Covid-19 e Fake News: i social media nella lotta alla disinformazione
Oggi deleghiamo i rapporti sociali alle app di messaggistica e ricerchiamo informazioni sui social. Strumenti veloci, ma anche fonti di fake news.
Sono tempi duri. La pandemia, la vita in quarantena e il distanziamento sociale ci hanno allontanati fisicamente gli uni dagli altri, delegando i nostri rapporti sociali alle app di messaggistica e ai social media. Non c’è da stupirsi, infatti, se l’utilizzo di piattaforme come WhatsApp, Twitter o Facebook si sia letteralmente duplicato nel corso delle ultime settimane.
Ma gli utenti, si sa, non sono soltanto alla ricerca spasmodica di un contatto umano attraverso la Rete, ma anche di informazioni utili per fronteggiare una crisi che mai ci si sarebbe immaginati di dover vivere. Ed ecco allora che i social media, così pure come le applicazioni di messaggistica, si dimostrano gli strumenti più semplici e veloci per poter accedere alle notizie riguardanti l’emergenza Covid-19 nel mondo. Peccato, però, che questi siano anche la principale fonte di fake news.
E sebbene Zuckerberg abbia già dovuto combattere in passato contro le campagne di disinformazione sulle sue piattaforme, questa volta sembra deciso ad assumere un atteggiamento duro nei confronti di chi lascia passare notizie false agli utenti. La stessa linea di comportamento è stata assunta da Twitter e YouTube, che stanno cercando in ogni modo di combattere la disinformazione in Rete. Vediamo allora come.
A proposito di disinformazione sui social network, in questi giorni il Reuters Institute ha pubblicato un report piuttosto approfondito sulla circolazione di notizie false (e tendenziose) in Rete. Tra centinaia e centinaia di dati interessanti, a colpire è anzitutto quello che riguarda la tipologia di informazioni che compaiono sui social media. Non bugie in senso assoluto, ma notizie che contengono una minima parte di verità scientifica, poi rimodulata a piacimento dei creatori di contenuti.
Ad esempio, sono certa che sarà capitato a tutti di leggere un messaggio che ci suggerisce di lavare le mani molto spesso, ma poi ci avvisa anche che “il virus non resiste al calore e muore se esposto a temperature di 26-27 gradi”. Una notizia vera soltanto in parte, quindi. Più di una, in realtà, se consideriamo che ben il 59% delle notizie che sono circolate sui social sono da considerare totalmente rimodulate rispetto alla loro veridicità scientifica.
Ma a stupire ancora di più è un altro dato rilasciato dal Reuters Institute, secondo il quale sarebbero moltissime le celebrità, i politici e gli influencer ad aver condiviso informazioni false sulla diffusione del virus. L’attore statunitense Woody Harrelson, ad esempio, sarebbe stato tra i primi a pubblicare contenuti a sostegno della teoria secondo cui i segnali 5G incrementerebbero la diffusione del Covid-19. Ma non è certo stato l’unico.
Il Presidente brasiliano Jair Balsonaro, alla fine del mese scorso, ha condiviso una serie di contenuti a sostegno dell’efficacia dell’idrossiclorochina – un farmaco antimalarico – contro il Coronavirus, incoraggiando così il suo pubblico a terminare il distanziamento sociale.
La reazione delle piattaforme di social media è stata pressoché immediata. Facebook, Twitter e YouTube hanno rimosso repentinamente i post condivisi sui profili del politico, schierandosi così a favore di un’informazione quanto più possibile veritiera. Come già anticipato, Zuckerberg sta infatti seguendo una linea molto rigida nei confronti delle fake news, acconsentendo alla rimozione dei contenuti dalle piattaforme di Facebook e Instagram, ma anche intervenendo sulle App di messaggistica come Messenger e WhatsApp.
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Se i profili social di personaggi politici e celebrities rappresentano una buona fonte di disinformazione, si può dire lo stesso dei gruppi di Facebook o delle chat di WhatsApp.
Ditemi la verità: chi non ha ricevuto almeno un messaggio sui consigli della delegazione di medici cinesi per la prevenzione dal contagio del virus? Mi duole dirlo, ma tutti abbiamo ricevuto un messaggio di questo tipo, inviatoci dalle persone più svariate (amici, parenti, fidanzato, colleghi di lavoro o chissà chi).
Una fake news che ha fatto letteralmente il giro del mondo in poco tempo, data la possibilità di inoltrare messaggi da una chat all’altra in modo semplice e veloce. Questa funzionalità, che l’App aveva già cercato di limitare in passato, purtroppo ora ha reso WhatsApp la più grande fonte di disinformazione del momento. A differenza di piattaforme come Twitter e Facebook, dove è possibile rimuovere il contenuto pubblicato da un utente, WA vive di messaggi crittografati e non rintracciabili neppure dalle autorità, permettendo così alle campagne di disinformazione di trovare “terreno fertile” durante la pandemia.
Ma in un periodo di emergenza, è importante più che mai che vengano comunicate informazioni giuste per limitare la diffusione del contagio. Soprattutto attraverso uno strumento come WhatsApp, considerata la più popolare App di messaggistica al mondo (soprattutto nelle regioni in via di sviluppo).
Ecco perché Facebook ha deciso di attuare una politica che limiti quanto più possibile la circolazione di fake news: a partire da inizio aprile tutti i messaggi identificati come “altamente inoltrati” – cioè inviati a cinque o più persone – possono essere inviati soltanto ad una sola persona. In questo modo, si dovrebbe limitare maggiormente la circolazione di notizie false attraverso lo scambio di messaggi tra utenti.
Anzi, per permettere al pubblico di accedere ad informazioni corrette, in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale di Sanità, WhatsApp ha attivato un chatbot che fornisce tutti gli aggiornamenti più utili alla lotta contro il Covid-19. E non è tutto.
A quanto pare, l’App sta lavorando ad una nuova funzionalità integrata con la ricerca di Google, in modo tale che gli utenti possano verificare immediatamente la veridicità delle informazioni che ricevono via messaggio. Al momento, si tratta solo di un’ipotesi, ma non è detto che non verrà sviluppata a breve. Chiaramente, questa stessa “politica” è stata attuata anche su Messenger, che recentemente si è dimostrato “invaso” da messaggi fuorvianti e fake news.
Infine, Facebook ha deciso di eliminare ogni traccia di disinformazione anche dai Gruppi collegati al tema del Covid-19, proponendo alcune nuove funzionalità interessanti:
- un pop-up educativo che rimanda i membri del Gruppo al Centro Informazione sul Covid-19, in modo che questi possano accedere agli aggiornamenti rilasciati dalle autorità competenti;
- un alert per tutti gli amministratori ogni qual volta un’autorità pubblichi un contenuto video, in modo che questo possa essere ricondiviso sul Gruppo;
- unità di apprendimento sulle tematiche legate al virus e alla pandemia.
Insomma, se in passato i social media sono stati accusati di essere lo strumento perfetto per campagne di disinformazione, ora le piattaforme sembrano voler essere al pari dei media digitali che rilasciano notizie in tempo reale. Una svolta importante, che sicuramente segnerà il futuro dei social stessi.
Covid-19 e Fake News: i social media nella lotta alla disinformazione