Open Innovation in Italia: macrotrend per startup e PMI
Le aziende italiane sono sempre più aperte al modello dell’open innovation, ma sono davvero pochissime quelle che riescono ad attuarlo in maniera concreta ed efficace. Scopriamo perché.
Secondo l’ultimo rapporto annuale realizzato da Mind The Bridge, un numero sempre maggiore di aziende e PMI si rivolge all’Open Innovation in Italia come principale fattore di crescita e accelerazione.
Se ne adottano, in maniera sempre più integrata, modelli e strumenti non più solo come teoria alla base di iniziative rivolte principalmente alla comunicazione e alle pubbliche relazioni.
Si tratta di un trend di crescita molto lento, soprattutto in relazione agli scenari internazionali con cui ci si relaziona, ma concreto, perché vede le aziende italiane alle prese con un nuovo modello di collaborazione integrato con startup e scaleup.
I primi buoni risultati si cominciano a vedere. Tuttavia, i dati di sintesi emersi nella ricerca di Mind The bridge, realizzata su un campione di oltre 16 mila realtà imprenditoriali, confermano che il divario tra le aziende italiane e i leader mondiali dell’innovazione rimane sostanziale, con pochissime eccezioni.
“Nonostante i progressi, riteniamo che le aziende italiane debbano accelerare in modo significativo e adottare approcci più audaci, implementando una strategia di innovazione aperta più focalizzata a livello globale e un approccio più orientato ai risultati, indipendentemente dal settore e dalle dimensioni. L’unico vantaggio è l’opportunità di imparare dalle esperienze (e dagli errori) dei pionieri e attivare una corsia preferenziale sfruttando le migliori pratiche”.
Alberto Onetti | Chairman, Mind the Bridge
Open Innovation in Italia: la situazione
L’Open Innovation in Italia sta viaggiando a un ritmo diverso, a seconda del tempo in cui le aziende hanno iniziato concretamente a coinvolgere le startup.
Delle prime 25 aziende italiane, il 44% mostra una classifica complessiva superiore alla media (2,6).
Nello specifico, solo Enel, premiata a livello internazionale nel 2019 come Corporate Startup Star in Europa, mostra un punteggio superiore a 4, allineato alle aziende leader dell’innovazione internazionale.
Quattro aziende hanno un punteggio di 3 o superiore (con 3,3 come valore più alto), sette (28%) hanno un punteggio pari, o inferiore, a 2, mentre le restanti 13 sono sparse nella media (tra 2,2 e 2,9).
Nella maggior parte dei casi, vediamo tentativi iniziali che, nell’80% dei casi, non hanno mostrato alcun miglioramento e, solo nel 20% delle aziende in considerazione, un aumento minimo.
Ecco quali sono i requisiti e le agevolazioni per le start up.
A sottolineare questo significativo divario tra l’ecosistema italiano e quello degli altri Paesi, europei e non, incide anche la percentuale di nascita di nuove realtà imprenditoriali e la loro relativa diffusione.
I dati, infatti, mostrano che l’Italia ospita 261 scaleup in grado di maturare utili per circa 2,7 miliardi di dollari. Immediatamente vicine ci sono la Spagna, che ospita circa 1,6 scaleup in più in grado di attrarre circa 2,6 volte più capitale, la Francia e la Germania che contano, in media, rispettivamente 3,3 e 4,7 scaleup in più rispetto all’Italia, con investimenti 7,5-10 volte maggiori.
Cosa frena la crescita dell’Open Innovation in Italia?
Alla domanda riguardante i principali limiti e ostacoli all’innovazione all’interno delle dinamiche aziendali, quello maggiormente percepito riguarda la scarsità di risorse finanziarie, soprattutto per le società con meno di cinque dipendenti.
Inoltre, figura la sempre maggiore complessità burocratica nel partecipare a bandi pubblici che forniscono e mettono a disposizione capitali di partenza importanti.
A questo proposito, il 42% degli intervistati ha dichiarato che i meccanismi di supporto a livello di ecosistema sono piuttosto limitati.
“Il modo migliore per innovare è che una grande azienda si consideri un ecosistema di innovazione. A causa del proprio core business, un’azienda affermata non può essere flessibile come una startup, che può lanciarsi nella creazione di un unico prodotto. Al contrario, le aziende affermate devono aumentare le proprie capacità di innovazione dall’interno, senza mettere in pericolo il proprio core business. Ciò richiede un grande cambiamento nella struttura organizzativa, che alla fine dovrebbe portare a un’azienda in grado sia di cercare nuovi modelli di business sia di eseguire quelli esistenti”.
Alexander Osterwalder, co-autore di Business Model Generation.
Una lettura chiave per i leader che delinea come innovare in modo efficace per il futuro e stimolare la crescita, mentre gestiscono il core business.
Del resto, è l’identità stessa dell’Open Innovation a imporci un cambiamento significativo nella sua percezione e, di conseguenza, nella sua applicazione: non un modello unico e verticale, ma approcci e modelli complementari multipli. Vediamo quali.
Open Innovation: i macro trend del 2022
Gli enormi passi avanti che la tecnologia compie ogni giorno aprono a due scenari possibili per le aziende, che da un lato cercano di rimodulare e svecchiare modelli una volta performanti ma che stanno diventando sempre più obsoleti, dall’altra parte, sperimentano sempre di più approcci nuovi ed emergenti.
Grazie ai dati raccolti dalla ricerca di Mind The Lab, emergono nello specifico alcune tendenze globali:
- Sempre più aziende mettono piede nei principali centri dell’innovazione, aprendosi a forme di collaborazione mai sperimentate prima. Silicon Valley e Israele rimangono i principali bacini nella pesca all’innovazione: il 90% delle Corporate Startup Stars è attivo in questi due ecosistemi, mentre il rimanente 10% pianifica di aprirvi un Innovation Outpost;
- I programmi e i partner per lo sviluppo di nuove imprese sono cambiati, evolvendosi da iniziative guidate principalmente dalle risorse umane a canali Deal Flow, ovvero nuovi flussi finanziari che fanno capo a Venture Builder e gli Startup Studios, sempre più diffuse a scapito degli acceleratori aziendali che vengono o gradualmente dismessi o fortemente ristrutturati;
- Sempre più aziende investono in maniera diretta in startup e imprese innovative attraverso Corporate Venture Capital, sebbene con diverse tecniche di implementazione, che vanno dai fondi chiusi agli approcci fuori bilancio sempreverdi;
- Cresce la dimensione del capitale investito: dopo i tagli e i ridimensionamenti che hanno caratterizzato il 2021, gli Innovation budget aumentano in maniera significativa e per il 2022 solo il 7% delle aziende pianifica un ridimensionamento sul fronte dell’OI;
- Le società europee sono ancora in ritardo nel gioco di fusioni e acquisizioni di startup, che rimane dominato dalle società statunitensi: lo Startup M&A resta un’attività occasionale a differenza di quanto invece avviene negli Stati Uniti e in modo crescente in Asia dove è una modalità strutturata di innovazione.
I nuovi protagonisti dell’Open Innovation
Analizzando ancora più a fondo i dati campionati, emerge un altro aspetto significativo e per nulla scontato: a seconda del tempo in cui le aziende hanno iniziato a trasformare, in maniera concreta, la sinergia con le startup in nuove opportunità, i risultati variano.
Ed è incrociando le performance delle aziende in termini di strategia e processi legati all’open innovation (approccio interno) e azioni concrete intraprese (approccio esterno) che emergono quattro profili, ciascuno con diversi livelli di preparazione all’innovazione aperta:
- Corporate Startup Stars;
- Open Innovation Challengers;
- Open Innovation Trailblazers ( Pionieri);
- Open Innovation Newcomers.
Dall’incrocio delle variabili legate alle condizioni interne e a quelle esterne che si creano strategia, valore e risultato: le iniziative e gli strumenti che le aziende mettono in atto per entrare in contatto con il mondo delle startup e delle scaleup e le condizioni abilitanti interne sono ugualmente rilevanti per poter produrre risultati di innovazione in modo sostenibile.
Se Venture Client e CVC si confermano essere le principali modalità di investimento con cui gli innovation leader usano l’open innovation per ottimizzare i risultato, dall’altro lato sono le grandi imprese a essere attualmente gli attori più attivi nell’open innovation.
Soprattutto in Italia, le piccole e medie imprese, che costituiscono la spina dorsale dell’industria italiana ed europea, non sono ancora realmente coinvolte, salvo pochissimi casi che rappresentano, per lo più, tentativi esplorativi.
Al netto di questo macro contesto di riferimento c’è un lato positivo evidente: l’efficacia dell’Open Innovation si traduce in maniera visibile in tutti i settori industriali:
- tra le 25 Corporate Startup Star italiane, nove appartengono al settore Energy (che unisce Oil&Gas e Multi-Utilities);
- Cinque rientrano nel secondo settore più rappresentato, che è quello Finance & Bank Insurance, seguite da Edilizia e Infrastrutture, con tre;
- Tra i settori che stanno approcciando in maniera sempre più strutturata al paradigma OI, rientrano senza dubbio quelli aerospaziale, automobilistico, elettronico, alimentare, dei media e del commercio al dettaglio.
Evolversi per non estinguersi: case studies di Open Innovation
“L’innovazione aperta è un gioco dalle mille sfaccettature. Non esiste un proiettile d’argento nell’arena dell’Open Innovation, ma molteplici approcci e modelli complementari mirati a obiettivi e orizzonti di innovazione diversi. Le aziende devono eseguire più azioni di innovazione contemporaneamente. Non possono raggiungere obiettivi diversi con lo stesso strumento”.
Alberto Onetti | Chairman, Mind the Bridge | Current and Future Models of Open Innovation from the 2021 World’s Corporate Startup Stars.
I leader dell’innovazione stanno rinnovando sempre più le proprie strategie imprenditoriali, con l’obiettivo di stimolare attitudini multidisciplinari tra i dipendenti e finalizzate a generare nuovi flussi di affari.
La stragrande maggioranza (60%) delle startup aziendali gestiscono programmi di innovazione da oltre cinque anni: in termini di copertura, i programmi di sviluppo aziendale incidono in media sul 35% dei dipendenti per le Corporate Startup Stars, mentre il 15% dell’organico per gli Open Innovation Challenger.
Di seguito alcune best practice per capirne di più.
Engie Innovation Trophies: aprire alle startup esterne
Lanciato oltre 30 anni fa, Engie Innovation Trophies è il programma di imprenditorialità della multinazionale francese di servizi pubblici.
Ogni anno, Engie lancia un bando per progetti che coprono diverse categorie, che vanno dalle operazioni interne e dal supporto gestionale alle nuove attività.
Negli ultimi anni, il bando è stato aperto non solo ai dipendenti, ma anche alle startup esterne.
In media, vengono presentati 450-500 progetti all’anno. Le unità di business sono responsabili della selezione iniziale. Circa 50 progetti superano la seconda selezione ed entrano in una fase di coaching gestita da Engie Innovation.
Il processo di selezione culmina con una sessione di pitching davanti a una giuria che individua il miglior progetto (circa 10 all’anno). Alcuni di loro possono essere integrati dal corporate venture builder (Engie New Business Factory) per essere ridimensionati e consegnati alle unità aziendali.
Engas: spin off open calling
Dal 2015, Engas organizza un open call per la ricerca di idee di business all’interno dell’azienda attraverso un programma denominato Ingenia Business.
3-4 idee di business presentate dai dipendenti vengono selezionate dal top management per avviare un periodo di incubazione di sei mesi (spazio dedicato, tempo di lavoro parziale da dedicare al progetto, risorse finanziarie, tutoraggio di livello C, formazione specifica).
Nel 2020, Engas ha aperto il programma di intrapreneurship a imprenditori esterni (Ingenia Energy Challenge). L’obiettivo è lo spin-off di nuove società.
Engás Emprende prende una posizione di maggioranza (>51%), mentre gli imprenditori, interni ed esterni, mantengono tra il 10-25% delle azioni della newco.
Per alcuni spin-off, terze parti quali investitori o partner tecnici potrebbero partecipare al capitale (25-40%).
InGenius Nestlè: l’acceleratore di innovazione guidato dai dipendenti
InGenius è la piattaforma guidata dai dipendenti di Nestlé creata per promuovere la collaborazione e generare nuove idee adatte alle sfide aziendali rilevanti.
Il processo di selezione segue tre fasi strutturate: Ideazione, Incubazione e Costruzione MVP. Partendo da centinaia di idee, solo poche (10-15) raggiungono la fase di incubazione, e ancora meno (4-5 idee) riescono a farcela per il pitch day conclusivo (Board Room).
InGenius, l’acceleratore di innovazione guidato dai dipendenti Nestlé
Al fine di assicurare il pieno allineamento con la strategia aziendale, la valutazione dei progetti selezionati viene effettuata da un panel di esperti composto da membri esecutivi Nestlé più professionisti esterni.
In 6 anni, InGenius è riuscita a coinvolgere oltre 82.000 dipendenti in 78 paesi, grazie a una campagna di social marketing interna dedicata.
Sono state presentate oltre 9.000 idee (che coinvolgono dipendenti di diverse funzioni e paesi), risultando in oltre 150 progetti pilota.
Open Innovation in Italia: macrotrend per startup e PMI