Senza OKR lo Smart Working non decolla
Il framework degli OKR permette allo Smart Working di decollare. Il modello per obiettivi responsabilizza e rende autonomi i lavoratori.
Il futuro della flessibilità al lavoro è un tema molto delicato e oggetto di continui confronti tra i leader e i responsabili HR, che in questi anni hanno dovuto affrontare il cambio di scenario dettato dal Covid. Per i più visionari era solo questione di tempo, per gli altri è stata una bella doccia fredda al mattino. Alle 4 a.m. però!
Per permettere allo Smart Working di decollare abbiamo bisogno di metodo, di organizzazione; fondamentale è conoscere e saper utilizzare il framework degli OKR.
Verso nuovi modi di lavorare
Durante il Lockdown – seppure erroneamente associato al lavoro da casa – lo Smart Working ha garantito (e salvato) l’operatività di tutti i giorni, meglio nota come business continuity, di molte organizzazioni facendo felici imprenditori e top manager poco attenti al futuro del business.
Oggi, tuttavia, dinanzi a un nuovo cambio di paradigma, la gestione di nuovi modi di lavorare è ancora molto nebulosa. Da una parte si stimola la flessibilità e il lavoro svincolato dal concetto di luogo fisico, dall’altra la logica del controllo è ancora radicata nelle menti dei manager. A tutto ciò occorre aggiungere che, post lockdown, l’ufficio deve ritrovare la sua collocazione nei rituali di lavoro di tutti noi.
In realtà, si tratta di stabilire nuovi equilibri e ridefinire nuovi perimetri di azione, meno rigidi del passato e più in linea con le attuali esigenze, non solo professionali, ma anche – e soprattutto – di vita. Le organizzazioni non possono essere più progettate come macchine, ma come organismi che si adattano al cambiamento grazie al pensiero creativo e all’intelletto delle singole persone.
In altri termini, lo Smart Working è stata una grande scoperta e, al tempo stesso, dolorosa.
Ed ecco che qui ci viene incontro il fantastico mondo degli OKR, un modello che ho sperimentato nella mia azienda nel 2014 e che tutt’ora è un punto cardine di Seedble, su cui si fonda l’alleanza persone-organizzazione. Gli OKR richiedono tempo, metodo e – cosa principale – persone che sposano la tua stessa visione e i tuoi stessi valori. Sono la base per concepire l’organizzazione come un organismo evolutivo.
Chiariamo un concetto: cosa sono gli OKR?
Prima di soffermarci sulla definizione preferisco sottolineare cosa non sono gli OKR: non sono di sicuro un restyling o un’alternativa agli MBO (Management by Objective).
Gli OKR (Objective – Key Results) sono un framework collaborativo che consente di tradurre la mission aziendale in azioni consapevoli, sia a livello di singolo individuo sia di team, con l’obiettivo di rendere ognuno responsabile, autonomo e ingaggiato. In altri termini un ingranaggio perfetto per l’evoluzione dell’organizzazione.
Sono lontani i tempi in cui si parlava di Intel, Google e LinkedIn come casi di ispirazione. Oggi, grazie a John Doerr, principale promotore della metodologia, diverse organizzazioni stanno adottando il framework degli OKR.
OKR: trasparenza e coinvolgimento
Dietro gli OKR c’è un mindset e un approccio strategico che non si innesta facilmente. Cambiano in maniera drastica il modello di leadership e la gestione delle priorità in azienda. Come? Con due semplici mosse: trasparenza e coinvolgimento.
- Trasparenza perché il framework si basa sulla condivisione chiara a tutti di tutti gli obiettivi e i risultati. Gli OKR, sia di team sia individuali, sono visibili a tutti.
- Coinvolgimento perché tutti sono parte attiva del processo di creazione degli OKR. Ognuno contribuisce costruendo insieme al proprio manager (più coach e meno boss) e al proprio team.
La creazione degli OKR è il risultato di un gioco di squadra che nasce quando i vertici dell’organizzazione iniziano a dialogare in maniera continuativa e costruttiva con i vari team di lavoro. Il processo decisionale diventa più snello, distribuito e condiviso.
Perché gli OKR sono la chiave per la tua organizzazione
Lo Smart Working si fonda su un assunto basilare: la fiducia. Ciò significa responsabilizzare le persone, renderle consapevoli circa il proprio lavoro e, soprattutto, le potenzialità ad esso connesse, metterle in condizione di prendere scelte autonomamente senza processi di approvazione top down.
In altri termini, spostare il baricentro decisionale verso il basso (se intendiamo un’organizzazione gerarchica). In realtà utilizzare il termine “basso” sarebbe errato nella concezione di organizzazione moderna, ma lo utilizzo volutamente perché la fotografia attuale è quella di aziende con più livelli gerarchici e decisionali, progettate e costruite per competere in un mercato che – ahimè – è anni luce lontano rispetto a quello attuale.
Sarebbe molto più corretto parlare di “punti di contatto” piuttosto che “basso”, intendendo tutte quelle persone che in un’organizzazione distribuita e flat, prendono decisioni verso l’esterno e verso l’interno.
Leggi anche Organizzazione distribuita e collaborazione digitale: il binomio perfetto per il futuro
Gli OKR sono il framework che abilita quanto detto finora. Sono quel modello che accelera ogni processo di crescita dell’organizzazione. Le persone prendono il “controllo” del proprio lavoro e agiscono in maniera più consapevole per il benessere individuale e collettivo.
Ma fai attenzione! Stiamo trasformando il modo di concepire il lavoro abbandonando gli schemi tradizionali in cui le persone erano più bracci esecutori che menti pensanti. I problemi e le decisioni erano responsabilità del management, con lo Smart Working sono di tutti. E gli OKR sono l’unica strada percorribile per far decollare nuovi modi di lavorare.
Senza OKR lo Smart Working non decolla