphone per ben 7 ore al giorno.

 
La tecnologia, come la possibilità di aver accesso ad una rete e una connessione ovunque ci si trovi, ha sicuramente facilitato l’arrivo dell’era dello smart working: come sarebbe stato possibile in passato portarsi il lavoro a casa se il computer pesava più di una tonnellata e ci si poteva collegare a internet solo in ufficio?
Ora i laptop possono stare in una borsetta, e basta avere un caricatore per essere inarrestabili. Grazie alla tecnologia, ora si può lavorare dove e come si vuole, e ne sono una perfetta dimostrazione i nomadi digitali: coloro che lavorano viaggiando (o viaggiano lavorando, dipende da come la si vede), e bramano di avere il mondo per scrivania. Lavorare in Thailandia, Australia o Argentina non cambia: l’importante è essere sempre connessi.


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È il risultato di un cambiamento nella mentalità del lavoratore

Con il passare del tempo, non si sono solo abbattute le mura fisiche dell’ufficio, ma anche quelle mentali del lavoratore, diventato ormai un vero esemplare 2.0.
Lo smart worker lavora in modo agile, una modalità nuova rispetto ad un passato lavorativo molto statico: lavora dove vuole, quando vuole e sfrutta l’era digitale a proprio vantaggio per svolgere i propri compiti ovunque desideri. Non ha limiti di età, può avere venticinque come cinquant’anni: l’importante è che abbia una mente flessibile e smart.
Se prima avevamo un lavoratore isolato nel suo cubicolo, che potremmo quindi definire “remoto”, lontano mentalmente, adesso l’esemplare di lavoratore si è evoluto fino a diventare uno smart worker “da remoto”, lontano solo fisicamente.
Remoto, secondo la definizione del dizionario, significa proprio allontanato, separato, e spesso è associato al concetto di solitudine. Ma essere lavoratori smart non ha nulla a che vedere con questa accezione: occuparsi dei propri compiti in una sede separata rispetto ai propri colleghi, significa godere di un’opportunità nuova e diversa per essere ancora più produttivi.

Smart Working: perché qui e perché adesso

Secondo un’indagine commissionata da Citrix, azienda IT, all’istituto di ricerca OnePoll su un campione di 500 persone, per il 91% è evidente l’effetto positivo dello smart working sulla produttività aziendale, e per il 50,4% il lavoro funzionale viene visto il futuro del lavoro.
Anche solo quindici anni fa nessuno avrebbe immaginato che il mondo si sarebbe evoluto così: non c’era bisogno di social media manager, di sviluppatori di applicazioni o di amministratori di database.
Lo smart working è figlio del suo tempo, di un’era in cui la rete wi-fi prende da qui a Timbuctu, e in cui chiedere “Come va?” può avvenire su centinaia di piattaforme diverse. Figlio di una società abituata a gestire le emergenze su Whatsapp, i meeting su Skype, e a chiamare il proprio capo con il Tu.
Gestire la propria giornata lavorativa è diventata la risposta a bisogni totalmente diversi rispetto al passato, e l’espressione di un modo totalmente rinnovato e contemporaneo di concepire il proprio lavoro.


Durante lo Smart Working Day, grazie ai relatori potrai approfondire tutte le sfaccettature dello smart working. Un cambio di paradigma necessario e figlio del suo tempo.


 

Perché lo smart working, qui e adesso

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