Saranno le Business Community a risolvere i problemi dell'editoria italiana
Saranno le Business Community a risolvere i problemi dell'editoria italiana
In un articolo scritto per Spremute Digitali qualche tempo fa, dove raccontavo alcune storie di startup femminili di successo, mi sono imbattuta in un’idea molto interessante, soprattutto per chi si occupa di blog e content marketing.
La storia di una donna, che ha creato qualcosa da una propria esigenza, che ha scoperto essere poi quella di molti.
Con il diffondersi della digitalizzazione per gli editori tradizionali sono iniziate a sorgere numerose difficoltà, tra cui l’incapacità di rimanere al passo con i tempi e rinnovarsi.
Da qui le conseguenze che tutti conosciamo: calo di fatturati, scarsità di disponibilità economico-finanziarie, redazioni difficili da mantenere e budget bassi che intaccano sicuramente il lavoro e la creatività di uno “scrittore”, che sì, scrive per passione, ma non solo insomma, diciamolo chiaramente.
Sono rimasta colpita soprattutto dall’idea di questa storia di successo, una piattaforma editoriale pensata anche come luogo d’incontro e non solo di compravendita, tra editori, scrittori, creativi. Un’idea pensata da chi ama veramente il proprio mestiere e vuole farlo piacere anche agli altri, ponendo così le persone al centro, un modello di business che non guarda solamente l’aspetto economico, ma anche le implicazioni culturali e relazionali, una sorta di business community model.
Cos’è una Business Community?
Il business community model è un modello di business che, concentrandosi sulle community moderne (che attenzione, non sono solamente quelle online), punta a curarne sia l’aspetto economico, che le implicazioni sociali e culturali.
Questo comporta una rivisitazione e porta ad una rivalutazione di quelle che sono tutte le procedure di lavoro, perché ci si concentra sul comportamento di imprese e imprenditori, con particolare attenzione alle relazioni.
Infatti una Business Community è costituita dall’insieme di organizzazioni e persone disposte a partecipare e ad investire, nelle imprese sorte in una determinata area territoriale; può essere strutturata in gruppi economici organizzati con criteri a sé stanti, legati da reti di relazione, un po’ quello che in economia si definisce capitale sociale.
Il capitale sociale è una rete stabile più o meno istituzionalizzata di relazioni reciproche e conoscenze tra individui che costituisce una risorsa, attuale o potenziale, che gli individui possono mobilitare per raggiungere i loro obiettivi. – Philippe Steiner
Questo si distingue dal capitale umano perché è intangibile, ha carattere relazionale ed è una risorsa poco influenzata dall’intervento diretto di singoli attori. Il capitale sociale permette di ottenere risultati, difficilmente raggiungibili senza il suo contributo e garantisce una maggiore efficienza economica, poiché favorisce il diffondere della fiducia all’interno dei network, elemento decisivo per ridurre i costi di transazione.
Per saperne di più puoi leggere il libro di Philippe Steiner Introduzione alla sociologia economica
In Dao News e Dao Square ho riconosciuto un po’ questo modello, così ho voluto intervistare la co-founder Sara Tinghi. L’intervista è nata anche perché credo nelle reti di persone e nelle reti d’impresa; saranno le persone, la collaborazione e la fiducia a dare nuovamente valore ed energia ai progetti, qualsiasi essi siano.
Buona intervista!
Una business community in soccorso all’editoria italiana
Q. Ciao Sara, piacere di conoscerti! Presentati ai lettori di Spremute Digitali, chi sei, di cosa ti occupi e cos’è DaoNews?
A. Il piacere è tutto mio! Che dire? Sono un’appassionata del mondo digitale della prima ora. E questa mia passione l’ho trasformata, appena ho potuto, in un lavoro contribuendo alcuni anni fa alla creazione di Dao News, una startup innovativa di cui sono appunto co-founder e attualmente anche direttore generale.
Per lo più mi occupo di gestire clienti e progetti e coordinare il team, e di mille altri particolari, tutti indispensabili a mandare avanti un’azienda giovane, in un settore in cui quello che oggi è considerato nuovo, domani è già preistoria… Bisogna stare sul pezzo insomma, e non uso un’espressione a caso.
Gli ambiti di business di DAO News sono infatti il content marketing, l’editoria web e il giornalismo digitale. Siamo nati con l’idea di creare un ecosistema di contenuti che risolvesse problemi agli editori e desse ai brand la possibilità di sperimentare la forza e l’efficacia dei contenuti di qualità per affermarsi sul mercato.
Q. Cos’è invece DaoSquare? Può essere definito un luogo virtuale dove editori, brand e blogger possono incontrarsi?
A. DAO News è – come accennavo – una specie di redazione virtuale, ma può anche contare su un team di tecnici esperti IT e digital communication, i quali hanno immaginato DAO Square, una piattaforma tecnologica che consente di creare un magazine online e mobile, uno o più blog e un social network dedicato, popolare questi canali di articoli e contenuti multimediali, curati e originali, realizzati “su misura” da una grande community di creativi e giornalisti.
Quest’ultima rappresenta anche l’anima del marketplace di contenuti, la Piazza Editoriale, dove editori e brand possono valutare e acquistare tutti i contenuti di cui necessitano per avviare campagne di content marketing o arricchire i propri progetti editoriali.
Q. Possiamo definire DaoNews e DaoSquare, business community, una sorta di unica piattaforma in cui professionisti condividono idee, informazioni e spunti di business?
A. In un certo senso sì, siamo una piattaforma e abbiamo una community di giornalisti, blogger e creativi che volendo possono entrare in contatto, scambiarsi informazioni e – perché no? – creare nuove occasioni di business. Ma quel che ci preme veramente è, da una parte, valorizzare lo sforzo creativo degli autori dei contenuti, sforzo negli ultimi tempi sempre meno premiato e considerato, purtroppo; e dall’altra, offrire a editori e brand la possibilità di procurarsi contenuti di qualità in maniera semplice, rapida e automatica.
Q. Tra gli obiettivi di business c’è anche la volontà di cambiare il sistema organizzativo del mondo dell’informazione ed essere i protagonisti di un mercato libero?
A. Fondamentalmente con la creazione di DAO News abbiamo tentato di rispondere a un’esigenza, anzi a un problema vero dell’editoria italiana in generale, che negli ultimi anni si è andato facendo sempre più evidente, cioè la difficoltà degli editori tradizionali di rispondere prontamente ed efficacemente alle sfide della digitalizzazione.
La conseguenza? Calo di fatturati e disponibilità economico-finanziarie, limitati al punto da non essere più sufficienti a mantenere redazioni numerose e in grado di coprire tutte le tematiche d’interesse per i lettori.
L’affermarsi contemporaneo del content marketing e del brand journalism oltreoceano ci hanno dato la spinta ulteriore incoraggiandoci ad intraprendere un’avventura imprenditoriale che 6-7 anni fa in Italia era da veri pionieri.
Q. A proposito di cambiamenti e di sistemi organizzativi, hai mai pensato ad un approccio Smart per la tua organizzazione? Come vedresti, ad esempio, i dipendenti di DaoNews in Smart Working?
A.Credo che lo smart working sia il futuro per le aziende e non solo. Anche la pubblica amministrazione si sta misurando con questa nuova impostazione del rapporto di lavoro. Io personalmente sono favorevole a tutti quei provvedimenti/cambiamenti che siano in grado di influire positivamente sulla qualità della vita dei dipendenti e che in generale vadano nella direzione di un miglioramento del bilancio vita-lavoro.
Risorse del team più felici, risorse più produttive… è quello che in realtà vorrebbero entrambe le parti.
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