New Ways of Working

Intervista a Sandro Ansink: il ruolo del Project Manager Smart Working e l'importanza dell'autonomia – part 2/4

Sandro Ansink

Koen Lukas Hartog parla con i suoi colleghi project manager ed esperti di Smart Working olandesi. Li intervista per capire qual è la loro visione sullo smart working e come cercano di creare l’organizzazione del futuro. Il primo esperto che viene intervistato è Sandro Ansink, Programme Manager di Flex4Flex, il programma Smart Working dell’Autorità dei Mercati Finanzari (AFM).


Qui trovi la prima parte dell’intervista: Smart Working Manager: Intervista a Sandro Ansink – part 1/4


Qual è stata la parte più impegnativa del programma Smart Working all’AFM?

Se ti fidi dei dipendenti, devi lasciare che operino da soli. Per i manager non è stato molto facile. Dare fiducia è importante, ma non significa che non puoi più avere controllo. Nella fase iniziale, i manager credevano che il controllo era un tabù perchè poteva rappresentare una mancanza di fiducia. Ma non era cosi: dare fiducia e controllare possono andare di pari passo. Serve però un nuovo bilanciamento.

Generalmente, l’introduzione del concetto Smart Working è un processo lungo e, ogni tanto, pesante. Ci vuole tanto tempo per cambiare la cultura dell’organizzazione. Devi prendere in considerazione anche che le persone ricadono ogni tanto nel loro solito comportamento e devi saper gestire anche questa eventualità.

Come programme team siete sempre avanti rispetto ai colleghi. Essere sempre i primi non è un rischio?
Ogni tanto sì, e serve anche riflettere sui cambiamenti che ci sono stati. Quando ti occupi sempre di quello che sarà il prossimo passo, c’è il rischio di perdere di vista quello che hai già raggiunto. È quando pensi al passato recente che ti rendi conto che nel frattempo è cambiato molto. In modo positivo ovviamente. Se tre anni fa arrivavi in ufficio alle 9:30, i tuoi colleghi ti chiedevano se ti era piaciuta la mezza giornata di ferie! Questo, ormai, non viene più in mente a nessuno di dirlo.
Come decidi quale possa essere la velocità giusta per l’innovazione?
Bisogna essere consapevoli che la differenza di velocità tra il programme team e la grande maggioranza dell’organizzazione è grande. Abbiamo cercato di continuare a innovare alla giusta velocità. Inoltre, è sempre importante restare positivi e si deve tenere presente che c’è sempre una piccola minoranza conservatrice e ogni tanto molto scettica. Se il loro comportamento ti influisce puoi anche star male. Al 5% dei dipendenti non piace nessun tipo di cambiamento. È importante perciò integrarli nel processo senza investire troppa energia e attenzione. Abbiamo scelto l’approccio positivo! Ci siamo dedicati all’inizio ai worker che volevano lavorare in modo diverso e loro sono diventati i nostri gruppi première. Attraverso questi gruppi abbiamo creato l’effetto valanga. Il concetto di Smart Working, essendo molto flessibile, permette ai worker anche di lavorare in modo più tradizionale nonostante rischino di allontanarsi dai co-worker perché da parte loro non vi è molta flessibilità.
 
Lo Smart Working ha come punto di partenza il dipendente moderno. Quest’ultimo lavora ovunque e svolge i suoi task in base a risultati ben precisi. È qualcuno che riesce – o almeno vorrebbe – collaborare e condividere informazioni al di là delle metodologie tradizionali (email, meeting, telefono). La base del concetto Smart Working è il professionista quasi ideale, vuol dire che si punta in alto. Non si punta davvero troppo in alto al punto di arrivare a parlare di utopia?
Hai ragione! Il 100% dei worker non ha questa mentalità. Ma la maggior parte di loro sì: sono determinati a migliorare il lavoro e l’organizzazione. Finora ho visto che grazie allo Smart Working i dipendenti lavorano di più. La classica paura del concetto Smart Working è che l’aumento di libertà comporti un impegno lavorativo minore. Questo non è stato il caso. Anzi, abbiamo dovuto rallentare alcuni worker e ogni tanto, addirittura, proteggere quelli che ancora non avevano trovato il giusto bilancio tra vita privata e vita professionale. È stato fondamentale ed essenziale comprendere e gestire il mutamento in atto.
Quanto è importante la libertà nel lavoro secondo te?
Se viene stabilito cosa devi fare o, peggio, come devi fare il tuo lavoro, scomparirà il piacere e la creatività. Alla fine svanirà anche la possibilità di arrivare al miglior risultato possibile. Già alla scuola elementare ci insegnano come dobbiamo operare, come ci dobbiamo conformare al gruppo. All’età di otto anni abbiamo già perso la metà della nostra creatività. Due advisor change management hanno espresso questo concetto in maniera simpatica: “all’età di 44 anni abbiamo raggiunto lo stato di serietà terminale”. Sono convinto che un aumento di libertà porterà a migliori risultati.
Scrivi quest’intervista per un pubblico italiano. Gli italiani hanno sempre avuto una mentalità più creativa rispetto a noi del Nord Europa. Sono grandmaster su tanti terreni, come il design. Conosco l’Italia abbastanza e non ho mai capito come un popolo innovativo e creativo organizzi le proprie aziende il più delle volte in modo molto tradizionale. Il contrasto tra quello che rende famosa l’Italia e il modo in cui si organizzano le aziende, spesso, è abbastanza grande. Figurati se gli italiani riescono ad implementare lo smart working! Se ce la faranno, porteranno indubbiamente tanti sviluppi creativi.


L’intervista continua qui: Intervista a Sandro Ansink: l’ufficio moderno – part 3/4


Smartworking, lavoro agile

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