Il mindset e le competenze chiave da acquisire per lo smart working
Come adattare il mindset e le competenze chiave per lo smart working per sviluppare skills adatte ai cambiamenti? Ne parliamo con Carlo Messina.
Qual è il mindset adatto da sviluppare per guidare lo smart working e quali competenze servono per affrontare il cambiamento e lavorare in maniera efficace anche se sono lontano dall’ufficio? Ecco un’altra “domanda delle domande“.
Forse in passato ti è già capitato di leggere qualcosa sullo smart working e a ragionarci su. Poi hai richiuso quel cassetto, mettendo da parte un tentativo di cambiamento. Quel cambiamento che ora ritorna con forza a bussare alla tua porta. E mai come adesso necessario.
La “colpa” è dell’abitudine. L’abitudine di vedere in Italia organizzazioni verticistiche e oltre 300 anni di ufficio, diventato con le sue 4 mura piene di targhe e quadri e la poltrona di pelle, emblema del lavoro.
La “colpa” è della mancanza di cultura e di mentalità per ribaltare la visione delle cose.
Grazie al progetto Exploring Smart Working ho avuto modo di conoscere Carlo Messina, General Manager BU Inforgroup Academy. Con Carlo ho approfondito il concetto di cambio di mindset per un approccio innovativo al lavoro e quanto sia importante e necessario lo sviluppo di nuove competenze e skills per adattarsi velocemente alle evoluzioni.
La parola a Carlo Messina: quali mindset e competenze servono per lo smart working?
In questa intervista a Carlo Messina scoprirai:
- qual è la giusta mentalità da acquisire per guidare l’organizzazione verso il vero smart working;
- le competenze chiave da assimilare;
- come formazione e tecnologie concorrono alla corretta implementazione di nuovi paradigmi agili.
Potrai approfondire questi argomenti nel Digital Meeting dedicato a competenze e mindset per lo smart working.
Buona intervista.
Q. Ciao Carlo, innanzitutto grazie per avermi dedicato il tuo tempo. Partiamo ora con la prima domanda: per affrontare il cambiamento bisogna cambiare mentalità. Qual è il mindset da acquisire per guidare l’organizzazione verso il vero smart working?
A. Ciao Sara e grazie per la domanda. Sono convinto che lo smart working richiede un doppio cambio di mindset. Doppio perché ce n’è uno che riguarda i responsabili e uno che riguarda i collaboratori.
Per avere successo lo smart working richiede il passaggio per i responsabili da una cultura del controllo e della mancanza di fiducia verso i collaboratori, a quella della gestione per obiettivi e risultati basata sulla fiducia verso gli altri.
Per i collaboratori significa passare da una cultura del tempo che cedo all’impresa e al lavoro, alla responsabilità nel farsi carico degli obiettivi e raggiungere i risultati nei tempi previsti e con la qualità migliore.
Q. Oltre al mindset occorrono anche delle competenze chiave: quali skills introdurre in un’organizzazione per abilitare le persone a lavorare da remoto e collaborare agilmente?
A. Come sempre dobbiamo lavorare su tre livelli: quello personale, quello strumentale e quello metodologico.
- Il primo si concentra sulla capacità di autodisciplina, team working e proattività.
- La competenza strumentale è quella legata alla Tech Ridness, cioè la capacità di non avere un atteggiamento ostile di fronte alla tecnologia, di essere curioso e capire che va approfondita per step.
- Quella metodologica dipende dalla seconda. In funzione delle tecnologie applicate, perché realmente utili all’organizzazione, applicare metodologie che favoriscano il coworking e lo sharing di conoscenze.
Sicuramente un pilastro sarà la cultura Total Quality con i suoi sottoinsiemi relativi all’Agile o alla Lean.
Q. Dopo le skills, la formazione: come facilitare la condivisione ed il trasferimento di know how continuativo? Parlaci del modello lifelong learning.
A. Dovendo sviluppare autodisciplina, cultura per obiettivi e miglioramento continuo, la formazione diventa un pezzo fondamentale.
Ma anche questo strumento deve essere adeguato alla cultura dello smart working con modelli che favoriscano coworking, la cultura dell’eliminazione degli sprechi, un approccio alla tecnologia semplificato e di cui possa essere chiara la ricaduta in termini lavorativi e di business.
Q. Ed infine la tecnologia: come può essere il fattore abilitante dello smart working e come può facilitare il processo di cambiamento?
A. Questa è la parte più delicata perché per esperienza diretta e indiretta ho imparato che anche la tecnologia non è “a catalogo”, ma va pensata e implementata su ogni organizzazione in modo che possa accompagnare e favorire il cambiamento.
Come ogni cambiamento richiede tempo e deve essere “abilitante”. Intendo dire che per avere risultati bisogna fare in modo che man mano che si introducono strumenti nuovi, andrà fatta la formazione per il loro utilizzo e verificato il reale utilizzo degli stessi durante l’attività lavorativa.
Il pericolo è vedere o sottoutilizzate o utilizzate male le potenzialità degli strumenti (ad esempio per molti Windows Teams è semplicemente il sostituto di Skype).
Ringrazio moltissimo Carlo per la disponibilità.
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