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Come ridurre il bounce rate e migliorare lo stato di salute di un blog

abbassare bounce rate

Prima di voler abbassare il bounce rate devi valutare correttamente la frequenza di rimbalzo e capire quali dati monitorare in base ai tuoi obiettivi.

Ogni volta che accedi a Google Analytics è lì che ti aspetta, una presenza, e una preoccupazione vederlo crescere: il Bounce Rate (o frequenza di rimbalzo) il dato temuto da molti poiché ritenuto un indicatore di salute di un blog o di un e-commerce. Si dice che se troppo alto il bounce rate è negativo, se basso il tuo blog è tra i più amati 🙂 Ma è davvero così?
Quando il bounce rate è un problema per i siti web?
Prima di capire come valutare correttamente la frequenza di rimbalzo e come abbassare questo valore, capiamo bene cos’è il bounce rate.

Cos’è il bounce rate 

La logica per monitorare la frequenza di rimbalzo nel modo corretto è conoscere bene il suo funzionamento e poi successivamente capire come dare il giusto peso alla metrica.
La frequenza di rimbalzo mostra la percentuale di visitatori che “rimbalzano” sul tuo sito e cioè quegli utenti che visitano una pagina e se ne vanno senza interagire ulteriormente.
Per Google Analytics un visitatore effettivo è colui che visita almeno una pagina in più rispetto a quella in cui è atterrato.
La frequenza di rimbalzo che trovi nel pannello di Analytics nella sezione “Panoramica” non è altro che il numero medio di rimbalzi su tutte le tue pagine, diviso il numero totale di visite su quelle stesse pagine nello stesso periodo.
La frequenza di rimbalzo se presa in considerazione solo a livello di sito è al pari di una vanity metric, troppo ampia per significare qualcosa e per trarre delle conclusioni utili ad un business. Per misurare la frequenza di rimbalzo è necessaria la segmentazione per diverse variabili, quelle che si vogliono monitorare perché importanti per il proprio sito.

Segmentare per ridurre il bounce rate

Uno dei modi per abbassare la frequenza di rimbalzo è isolarla. Segmentare il bounce rate serve a capire quale segmento non funziona su di un sito o un blog. Ad esempio una segmentazione molto utile è quella per dispositivi: segui i seguenti passaggi e vedi come cambia il bounce rate.

Segmentare il bounce rate per dispositivi

Nella sezione “Audience” trovi la voce “Tecnologia“, da qui puoi raggiungere l’opzione “Mobile“. Selezionando “Panoramicavisualizzi la frequenza di rimbalzo del tuo sito su tutti i dispositivi, un confronto tra desktop, dispositivi mobili e tablet.
Se scopri che la tua frequenza di rimbalzo è significativamente più alta su dispositivi mobili o tablet, potresti non avere ottimizzato a dovere per questi device, potresti avere un problema di UX o di velocità di caricamento. Per andare ancora di più nello specifico puoi addirittura suddividere le visite per la marca del dipositivo e per il sistema operativo.
Avere un bounce rate alto per il mobile è molto più frequente di quanto pensi. Google Analytics non riesce a tenere traccia del fatto che da mobile un utente può spegnere lo schermo mentre legge un articolo, non fare azioni per X tempo, per poi tornare e magari continuare con la lettura lasciata in sospeso.
Nonostante il lettore abbia letto l’articolo, scrollato fino alla fine, non avendo interagito con nessun’altra pagina e avendo spento lo schermo per Analytics il bounce rate è al 100%.

Segmentare il bounce rate per fascia di età

Altra possibilità interessante per esaminare la frequenza di rimbalzo: in base alla fascia di età. Nella sezione “Pubblico” trovi la voce “Dati demografici” e all’interno il segmento “Età“. Selezionandolo puoi facilmente vedere se la tua frequenza di rimbalzo è più alta con una certa fascia di età.
In questo modo puoi capire quale target è scontento e dove intervenire per migliorare.

Auto-settare il bounce rate in base ai KPI

Auto-settare il bounce rate in base a dei KPI prefissati ti aiuta a capire se il flusso che hai pensato funziona, a migliorare l’UX, ad inserire call to action nel posto giusto ed al momento giusto.
Se un utente non cambia pagina non è detto che non abbia letto o visto nulla o che non abbia apprezzato il contenuto.
Un esempio calzante sono i siti di ricette: quando inizi a cucinare con una ricetta trovata su internet, rimani su quella stessa pagina per seguire i passaggi per tutta la durata della preparazione del piatto. Ma non compi nessuna azione tranne lo scrolling, il fare play sulla video ricetta ed il seguire passo passo la ricetta stessa.
Per Google Analytics in questo caso il bounce rate è al 100% perché non è stata visitata un’altra pagina da quello stesso utente. Ma in realtà l’obiettivo che si voleva raggiungere con quel contenuto è stato raggiunto, arrivare a mangiare il piatto cucinato 🙂
Bisogna dare il giusto peso al bounce rate perché è una metrica che presa da sola è assolutamente inutile, anzi fuorviante. Il vero obiettivo per chi ha un blog o un sito non è abbassare la frequenza di rimbalzo, ma capire cosa sta a significare il dato e cosa comporta.
Per approfondire l’argomento molto utile è l’area supporto di Google.

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