Startup & Entrepreneurship

Tra cubby e bit c’è l’innovazione: intervista ad una startup giovanile

cloud storage startup cubbit

Tra cubby e bit c’è l’innovazione: intervista ad una startup giovanile

Si scrive spesso di startup, ma poche volte capita di leggere di come effettivamente queste siano realizzabili. È sempre la stessa storia: per i giovani freschi di università, corsi su corsi che insegnano la teoria, senza avere l’opportunità di toccare con mano i problemi quotidiani o le regole da mettere in pratica per fare impresa.
Ho pensato, così, di proporre al lettore di Spremute Digitali un’intervista ad un giovane imprenditore, cofondatore, insieme ad altri tre ragazzi, di una startup a Bologna. Diciamo, anzi, che Stefano Onofri si è fatto portavoce della loro impresa innovativa, raccontandoci l’avventura della cloud storage startup italiana e di un evento per startup innovative.

Gli Antefatti

Conosco Stefano durante un corso, lo vedo sempre in coppia con il suo socio Alessandro. Facciamo l’intervista un po’ per caso mentre siamo a Bruxelles e un po’ a distanza, nel sano spirito della flessibilità. La startup si chiama Cubbit, vincitrice del Premio Nazionale Innovazione 2016 e accelerata presso il fondo Venture Capital PrimoMiglio. Stefano ed Alessandro promuovono contemporaneamente, ormai da due anni, lo StartUp Day, l’evento annuale dell’Università di Bologna dedicato allo sviluppo di idee imprenditoriali giovanili.

Intervista ad un giovane imprenditore, cofondatore di Cubbit e dello StartUp Day

L’intervista Parte I: Cubbit, la storia e l’esperienza

Quando chiedo a Stefano di raccontarmi della startup, mi risponde subito affermando che la loro è un’esperienza un po’ diversa. Incuriosita lo incalzo, e lui:

Io e Alessandro ci conosciamo dal 2008 e siamo vissuti insieme. Abbiamo fatto tanti progetti  anche in ambito di politica locale. Il nostro approccio è fare in prima persona. Sbagliare e dare feedback. Passare il testimone a chi è un po’ più indietro. Il “give back” è più immediato rispetto a quello che si pensa.

Un bell’inizio partire dalla fine, proponendo il feedback (penso tra me).

Alessandro e Stefano hanno due soci tech che gli presentano un’idea nel 2014. Nell’estate 2015 si danno cento giorni di prova per lavorare tutti insieme dal 1° aprile 2016, cioè dopo la laurea (Stefano/economia, Alessandro/giurisprudenza, Marco/ingegneria informatica, Lorenzo/fisica).
Partono così, rinnovando la casa dello zio di Marco, disabitata, per farci un ufficio di giorno e un AirBnB di notte; i proventi li usano per ripagare le spese degli amici informatici e business, che hanno faticosamente radunato nei mesi precedenti. A Luglio, benché la tecnologia sia molto indietro, vincono dei bandi:

L’idea piace, noi ci crediamo, costituiamo la società. Entriamo dentro l’acceleratore BarCamper Ventures a Bologna e vinciamo il Premio Nazionale innovazione.

Questo è successo a Novembre, per Stefano il momento della svolta.
Allora gli chiedo quindi del legame con l’Università. Stefano mi racconta di come, insieme ad Alessandro, immaginano un’iniziativa che possa aiutare ragazzi che, similmente a loro, vogliono fare impresa:

Concepiamo StartUp Day nel 2014 per rispondere ad un bisogno reale: noi in prima persona avevamo dovuto trovare un informatico, ma anche gente di business con buone conoscenze. In Università non si trovava nessuno senza un catalizzatore.
Come fai incontrare gente con idee e gente con competenze? Grazie all’Università di Bologna, il progetto vede la sua prima realizzazione nel 2015.

Nasce così l’associazione StartYouUp. È anche una questione di fare squadra sulle risorse:

Siamo mossi dal fatto che odiamo che chi non ha qualche risorsa o fortuna (vedi il caso del nostro appartamento o della nostra amicizia), non possa provarci. Aiutiamoci che Dio (e l’Università) ci aiuta – conclude con un sorriso.

Nel 2017, a 2 anni dalla prima edizione, si calcola che gli startupper partecipanti abbiano ottenuto complessivamente oltre 950.000 euro in finanziamenti e che il 90% delle idee d’impresa selezionate per partecipare all’evento abbiano proseguito nello sviluppo del progetto.

Indago, invece, sulle altre istituzioni.
Q. Quanto ha fatto il comune? Quanto la regione? Quanto l’Unione europea?
A. «In realtà non abbiamo ancora fatto bandi regionali o europei in quanto presentano due problemi (non in senso assoluto, ma in senso relativo, cioè per noi sono dei problemi):

  • Prima devi spendere, poi vieni rimborsato. Di conseguenza, il problema finanziario non viene eliminato se non hai già della cassa. Inoltre, il finanziamento è spesso una percentuale del totale mentre una parte delle spese devi sempre sostenerla tu;  
  • Tempistiche. Tanto tempo per sapere l’esito, tanto per avere il rimborso.

Inoltre, i bandi si concentrano su prodotti già sul mercato. Di conseguenza, credo che li approcceremo tra un po’».
Interessante il proseguimento:
«Il comune di Bologna è indirettamente coinvolto perché ha messo gli spazi dove ora c’è il co-working di ASTER. È lì che abbiamo un ufficio».
Spazi pubblici urbani, di nuovo.

Mi rimane in mente il riferimento iniziale di Stefano alle sfide; in particolare, alla fatica del coinvolgere le persone giuste e alla ricerca di soluzioni come StartUp Day.
Decido dunque di continuare su questa strada, con un grande classico.
Q. La più grande difficoltà incontrata?
A. Capire i tempi (e le risorse) per ottenere le milestones. Non avendo mai fatto impresa prima, uno è davvero naive. Anche trovare le persone giuste da coinvolgere sulla barca. Ci vuole tanto tempo, anche lì finisci con il sottostimare l’importanza del recruiting.
Q. E la minore? (più insidiosa)
A. Difficile domanda! Forse convincere l’Università dell’importanza di mettere in contatto idee e competenze delle persone che la vivono (e poi risponde ancora, con autoironia) trovare le forze per lavorare 1,5 settimane lavorative ogni 7 giorni. In questo modo lavoriamo ¾ del tempo a Cubbit e ¾ a StartYouUp.

Visto l’entusiasmo, cavalco l’onda e mi faccio raccontare della più grande soddisfazione:
«Per ora direi il Premio Nazionale Innovazione, ma la prossima settimana vorrei che questa risposta fosse: vedere l’alpha di Cubbit funzionare sul mio computer Stiamo rilasciando la versione proprio ora!»

Cubbit è una parola composta formata da “cubby”, che in inglese sta ad indicare quegli armadi aperti in cui appoggiare gli effetti personali, oggi sempre più diffusi negli spazi pubblici e che si prestano a fenomeni quali il book crossing, e la parola “bit”, che non poteva mancare per una startup innovativa. In pratica? Realizzano il primo data-center al mondo distribuito, che non possiede alcun server e supera i limiti del cloud storage tradizionale. Un Dropbox sempre gratis e molto più sicuro!

L’intervista Parte II: le opinioni più generali sulle politiche per le imprese innovative in Italia

Durante l’intervista Stefano mi parla anche di cose più “seriose”. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa degli incentivi alle startup innovative voluti dal governo nel 2012 e al sistema di certificazione presso il Mise. Imposta il discorso distinguendo tra forma e sostanza.
Rispetto alla prima, sottolinea come il 2012 abbia segnato un cambio di rotta per le startup. In base a quelle regole, lui e i suoi soci hanno beneficiato di numerose agevolazioni e sgravi fiscali; ad esempio, hanno risparmiato le spese dal notaio per la registrazione della srls.
Rispetto alla seconda, a suo parere, occorre lavorare sui business angels.

Non so cosa possa fare il governo sinceramente, se non dei piani di comunicazione mirata o altri incentivi alle persone singole che investono/prestano a startup. È quel sistema di angel investing che accelera moltissimo all’inizio del business. Quello che fa la differenza in USA, ad esempio – dice Stefano

Anche qualche parere personale più critico, che tutto sommato mette in evidenza un problema fatto emergere recentemente anche dal regolatore:

I parametri con cui diventare startup innovativa “formalmente” sono davvero larghi, e dentro ci trovi anche “la pizzeria di turno”. Nello specifico però è fondamentale il ruolo delle startup che producono innovazione.

Stefano presenta Cubbit in occasione del Demo Day alla fine dell’accelerazione presso il fondo PrimoMiglio. In mano un Raspberry PI 3, il mini-computer su cui si può installare Cubbit già presente nelle case di 500mila europei.

Sull’Italia osserva:

Siamo un po’ particolari qui, facciamo le cose al contrario: di solito le grosse corporate beneficiano delle startup per la loro R&D. In Italia, invece, speriamo che le startup siano l’amo per far arrivare gli investimenti di grandi corporate multinazionali, che da noi mancano!

Intervista Parte III: consigli e conclusioni

Chiedo a Stefano se ha qualche consiglio per i giovani intraprendenti con idee. Mi risponde:

Imparare a sciare – ovvero – ricordare che il primo giorno di sci si cade, e si fanno le piste blu. È un processo anti-intuitivo: devi mettere il peso in avanti verso il burrone, non stare all’indietro come ti viene spontaneo fare! C’è bisogno di formarsi prima di mettersi gli sci. Il campo scuola sono i corsi di formazione, spesso gratuiti, basati sui concetti di Lean Startup. Ti fanno capire ad esempio che la tua prima priorità è creare una proof-of-concept, non certo ‘trovare qualcuno che ti dia soldi’, classico errore istintivo su cui uno deve lavorare

Insomma, un mondo, quello di Cubbit, fatto di imprenditorialità giovanile, innovazione, università, territorio, coworking e, soprattutto, idee. Un esempio dei risultati che si possono ottenere con i giusti incastri: tra cittadini (studenti) ed istituzioni (università), tra regolazione nazionale e volontà del Comune, tra privati investitori e futuri imprenditori, tra competenze ed idee.

Tra cubby e bit c’è l’innovazione: intervista ad una startup giovanile

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