Pec e firma digitale: istruzioni per l’uso
Con Pec e firma digitale il legislatore europeo mette dei punti fermi in tema di valore legale per attestare la differenza con le comunicazioni ordinarie.
Non c’è dubbio che chiunque di noi, persona fisica o azienda, può ritrovarsi nel corso della propria giornata professionale a dover ricevere e soprattutto inviare un certo numero di mail che abbiano un valore qualificato ed a dover attestare la differenza tra queste comunicazioni e le altre, ordinarie.
Anche a tal proposito, il legislatore europeo è intervenuto a mettere dei punti fermi in tema di valore legale della posta elettronica certificata.
Il valore legale della PEC
L’art 4, comma 2, del D.P.R. 68/2005 specifica infatti che “la validità della trasmissione e ricezione del messaggio di posta elettronica certificata è attestata rispettivamente dalla ricevuta di accettazione e dalla ricevuta di avvenuta consegna.”
L’attestazione, ossia la mail contenente un file xml (daticert.xml) con i dati di accettazione, certificazione del gestore di PEC, l’indicazione di un codice identificativo univoco attribuito alla mail e la sottoscrizione del gestore, sarà opponibile ai terzi.
Ne consegue che, anche la ricevuta di avvenuta consegna, rilasciata dal gestore di PEC del destinatario, costituisce prova che il messaggio è pervenuto nella casella di PEC del destinatario stesso e che si trova nella sua disponibilità, prescindendo dalla lettura del messaggio o meno.
Il valore legale è dunque attribuito alla ricezione e non alla lettura del documento, che, trovandosi nella materiale disponibilità del destinatario, determina la presunzione di conoscenza della comunicazione da parte sua.
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La firma digitale
Per quanto riguarda i documenti allegati alla PEC, la loro paternità potrà essere riconosciuta unicamente con l’apposizione della firma digitale. Il file da notificare deve avere il formato .pdf, consigliabile poiché agevolmente gestito dagli ordinari scanner da ufficio, i quali producono direttamente documenti in questi formati, .odf, .rtf, .txt, .jpg, .gif, .tiff, o .xml.
La firma digitale è stata definita dal Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), come
un particolare tipo di firma elettronica avanzata basata su un certificato qualificato e su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare tramite la chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici.
Inoltre questa consente al soggetto che ne fa uso di attestare e certificare la provenienza di un determinato documento informatico. Attraverso la firma digitale si costituisce una forma di certificato rilasciato a un soggetto richiedente da un apposito ente riconosciuto e legittimato dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il rilascio del certificato avviene attraverso il conferimento di un token USB o una smart card, che può ottenere chiunque, al cui interno sarà contenuto un software che consente di identificare chiaramente il soggetto che lo ha sottoscritto e redatto.
Da quel momento il documento sottoscritto con firma digitale ha piena validità legale.
In conclusione: Pec e firma digitale anche per tutelarsi
Una volta tenute in considerazione queste piccole indicazioni sopra esplicate, ogni persona fisica o soggetto che scriva in rappresentanza di una digital company è libero di intimare pagamenti o consegna di contenuti commissionati ed in ritardo sulle deadlines. Ed il tutto avviene sotto l’egida delle prescrizioni del GDPR, consapevole che i malcapitati destinatari non potranno più trincerarsi dietro il “non l’avevo proprio letto”.
Non resterà loro che Whatsapp e la disattivazione delle spunte blu per ignorare un messaggio indesiderato.
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