Servirà sempre più intelligenza multimediale
Tra i vari tipi di intelligenza presenti in un individuo, quella che dobbiamo ricercare e sviluppare e di cui abbiamo bisogno è l'intelligenza multimediale.
Pochi mesi fa, nel nuovo libro pubblicato da FrancoAngeli – “Digitaliano. Pratiche di scritture quotidiana e professionale” (Bellafiore, Marini) – sostenevamo come la vera sfida oggi consista nel trattenere l’attenzione di chi legge, nel rallentare e far sì che il proprio contenuto sia una “Bohemian Rapsody” nel bel mezzo di un concerto da camera. Questo, considerando il panorama sociale odierno che fissa il tasso di attenzione media che un utente riesce a sostenere al di sotto di quello di un pesce rosso.
Sottolineavamo l’importanza della creazione di un’esperienza immersiva ed innovativa in grado di fissare nell’utente il ricordo del brand/prodotto, come di un messaggio specifico.
Un argomento che oggi, dove veramente tutto sembra essere diventato quasi esclusivamente digitale, appare ancora più importante: come riuscire a far sì che una persona mi ascolti, mi legga o ricordi ciò che gli sto dicendo, quando si trova bombardata da tanti stimoli diversi e considerando che a me manca la fisicità, utile a richiamare e a darmi dei riferimenti chiari sull’attenzione e l’ingaggio delle persone a cui mi rivolgo?
Per questo motivo ho pensato di affrontare il tema con chi nel libro ha posto la sua attenzione sulle “Caratteristiche della scrittura digitale: multimedialità per integrare testo, video, musica, immagini”: Federica Angelucci, laureata in Digital Communication e Marketing, ha l’ambizione di mettere la professione di comunicatore al servizio di progetti di rilevanza sociale, e oggi lavora in ELIS.
È proprio Federica a ricordarci che, pensare la scrittura digitale come complesso esclusivamente testuale sarebbe non solo riduttivo, ma anche scorretto in quanto l’evoluzione stessa dell’universo web in questi ultimi anni ci ha restituito una rete non lineare, interattiva e dinamica in cui il principale contributore diventa l’utente stesso.
Dalle sue affermazioni, e vedendola lavorare, mi sono chiesta se sia il caso allora di parlare di una vera e propria nuova forma di intelligenza specifica da ricercare e sviluppare, quella multimediale.
Nell’individuo esistono intelligenze multiple
Howard Gardner, psicologo alla Harward University (Usa), è stato il primo a teorizzare la multiformità dell’intelligenza nel suo libro “Frames of Mind“, dove descrive le diverse tipologie di intelligenza che un individuo può possedere, rivoluzionando così la visione tradizionale dell’intelligenza come capacità unica che guida il pensiero logico-matematico.
Gardner ha catalogato, infatti, 7 diversi tipi di intelligenza:
- Intelligenza linguistico/verbale: appartiene alle persone molto abili a parlare, scrivere, giocare con le parole, usarle per far ridere. I comunicatori;
- Intelligenza visivo/spaziale: è propria delle persone abili nel manipolare mentalmente gli spazi o le immagini anche in loro assenza; sanno giostrare con i colori, le linee e le forme, hanno un buon senso dell’orientamento e sanno muoversi facilmente nello spazio;
- Intelligenza musicale: è insita in chi sa riconoscere, discriminare ed immaginare altezza, timbro e ritmo dei suoni;
- Intelligenza intrapersonale: intelligenza di chi ha abilità nel comprendere le proprie emozioni, la propria individualità e di saperle inserire nel contesto sociale; riuscire a mettersi nei panni altrui e riuscire a riflettere sui propri ragionamenti;
- Intelligenza interpersonale: persone che capiscono bene gli altri e le loro esigenze;
- Intelligenza cinestesica: abilità che permettono di gestire e sentire al meglio il proprio corpo, quindi gestire, coordinare e manipolare il corpo o degli oggetti esterni per fini funzionali ed espressivi;
- Intelligenza logico-matematica: propria di chi riesce a ragionare per astratto e che “possiede” il ragionamento deduttivo, la schematizzazione e la capacità logica.
Che non esista, quindi, un unico modello di intelligenza umana sembra chiaro. Possiamo definirle più come forme differenti proprio qualitativamente, che naturalmente risultano spesso associate tra di loro. Correlate o addirittura fuse.
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L’intelligenza multimediale è l’abilità che sviluppiamo con il digitale
Vedendo lo scenario attuale le intelligenze teorizzate da Gardner non sembrano più bastare, o meglio, sembra debbano essere aggiornate alla luce del digitale.
Come facciamo a mantenere l’attenzione quando sono tanti gli stimoli esterni? Come ci assicuriamo l’attenzione? Come comunichiamo efficacemente mediati da uno schermo? Come possiamo lasciare il segno in un’esperienza full digital?
E soprattutto, siamo tutti in grado di farlo, o dobbiamo parlare di nuove propensioni che mixano l’intelligenza linguistica/verbale con quella musicale, intrapersonale e interpersonale? Cosa serve in questa rinnovata creatività che fa della tecnologia lo strumento per colpire?
Proviamo a parlarne con Federica Angelucci.
Q. Ciao Federica, ti presenti con un Tweet?
A. Etrusca di nascita, bionda d’adozione: amo l’opera lirica, le scarpe e Giulio. Maria Callas sarebbe il mio spirito guida ma, più che il suo portamento, mi dicono che ho i tempi comici di Gigi Proietti.
Q. Qual è il tuo media preferito e perché?
A. Sono una nostalgica di natura, per cui direi la radio: voce e musica sono per me il mezzo che meglio di qualunque altro riesce a trasmettere emozione e creare empatia. D’altro canto, però, nel lavoro di tutti i giorni i miei driver principali sono l’esperienza diretta, l’interazione, il pathos in alcuni casi e se si fa riferimento a concetti del genere, regna incontrastato sua maestà il web.
Dato che non saprò mai scegliere tra questi due mondi, per risponderti, devo portare in campo un’utopia creata da Wagner che precorre i tempi e li fonde insieme. Lui l’aveva battezzata Gesamtkunstwerk, ma considerato che in tedesco riesco a malapena a pronunciare “Marlene Dietrich”, d’ora in poi la chiameremo “Opera d’Arte Totale degli Effetti”.
Dall’inizio della sua carriera Wagner si trova davanti allo stesso problema che abbiamo tutti noi comunicatori dall’alba di questo mestiere: Come consegnare al meglio il mio messaggio? Come faccio a renderlo parte stessa del destinatario, in modo che non solo lo capisca, ma possa considerarlo suo?
Il caro Richard fonde insieme tutte le forme d’arte esistenti per creare un unicum tra artista e spettatore, tra mittente e destinatario. In pratica costruisce ogni opera, ogni allestimento per far sì che tutti i sensi dello spettatore entrino in gioco e che le emozioni provate siano la forma d’interazione che rende il messaggio wagneriano parte stessa di chi lo ha sperimentato.
E che cos’è questo se non un meraviglioso frullato di tutti quei tecnicismi che oggi abbiamo nel nostro vocabolario professionale (engagement, user generated content, awareness, branded content, brand ambassadorship…)?
Q. Chi è per te il primo riferimento di questa che sto definendo “intelligenza multimediale”? Altri riferimenti?
L’intelligenza multimediale, per come la intendo io, è un mix micidiale di:
- Problem solving: devi avere la prontezza di fermarti, analizzare, ricordare le informazioni che hai e ottimizzarle, metterle a sistema per arrivare all’obiettivo. Il tutto possibilmente mentre stai badando ad altro;
- Intelligenza economica: devi avere un foglio Excel rinominato “Budget” per qualunque ambito della tua vita;
- Intelligenza emotiva: devi essere in grado di sintonizzarti con l’ambiente che ti circonda, sfruttando le diverse sfumature della tua personalità per comunicare al meglio il tuo messaggio, rielaborarlo, strapparlo e ricucirlo;
- Empatia: il domandarsi sempre “Sì ma, se io fossi stato nei suoi panni, che avrei fatto?”;
- Profonda umanità;
- Altruismo: bisogna essere capaci di mettere la luce sugli altri prima che su sé stessi, il che non vuol dire trascurarsi: significa essere consci del contesto in cui si è, saperlo vivere al meglio, valorizzarne i punti forti e mettersi in gioco in prima persona per lavorare sulle aree di miglioramento.
Se penso a tutto questo mi viene in mente mia madre, senza nessun dubbio.
Q. Quali sono, secondo te, dei consigli da tenere a mente per mantenere l’attenzione delle persone?
A. Sicuramente analizzarle, capire chi è il target a cui si sta parlando possibilmente facendolo da distanze ravvicinate. Uno dei motivi per cui amo occuparmi di comunicazione interna, ad esempio, è perché posso essere immersa tutti i giorni nella mia nicchia di riferimento, cercando di capirla per ottimizzare canali, strumenti e format.
Al di là di questo, io sono un po’ come Wagner: credo che si debba sentire qualcosa sulla propria pelle per far arrivare davvero un messaggio. Punto molto sull’esperienza e sul coinvolgimento dei sensi. D’altra parte, come diceva qualcuno, “Con il fascino potete cavarvela per un quarto d’ora. Poi è meglio che sappiate qualcosa.”: saper catturare l’attenzione è un grande dono, ma dietro il velo della persuasione dev’esserci concretezza, fiducia e grande trasparenza.
Considerato il momento storico che stiamo vivendo, sono certa che ci sorprenderà creare e scoprire gli orizzonti del digitale, ma allo stesso tempo sogneremo sempre più il caro, vecchio offline. È la base teorica del marketing della privazione, in fin dei conti.
Q. Cosa consigli di leggere o studiare a persone che hanno voglia di imparare o sviluppare questa creatività?
A. Immagino che essere creativi sia innanzitutto un’attitudine, un lato del carattere su cui sicuramente si può lavorare, ma che di base è lì: un po’ come l’abilità nel calcolo e nelle discipline scientifiche che, a proposito, non posseggo neanche un po’.
Personalmente ho letto qualunque romanzo classico esistente sulla faccia della terra tra i 12 e i 18 anni: penso che sia un genere letterario che aiuta a porsi domande, considerare scenari nuovi che potrebbero non emergere in famiglia o tra gli amici. Ti dà una mappa dei filoni di pensiero esistenti e ti aiuta a svilupparne di tuoi, insomma.
Da lì in poi credo sia utile focalizzarsi sugli aspetti tecnici delle discipline che ci appassionano: che siate innamorati della storia, dell’idraulica, di cucina cinese o botanica, iniziate a trangugiare manuali. Fanno un po’ l’effetto filtro di Instagram, aiutando a vedere e vivere la realtà in modo più consapevole.
La ciliegina sulla torta però è l’esperienza, il mettere le mani in pasta in qualunque cosa ci ruoti attorno.
Quindi:
- Elizabeth Gaskell “Nord e Sud”, per affrontare lo stereotipo della provenienza geografica, la condizione femminile e lavorativa nell’Inghilterra di metà Ottocento.
- Edward De Bono “Il pensiero laterale”, per imparare a concepire i problemi in maniera orizzontale, avendo ben chiari i vari punti di vista già esistenti a riguardo. Solo così è possibile innovare.
Q. Ti faccio una domanda finale: cosa ci metteresti alla fine di questo articolo per provare a renderlo “memorabile”?
A. Chiaramente una colonna sonora epica. L’introduzione del personaggio di Rosina ne “Il Barbiere di Siviglia”: la ragazza vive con il suo tutore, Don Bartolo, che vorrebbe sposarla nonostante la grossa differenza d’età; Rosina, però, ha incontrato al Museo del Prado un giovane affascinante che una sera le ha anche fatto la serenata sotto al balcone (è un Conte con titolo e patrimonio, ma l’ingenua ancora non lo sa). In quest’aria analizza il suo amore, la sua personalità e in pratica fa un Gantt dettagliato della sua vita.
Credo sia un’ottima chiusura non solo perché è fresca, divertente (e magistralmente interpretata da Maria Callas), ma anche perché ci ricorda di non mollare mai: anche se abbiamo un destino avverso e Don Bartolo alle calcagna, la determinazione di una donna potrà sempre farcela… E alle brutte ci sarà sempre un Figaro pronto a dare una mano.
Grazie Federica per l’intervista. A te dedico la chiusura con una citazione:
Il migliore interprete dei sogni è chi li fa. – Charles Bukowski
Servirà sempre più intelligenza multimediale