Italian Agile Day: la conference… Un-conference!
Italian Agile Day conference
Italian Agile Day: la conference... Un-conference!
Conosci gli Italian Agile Day? Tra qualche settimana precisamente il 18 e 19 Novembre, in uno degli atenei più antichi d’Europa si terrà la 13° edizione della conferenza dedicata ai Metodi Agili per lo sviluppo e la gestione dei progetti software.
Gli Italian Agile Day, evento principale dell’Italian Agile Movement, sono la Un-Conference per eccellenza sulle metodologie agili, dedicate allo sviluppo e gestione di software.
Gli organizzatori definiscono lo IAD (Italian Agile Day) una Un-Conference perché organizzata secondo la formula Open Space Conference, la quale calza a pennello con la filosofia Agile.
Il funzionamento è molto semplice, si inizia con una fase chiamata Marketplace, dove ogni partecipante può proporre sessioni; può farlo perché vuole discutere di un tema di cui è esperto o perché ha bisogno di risolvere un dubbio, un problema e può trovare negli interventi risposte utili.
In questo modo prende forma un’agenda visuale, risultato delle proposte che emergono dal pubblico.
Man mano che le proposte sono presentate, si struttura la board fino a che non si ha l’intero programma della giornata, suddiviso per spazi e fasce orarie.
Definita la fase di Marketplace la non-conferenza avrà inizio.
Ho trovato questo format così interessante e diverso dalle solite conferenze che mi ha incuriosito. Proprio per questo ho voluto contattare uno degli organizzatori e scambiarci quattro chiacchiere, che sono diventate poi otto e poi un’intervista intera 🙂
Conosciamo meglio in cosa consistono gli Italian Agile Days dalle parole di Ferdinando Santacroce, membro dell’Italian Agile Movement, sviluppatore, autore e insegnante che ama imparare cose nuove e organizzare, appunto, gli Italian Agile Day.
Ti assicuro che c’è da imparare 😉
Gli Italian Agile Day, la conference un po’ Un-Conference
Q. Ciao Ferdinando, parlaci dell’Italian Agile Movement, movimento di cui fai attivamente parte. Di cosa vi occupate e come è nata l’idea?
A. Ciao Sara. L’Italian Agile Movement (IAM) è un’associazione senza scopo di lucro fondata circa tre anni fa, ma la nostra storia inizia da molto più lontano.
Agli inizi del nuovo millennio, nel Febbraio 2001, alcune fra le menti più illuminate del settore si ritrovarono in un albergo sulle montagne dello Utah, ed insieme formularono quello che ad oggi è noto come “Agile Manifesto”.
Pochi anni dopo, i primi pionieri italiani decisero di fare lo stesso, e ritrovarsi per discutere e confrontarsi su questo nuovo modo di pensare che stava emergendo all’interno del mondo dello sviluppo software. Fu così che nel 2004, con mezzi propri, venne organizzato il primo Italian Agile Day.
Dopo quel fatidico giorno di strada ne è stata fatta tanta, e a quel primo sparuto gruppo di persone che si radunò a Bologna, lungo il tragitto s’è aggiunta una folta schiera di persone.
Oggi IAM organizza l’evento sul tema più seguito in Italia, ed uno dei maggiori in Europa per numero di partecipanti.
IAM nasce appunto per riuscire a gestire tutte le attività legate all’organizzazione di eventi, con l’obiettivo di aumentare gradatamente il numero di conferenze proposte e patrocinate.
Q. Bella questa storia Ferdinando! Quindi il Manifesto Agile pubblicato nel 2001, tratta della “ricerca di modi migliori di creare software, ed ha come priorità la creazione di valore e la soddisfazione del cliente”. Cosa ti ha spinto ad aderire ai 12 principi e quali tra questi ha motivato la tua scelta?
A. Da programmatore, ti trovi sempre nella condizione di dover risolvere problemi.
Paradossalmente, all’inizio della tua carriera sembra comunque tutto abbastanza “semplice”: ti aspetti che qualcuno ti dica per bene quel che devi fare, credi di padroneggiare tutti gli strumenti del caso, e quel che serve è solo il tempo necessario a confezionare la soluzione adatta per il cliente.
Ma poi nel frattempo succede che il cliente cambia idea su una o più funzionalità, che tu ed il tuo team iniziate ad arrancare senza riuscire a consegnare nulla di funzionante, che il mondo progredisce e che la soluzione che stavi sviluppando è già diventata obsoleta.
Ti accorgi insomma che, nonostante il tuo team sia composto da gente in gamba e tecnicamente preparata, le consegne continuano a slittare; che il software finisce per diventare una massa informe di funzionalità difficili da modificare, che la quantità di bug segnalati ti porta a spendere più tempo per sistemare quel che già esiste piuttosto che ad aggiungere qualcosa di nuovo.
Quando giungi a questo punto, le reazioni in genere sono due: o inizi a perdere fiducia in te stesso, pensi che il mondo sia cattivo e la vita una battaglia dove tu interpreti la parte dello sconfitto, oppure ti fermi un attimo e rifletti su quel che stai facendo: possibile che debba essere tutto così difficile?
La risposta è no, nella maniera più assoluta: sviluppare software rimane una delle attività più complesse di questi giorni, ma può tornare a diventare una gioia quotidiana se si accetta di alzare per un attimo la testa dalla tastiera per tornare a mettere le persone e le loro interazioni al centro della questione.
Q. Con l’Italian Agile Movement ti occupi di Metodi Agili. Spiegaci meglio i più diffusi e quale valore apportano al lavoro e alla società.
A. Difficile illustrare un così vasto panorama in poche righe.
Subito dopo la pubblicazione del Manifesto Agile, è partita frenetica l’esplorazione di questa “next big thing”; le menti più acute si sono rese subito conto che si trovavano dinanzi ad una vera e propria rivoluzione, ed è quindi scattata la corsa dei pionieri verso queste nuove e sconfinate terre.
Molte bandiere sono state piantate a delimitare regioni diverse, e molti metodi e framework hanno così iniziato a conquistarsi la scena.
Oggi si sente parlare spesso di Scrum e di Lean; e di SaFE, Less, Kanban, etc…
Molte aziende hanno costruito la propria fortuna organizzando diverse tecniche in processi articolati e fortemente regolamentati, tant’è che spesso le persone o le aziende che si avvicinano all’agilità pensano che per poter “diventare agili” basti scegliere uno di questi framework ed implementarlo, investendo il minimo indispensabile per apprendere ruoli e regole.
Purtroppo non è così che funziona, anche se questo primo modo di approcciare l’agilità è di fatto un percorso obbligato.
All’inizio pensi di aver capito tutto, di aver finalmente trovato la cura a tutti i tuoi mali, ma dopo un primo periodo di eccitazione, spesso persone ed aziende ripiombano nello stesso tunnel in cui si trovavano prima; questo accade per molteplici fattori, ma spesso è dovuto al fatto che, nonostante con l’adozione del nuovo processo siano leggermente cambiati nomi dei ruoli e caratteristiche dei processi, l’organizzazione del lavoro è rimasta più o meno la stessa.
Per ottenere risultati quel che serve è un grosso cambio di mentalità, ma troppo spesso persone ed aziende non sono pronte a questo.
Per questo oggi in Italia e nel resto del Mondo, si fa sempre più nutrita la schiera dei “coach agili”, ovvero persone con una vasta esperienza sul campo, in grado di aiutare le aziende a non perdere la bussola durante il viaggio verso il cambiamento.
Q. Con l’Italian Agile Movement sei il promotore dell’Italian Agile Day, evento che si terrà a Pavia il 18 e 19 Novembre. Di cosa si tratta?
A. Gli Italian Agile Days rappresentano l’evento principale del nostro movimento; ogni autunno il lavoro di un anno si concretizza in due giornate fittissime, dove vecchi e giovani praticanti provenienti da tutta Italia si radunano per scambiarsi idee, esperienze e racconti riguardanti l’anno appena trascorso.
L’unica cosa che non cambia mai è il tema, ovvero quello dell’agilità in tutte le sue sfaccettature, dagli estremi più tecnici legati al mondo dello sviluppo software, fino a quelli più concettuali legati a processi ed organizzazioni aziendali.
Il resto invece è sempre e in costante evoluzione, proprio come l’agilità insegna.
Di cosa parlo? Parlo di formule per mettere a confronto le persone e discutere dei temi che ci stanno a cuore; ad esempio quest’anno abbiamo deciso di variare la formula per la giornata del Venerdì, ascoltato il feedback ricevuto nelle passate edizioni.
Niente più giornata esclusivamente dedicata a workshop a numero chiuso, bensì una grande, grandissima un-conference che vedrà 200 persone interagire nella massima libertà, coadiuvati dall’esperienza dei facilitatori che si sono offerti di scandirne i tempi.
La giornata del Sabato invece prevede diversi altri formati: sessioni frontali (talk da 45’ e “lighting talk” da 10’), workshop (organizzati dagli user-group sparsi sul territorio) e tavole rotonde, dove aziende agili mettono a disposizione la loro esperienza per condividere successi, fallimenti ed avventure affrontate nel tragitto verso la loro personale “trasformazione agile”.
Q. Cosa c’è nel futuro dell’Italian Agile Movement?
A. I nostri obiettivi per il futuro prevedono un sempre maggiore coinvolgimento di persone interessate ai temi dell’agilità, per fare in modo che la diffusione degli stessi continui a contaminare le menti di un numero sempre maggiore di persone, appartenenti ad aree anche diverse da quelle prettamente tecnologiche.
L’impegno nostro rimane quello del “continuo miglioramento” di noi stessi, dove con “noi stessi” intendiamo però ogni singola persona interessata all’agilità.
Italian Agile Day: la conference… Un-conference!