Equity crowdfunding, quello che nessuno ti ha mai detto
Scopri l’equity crowdfunding, una forma di finanziamento sempre più utilizzata da aziende e PMI per finanziare i loro progetti di business. In questo articolo, sveliamo i segreti del crowdfunding che nessuno ti dice, condividendo le best practice per il successo della tua campagna di raccolta fondi.
L’equity crowdfunding è una forma di finanziamento che sempre più aziende e PMI scelgono di usare per raccogliere denaro e finanziare i propri progetti di business. Sono ancora molti, però, gli imprenditori e gli investitori che non sanno come funziona questo strumento e che non conoscono le best practice per chiudere una campagna con successo.
Ecco perché in questo articolo abbiamo deciso di raccontare quello che nessuno dice sul crowdfunding, o meglio quello che solo i professionisti realmente esperti del settore sanno.
Che cos’è l’equity crowdfunding
Prima di svelare i trucchi del mestiere sull’equity crowdfunding, vediamo insieme che cos’è. Si tratta di una tipologia di approvvigionamento fondi che rientra nell’ambito della Finanza alternativa, perché per ottenere un finanziamento non ci si rivolge (come si fa abitualmente) alle banche o agli intermediari finanziari, ma a una folla di persone. Da qui il termine composto ‘crowd-funding’ (finanziamento dalla folla).
L’investitore che sceglie di finanziare un’azienda attraverso il crowdfunding può essere letteralmente chiunque: un familiare, un amico, una persona con la quale si ha già un rapporto di lavoro. Cioè ad esempio un fornitore, un cliente, un partner. Ovviamente, può essere anche un membro della community, se la startup o la PMI hanno già provveduto a costruirne e nutrirne una.
Le basi per una campagna di equity crowdfunding
Ogni campagna di equity crowdfunding è prima di tutto una grande campagna di comunicazione. Questo perché, quando si decide di fare crowdfunding, è fondamentale entrare in contatto con il maggior numero di persone possibile e trasformare queste persone in investitori.
Nella maggior parte dei casi chi sceglie di sostenere un progetto imprenditoriale tramite l’equity crowdfunding non è un investitore professionale. Più spesso è una persona che si innamora di un’idea di business e che apprezza e/o conosce il mercato di riferimento.
Il successo di una campagna, quindi, dipende in gran parte dalla capacità di comunicare in maniera efficace a queste persone il valore del progetto, oltre che da una serie di altri fattori economici, finanziari e progettuali.
Naturalmente non tutte le campagne di crowdfunding vanno a buon fine. Ci sono campagne che purtroppo falliscono perché non si riesce a raggiungere l’obiettivo minimo di raccolta. Una delle ragioni più comuni dietro a questi fallimenti è sicuramente la mancanza di una strategia di comunicazione efficace.
Infatti, non importa quanto sia buona l’idea in sé… Quando le persone non capiscono cosa stiamo proponendo loro e quale sia il core business, va da sé che non finanzieranno la società. Per trovare investitori serve che il maggior numero di persone possibile sappiano che l’azienda esiste e che comprendano al volo di cosa si occupa.
Solo grazie a una buona strategia di comunicazione è possibile costruire un’immagine professionale, coinvolgere il pubblico e suscitare interesse. Soprattutto bisogna guadagnarsi la fiducia degli investitori.
Gli errori più comuni dei founder
Capita spesso di scoprire che le campagne di crowdfunding siano partite senza alcun lavoro preliminare di brand awareness. In alcuni casi non c’è un sito ben costruito e chiaro per gli utenti. I canali social sono molto poco presidiati e nessun media ha mai parlato dell’azienda. Non c’è una sola citazione su radio, giornali, canali televisivi… Non c’è una community di persone interessate a quello specifico business.
Quando le cose stanno in questo modo diventa estremamente difficile attirare l’attenzione degli investitori. Ecco perché c’è una regola aurea nel crowdfunding: partire con le attività di comunicazione (idealmente) 6 mesi prima. Possono essere sufficienti 3 o 4 mesi se la società ha già una presenza sul web, un sito realizzato bene secondo i criteri più recenti, tante testimonianze di clienti affezionati o magari una community affiatata.
Gli asset fondamentali per la raccolta di equity crowdfunding
Spesso, chi si avvicina per la prima volta al mondo dell’equity crowdfunding, o comunque chi non è affiancato da professionisti del settore, nutre la convinzione che la campagna abbia inizio nel momento in cui si attiva la raccolta.
Niente di più sbagliato: la preparazione come abbiamo già sottolineato deve cominciare circa sei mesi prima perché gli asset da mettere a punto sono davvero tanti.
Prima di tutto serve un media kit professionale. Si tratta di una cartella di file in cui si vanno a raccogliere i materiali utili per la Stampa e per qualsiasi media che voglia parlare della società. Il media kit dovrebbe sempre contenere foto in alta definizione dei founder e se possibile anche del team allargato (una cosa che viene data per scontata ma che spesso alle startup manca).
Oltre alle foto nel media kit vanno caricati tutti i comunicati stampa sull’azienda. Per le società giovani che nessuno conosce di solito si cerca di diramare almeno 2 comunicati ben prima della campagna, poi si rispettano un paio di mesi di silenzio stampa che precedono l’avvio della campagna vero e proprio e infine si diffondono altri due comunicati durante la raccolta di equity crowdfunding stessa. Uno all’inizio e uno a metà raccolta, utile a riaccendere l’interesse sulla società.
Fuori e dentro il media kit: gli altri asset per l’equity crowdfunding
Vediamo ora quali sono gli altri asset necessari ad affrontare la campagna di equity crowdfunding con tutti gli strumenti utili a convincere gli investitori della bontà del progetto.
- Pitch Deck. Una presentazione del business snella e accattivante. Senza testi prolissi o paroloni: servono grafici, numeri e parole chiave utili a comprendere il core business. Questa presentazione può essere lunga tra le 10 e le 20 slide e possibilmente va inclusa nel media kit.
- Landing page. Questo strumento andrebbe usato prima dell’inizio della raccolta (idealmente 90 giorni prima) per raccogliere lead, cioè contatti di persone interessate ad investire. Le campagne che hanno maggior successo, infatti, sono quelle che sanno di avere “già in tasca” l’obiettivo minimo grazie ai cosiddetti precommitment, ancora prima di aprire la raccolta al pubblico. La landing page è una pagina web dove vengono indirizzati curiosi e persone interessate tramite advertising, comunicati stampa, comunicazioni sui social e così via.
Cosa si racconta sulla landing page? Quale problema risolve il prodotto o il servizio, perché investire nella startup o PMI, quali sono i numeri del mercato in cui opera. Ma anche le competenze del team e le testimonianze di chi ha già usato il prodotto o il servizio. Si tratta di una serie di elementi che, confezionati diversamente, dovrebbero sempre essere presenti anche sul sito web.
- Video professionale. Un video che riesca a spiegare con parole e immagini perché investire nella startup o nella PMI non dovrebbe mai mancare. Vanno preferiti i video in cui i founder “ci mettono la faccia”, almeno per quanto riguarda la parte finale del girato, quella della Call To Action che invita a investire.
Se i founder non sono particolarmente a loro agio davanti alle telecamere è possibile pensare a un video con voice over, nel quale ci si debba mostrare solo quando necessario, magari dando più spazio alle testimonianze dei clienti già acquisiti. Se ben progettato dal punto di vista dello script il video può essere poi tagliato e riusato a campagna conclusa come video istituzionale. Pur essendo un asset costoso realizzarlo comporta vantaggi concreti. Lunghezza ideale massimo 3 minuti.
Il lavoro dei founder
I soldi purtroppo non piovono dal cielo. Gli strumenti per mettere in atto una comunicazione efficace sono fondamentali per il successo della campagna di equity crowdfunding. C’è però un altro ingrediente che nessuna agenzia di comunicazione potrà mai fornire: la capacità dei founder di mettersi in gioco.
L’onere e l’onore di convincere gli investitori a credere nel progetto di business tanto da finalizzare l’investimento e salire a bordo come soci spetta solo a loro. Da questo punto di vista, uno strumento di supporto importante per questo lavoro entusiasmante ma al tempo stesso gravoso è rappresentato dai social e in particolare da LinkedIn.
I profili dei founder e il profilo aziendale su LinkedIn dovrebbero essere sempre curati nel dettaglio e molto attivi. I post pubblicati non dovrebbero mai seguire la corrente o l’ispirazione del momento, ma un calendario editoriale messo a punto in modo strategico, per fare personal branding e brand building e affermarsi agli occhi di tutti come esperti del settore e come un’azienda valida.
Il profilo ideale è completo dal punto di vista delle informazioni fornite e popolato di contenuti di qualità scritti con frequenza (meglio se giornaliera ma almeno settimanale) da non meno di 4/6 mesi.
In conclusione
All’apertura della raccolta fondi la startup (o PMI) dovrebbe già avere una presenza online professionale e consolidata. A questa “presenza” si associano tutta una serie di asset fondamentali quando si affronta una campagna di equity crowdfunding, dal sito user friendly e mobile first ai canali social media popolati con intelligenza, per raccontare la storia della società e i suoi punti di forza con efficacia.
Equity crowdfunding, quello che nessuno ti ha mai detto