Adottare lo smart working in azienda: alcune linee guida
Adottare lo smart working in azienda: alcune linee guida
“Adottare lo smart working in azienda: alcune linee guida” articolo a cura di Tommasina Pianese e Luisa Errichiello di Iriss CNR.
L’attività dell’Istituto di Ricerca su Innovazione e Servizi per lo Sviluppo del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IRISS CNR), è storicamente incentrata sullo studio dei processi di innovazione, privilegiando un approccio sistemico e multidisciplinare.
In tale ambito, da alcuni anni ci occupiamo di studiare i processi di innovazione organizzativa, legati all’adozione di nuove tecnologie e, in particolare, dell’organizzazione di nuovi modelli di lavoro flessibile e in remoto, basati sull’utilizzo delle ICT.
Nell’ambito di tali modelli rientra il recente fenomeno dello smart working. Un’innovazione disruptive nei tradizionali modelli di lavoro, basati su visibilità e presenza fisica.
Adottare lo smart working in azienda, richiede sia una riconfigurazione complessiva degli spazi (leva “bricks”) e delle tecnologie (leva “bytes”), quanto (e soprattutto) la profonda trasformazione dei comportamenti (leva “behaviors”), che includono l’approccio al lavoro da parte dei dipendenti, gli stili di direzione ed i meccanismi di supervisione e controllo organizzativo.
Nelle vesti di ricercatori abbiamo avuto l’opportunità di osservare dal vivo questo processo di innovazione tecnologica ed organizzativa, di analizzarne la dinamica e gli effetti prodotti, considerando sia la prospettiva dei manager, che quella dei lavoratori.
Ciò, attraverso la conduzione di alcuni casi aziendali condotti in imprese italiane, che hanno deciso di adottare lo smart working.
Adottare lo smart working in azienda: i casi di due imprese italiane
Risultano di particolare interesse i dati raccolti su due casi aziendali selezionati nella fase di avvio della ricerca. Interessanti in quanto le due realtà osservate, si trovavano in un differente stadio del processo di implementazione dello smart working.
- Il primo caso ha riguardato la sede italiana di una multinazionale, operante nel settore delle tecnologie informatiche e della consulenza. Questa, ha da molti anni ridisegnato i processi aziendali nella direzione di una crescente virtualizzazione del lavoro e flessibilità spazio-temporale per i suoi dipendenti, come evidenziato da un ampio ricorso al telelavoro, al lavoro mobile e ai team virtuali.
- L’altro caso aziendale, invece, ha riguardato la filiale commerciale italiana di una multinazionale operante nel settore industriale che, nella fase iniziale dell’indagine empirica, si trovava ad affrontare un profondo cambiamento strutturale, ovvero l’abolizione delle filiali esistenti sul territorio nazionale ed il passaggio “obbligato” della forza vendita allo smart working.
Oltre che per la natura forzata del cambiamento, alquanto inusuale in programmi di smart working, il caso si è rivelato di particolare interesse scientifico.
L’analisi si è concentrata su un’attività (di vendita) caratterizzata già da un’intrinseca mobilità per i venditori, abituati a lavorare in gran parte presso i clienti. Inoltre, l’adozione dello smart working è avvenuta contestualmente ad un più ampio e complesso processo di cambiamento organizzativo.
La PneumOne (pseudonimo), infatti, era stata legalmente costituita poco prima dell’avvio della ricerca, a seguito di un’operazione di cessione di ramo d’azienda ad un fondo di investimenti, da parte di una multinazionale produttiva.
Benché di nuova costituzione, la società non costituiva di fatto una startup, risultando fortemente influenzata dalle regole, procedure e sistema valoriale di una multinazionale storica. Logiche profondamente diverse da quelle proprie della società finanziaria, nuova proprietaria di PneumOne.
Per entrambi i casi aziendali, abbiamo avuto ampio accesso a dati primari, con oltre 43 ore di interviste condotte ai manager ed agli smart worker.
L’approccio metodologico
L’analisi complessiva ha consentito un’approfondita e completa comprensione del cambiamento organizzativo in atto. Sono state colte difficoltà e criticità emergenti dal punto di vista sia di coloro che si sono trovati a gestire risorse in remoto, sia degli smart worker, che hanno dovuto affrontare la distanza fisica dai colleghi, dai capi e dall’organizzazione.
L’approccio metodologico ha consentito di evidenziare l’ampio spettro di modalità con cui è stato attuato il paradigma dello smart working nelle realtà osservate; di individuare, attraverso la rilevazione empirica, criticità organizzative e alcune condizioni in grado di consentirne l’efficace introduzione in azienda.
Solo nella prima realtà, l’adozione dello smart working aveva comportato un ripensamento di tutte e tre le leve di progettazione organizzativa (bricks, bytes e behaviours).
Nella seconda, l’innovazione nei modelli di lavoro era stata la conseguenza di una circostanza contingente (abolizione delle filiali a seguito della cessione del ramo d’azienda), piuttosto che essere guidata da una vision strategica di cambiamento.
A fronte di una varietà di situazioni riscontrate, l’analisi approfondita delle realtà aziendali, ci ha consentito di formulare alcune linee guida fondamentali per l’efficace introduzione dello smart working e per la sua legittimazione sia all’interno, che all’esterno dell’organizzazione:
- Ridisegnare il processo lavorativo e definire in maniera formalizzata l’intensità (es. numero di giorni) dello smart working;
- Definire il grado di formalizzazione (es. necessità di formulare una richiesta formale da sottomettere al proprio capo, orari di reperibilità);
- Indicare la dotazione ICT necessaria per lo svolgimento del lavoro in remoto ed il corretto ed efficace svolgimento delle attività a distanza.
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L’importanza della comunicazione nel passaggio al paradigma smart working
È emersa anche l’importanza di una comunicazione chiara e trasparente da parte degli organi manageriali di livello superiore, nel passaggio da modelli di lavoro tradizionali a quelli di smart working.
Tale comunicazione deve riguardare l’opportunità, le motivazioni e le modalità di realizzazione dell’innovazione (es. progetti pilota, professionalità interessate, definizione di nuovi metodi di valutazione, etc.) e deve essere rivolta non solo ai potenziali smart worker, ma anche ai colleghi che continueranno a lavorare in modo tradizionale; così come ai manager chiamati a gestire il processo di cambiamento.
Cruciale anche l’attenta pianificazione e formalizzazione dei programmi di smart working privilegiando un approccio partecipativo; tutti i soggetti direttamente o indirettamente coinvolti, sono chiamati a fornire il loro contributo rispetto alla progettazione e gestione del cambiamento in atto.
Al riguardo, data l’ampia portata della trasformazione organizzativa, è fondamentale assicurarsi il coinvolgimento delle diverse funzioni aziendali, tra cui soggetti impegnati nella gestione delle risorse umane e nella conduzione delle analisi economiche-finanziarie, necessarie per valutare e sostenere gli investimenti.
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L’importanza delle risorse umane
Un ruolo di particolare rilievo è ricoperto dalle risorse umane, dal momento che una puntuale e trasparente pianificazione, risulta indispensabile per favorire l’accettazione di questo nuovo modo di organizzare il lavoro, da parte di tutti i dipendenti.
I lavoratori che non adottano lo smart working, potrebbero percepire il nuovo modo di lavorare come una fonte di discriminazione e privilegio esclusivo per coloro che hanno deciso di attuarlo.
Ed allo stesso tempo, la poca presenza in sede degli smart worker, potrebbe essere percepita come causa di penalizzazioni rispetto alle opportunità di carriera, compromettendo l’assegnazione di responsabilità e l’accesso a promozioni e benefit aziendali.
Per tali ragioni, è opportuno pianificare attentamente le attività ed i cambiamenti da apportare nelle politiche e pratiche di gestione delle risorse umane, attraverso:
- La (ri-)definizione dei codici di gestione e di condotta delle risorse umane coinvolte;
- L’individuazione di sistemi di misurazione delle performance degli smart worker e la definizione di percorsi di carriera;
- La definizione di modalità, canali e strumenti per favorire l’interazione e collaborazione con altri membri dell’organizzazione;
- La conduzione sistematica di analisi (es. survey) sui dipendenti, in remoto ed in sede, per far emergere criticità di implementazione ed individuare opportune soluzioni;
- La realizzazione di corsi di formazione ad hoc. Lo scopo dell’attività formativa sarà quello di istruire i manager e rassicurare gli smart worker.
- La graduale introduzione di modelli di lavoro in remoto, attraverso una serie di progetti pilota e sperimentazioni per specifici individui e/o attività. Solo successivamente estendere su più larga scala, coinvolgendo le molteplici unità e/o divisioni aziendali dell’intera organizzazione.
Riteniamo che le evidenze empiriche raccolte, possano costituire un valido riferimento per le numerose organizzazioni in fase iniziale di introduzione dello smart working, o che sono intenzionate ad adottarlo. Ma non solo, anche per quelle, soprattutto PMI, che ancora nutrono perplessità e timori per quest’innovazione organizzativa.
Le indicazioni elaborate, forniscono spunti interessanti per capire come affrontare adeguatamente il cambiamento e intraprendere un percorso di innovazione virtuoso, che si traduca in benefici concreti per i lavoratori e per l’organizzazione.
Tommasina Pianese e Luisa Errichiello
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