Ecco perché i Millennials scelgono Google
È il tuo primo giorno di lavoro nella nuova azienda. Il manager ti accoglie con immenso entusiasmo dandoti il benvenuto in quella che lui chiama “famiglia”. Incroci gli sguardi compiaciuti di quelli che sono i tuoi nuovi colleghi. Sei “quello nuovo” e sei stato assunto perché – dicono – hai talento. Fai parte dei Millennials (indica i nati dal 1981 in poi). Ti viene mostrata quella che è la tua nuova scrivania. Già immagini come organizzarla. Poi però la magia finisce. In una chiacchierata di poco più 30 minuti con l’imprenditore (datore di lavoro) tutto cambia. Ti informa che hai un periodo di 90 giorni di prova e puoi essere licenziato in ogni momento anche senza motivo. Hai appena assistito allo scollegamento tra datore di lavoro e worker: una relazione basata su una conversazione “disonesta”.
Il rapporto tra aziende e Millennials
Le aziende dichiarano di dedicare molta attenzione alla propria forza lavoro – soprattutto ai giovani talenti – chiedendo loro di essere committed (coinvolti nella mission aziendale) senza ricambiare, però, questo senso di appartenenza/considerazione nei loro confronti. Volendo banalizzare con un esempio, quello che tuo è mio, quello che è mio resta mio.
Il datore di lavoro si disinteressa dell’inserimento delle nuove risorse e il manager, trovandosi in mezzo, spesso considera questa attività più come un problema che un’opportunità. Invece di investire tempo nel facilitare la crescita delle nuove risorse, preferisce mantenere gli equilibri consolidati nel proprio team, quanto basta per portare a compimento il progetto che segue.
Perché investire in una relazione di lungo periodo con il nuovo arrivato? E così tanti talenti – troppi – scappano, alla ricerca di nuove e migliori opportunità di lavoro, di aziende in grado di farli sentire importanti e farli lavorare serenamente, di luoghi che ispirano.
Imprenditori, manager e Millennials hanno bisogno di rivedere il loro framework relazionale: occorrono nuove basi per costruire aziende di successo. Il vecchio modello di gestione del lavoro era adatto per un’epoca caratterizzata da forte stabilità. Economie di scala e gerarchie organizzative avevano senso. Una volta. Adesso no.
Nel 1962 General Electric dichiarava:
Ottimizzare la sicurezza del worker è il nostro principale obiettivo
In quell’epoca le carriere venivano considerate come un matrimonio. Datori di lavoro e worker erano committed, l’uno l’altro. C’erano degli step da seguire per diventare un top manager. Tutto era schematizzato e si seguivano precise linee guida. Aveva senso. Appunto, aveva.
Poi il mondo è cambiato, sia dal punto di vista tecnologico sia comportamentale. La crescita – ed esasperazione – del “capitalismo azionario”, ha spinto le aziende e i manager a ragionare per obiettivi di breve periodo per ottenere piccoli, ma tangibili risultati nell’immediato, trascurando ogni tipo di considerazione di lungo termine.
Il mercato del lavoro è cambiato e l’avanzamento di carriera è diventato un concetto sempre più lontano e distorto. Si preferisce flessibilità a orari fissi, visione a salario. Perché lavorare in Google? Offrono un salario maggiore che altrove? Assolutamente no! Google comunica innovazione. Offre una big vision: “organizzare l’informazione a livello globale”. Quanto basta per essere attraente agli occhi dei Millennials. Difficilmente cadranno nella trappola del “benvenuto nella nostra famiglia”. Saranno loro a scegliere dove metter su famiglia. E se non troveranno terreno fertile in un’azienda, andranno altrove.
Molte aziende statunitensi hanno ripensato la propria organizzazione come una startup, trasformandola in maniera tale da “accorciare” la distanza tra datore di lavoro e worker e garantire loro maggior flessibilità e opportunità di crescita.
Non è sufficiente. bisogna basare tutto su una reciproca fiducia, un reciproco investimento, un reciproco vantaggio. Vuoi scoprire di più? Ti consiglio di leggere The Alliance di Reid Hoffman.
Ecco perché i Millennials scelgono Google